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10/11/2021

Non disturbate il manovratore

La destra di potere si serve spesso della destra “caciarona” per fare quel che ha già in animo di fare.

Davanti a una situazione sociale in profondo deterioramento (la crisi economica non finisce con il “rimbalzo” di quest’anno); davanti a un ridisegno violento del “modello sociale” previsto dalle “riforme” imposte dall’Unione Europea e veicolate, intanto, dal Recovery Fund e dal PNRR; davanti a crisi aziendali tutte con le stesse caratteristiche (multinazionali che chiudono per spostarsi in paesi con il costo del lavoro ancora più basso, senza che gli Stati muovano un dito); davanti a un prossimo futuro visibilmente segnato da una forte “eccedenza” di manodopera rispetto a processi produttivi sempre più automatizzati…

Si può continuare ad libitum, ognuno può aggiungere segni di lacerazione sociale più o meno evidenti, più o meno vicini. Nell’insieme tutti questi segni costituiscono un quadro unitario relativamente semplice: aumento generalizzato del malessere sociale, quindi un prevedibile aumento della conflittualità (organizzata o meno, con obiettivi politici o solo “esistenziali”, con prospettive progressiste o di vandea reazionaria, ecc.).

Con questa prospettiva davanti, un potere in forte crisi di legittimazione – l’astensionismo è solo una delle forme in cui si mostra – ricorre alla forza militare pura e semplice. Appena rivestita con motivazioni “liberali” (il diritto dei commercianti a fare incassi), ma col volto poliziesco più brutale bene in vista (il questore di Milano, Giuseppe Petronzi, promette «un film diverso rispetto a quello visto finora», con il tono del Cittadino al di sopra di ogni sospetto).

Quindi stop alle manifestazioni. A tutte le manifestazioni. Non solo a quelle più strombazzate dai media di regime (no vax o no green pass, a scelta), ma anche e soprattutto a quelle che gli stessi media si guardano bene dal raccontare e che portano in piazza i temi sociali veri, come pensioni, salario, scuola, università, sanità pubblica, reddito, casa, diritti dei lavoratori.

Dopo aver sapientemente usato no vax e fascisti, provocando qua e là anche qualche cortocircuito social-politico sempre gradito (il potere italiano vive di presunti “opposti estremismi” per giustificare il proprio monopolio del business e della violenza), ora entra in campo con gli scarponi chiodati.

Basta con gli straccioni protofascisti alla Fiore e Castellino, da sempre a busta paga di qualche sottoservizio più o meno “segreto”. Basta con picchiatori di lunga data o sciamannati in preda all’esaltazione momentanea. Si fa avanti lo Stato con i suoi blindati, gli idranti, gli squadroni della celere e i divieti decisi da un oscuro funzionario. Ma inappellabili.

Dunque niente più cortei, ma solo sit-in fuori dai centri storici e comunque lontani da una lunga lista di “obiettivi sensibili”. In pratica, secondo queste definizioni, si potrà “legittimamente manifestare il proprio dissenso” – siamo una democrazia, che diamine! – ma solo in aperta campagna, “facendosi sentire” dagli storni.

O, meglio ancora, comodamente seduti alla tastiera, sotto l’occhio vigile della polizia postale...

La gestione criminale della pandemia da parte dei governi Conte e Draghi ha prodotto 132mila morti e un contesto perfetto per lo “stato di emergenza” perenne.

Di fatto, prima hanno provocato la strage lasciando che il virus circolasse allegramente per tutto il paese – fin dalla mancata “zona rossa” in Val Seriana e nella bergamasca – poi hanno evitato di “metterci una pezza” con la vaccinazione obbligatoria di massa, fomentando “la libertà di scelta” su un tema che non può essere lasciato alla mala-capocchia di ciascuno; quindi hanno criminalizzato chi esercitava quella demenziale “libertà”, imponendo l’obbligo del green pass perfino sui posti di lavoro, in cui fino al giorno prima si era obbligati ad andare a prescindere dalle misure di sicurezza; e infine hanno lasciato sfogare alcune piazze, deviandole – “grazie” ai fascisti – verso obiettivi secondari.

È davvero sorprendente, in effetti, constatare che a chiedere l’obbligo di green pass per lavorare è stata Confindustria, per bocca di Carlo Bonomi. Ma i cortei “no green pass”, a partire dall’“esempio” di Roma, cercano quasi soltanto... la sede locale della Cgil. Che è certamente un sindacato “complice”, ma se uno vuol combattere davvero un provvedimento va in cerca del “boss”, di solito...

Abbiamo perfettamente chiaro che il “modello italiano” è in realtà comune a tutto l’Occidente neoliberista. Ovunque la scelta di “convivere con il virus” ha prodotto stragi di dimensioni belliche (solo in Europa siamo ben sopra il milione di morti), ondate cicliche di contagio, mutazioni del virus, una gestione “euro-atlantica” e privatistica dei vaccini (rinunciando ad altri prodotti e soprattutto evitando di sospendere i brevetti, moltiplicando così le possibilità di produrne quanti ne servono effettivamente nel mondo).

E ovunque in Europa un equivalente del green pass è visto ora come un modo per ridurre la portata della “quarta ondata”, fino a minacciare la sospensione della sanità pubblica per gli scapocchioni che non si sono vaccinati.

Il governo Draghi non è peggiore degli altri. Sta perfettamente nella media di un sistema occidentale infame, bloccato nelle sue prospettive di sviluppo, inchiodato da una gestione privatistica di problemi collettivi irrisolvibili con la logica del profitto. Ma proprio per questo impossibilitato a cambiare registro, a proiettare “un altro film” (come direbbe il questurino di Milano).

Sappiamo anche che, per quanto puoi largheggiare in divieti e repressione, quei problemi irrisolti faranno crescere ancora di più il malessere. Perché l’unica cura per alleviarlo – un sistema di vita meno ingiusto, una distribuzione più equa (e anche logica) della ricchezza prodotta, più diritti e meno tempo di lavoro, ecc. – è anche l’unica che questo “sistema” non può ammettere.

Puoi alzare il livello degli argini e rinforzarli, ma la forza del fiume ne uscirà moltiplicata. Lo spiega persino il cambiamento climatico, no?

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