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03/02/2012

Italia, “Terra rubata”: i numeri allarmanti di Fai e Wwf

Per i prossimi vent’anni la superficie di terra occupata dalle aree urbane in Italia crescerà di circa 600mila ettari, pari a circa 75 ettari al giorno, corrispondente ad un quadrato di 6.400 chilometri quadrati. Le città continuano ad ampliarsi, nonostante migliaia di residenti scelgano ogni anno di andare a vivere altrove. Il consumo di suolo è una vera e propria piaga che cresce senza sosta e attenta all’ambiente, al paesaggio ma anche alla sicurezza del nostro Paese. Un dossier, realizzato dal Wwf e dal Fai, dal titolo “Terra rubata, viaggio nell’Italia che scompare”, dipinge un Italia consumata dal cemento che logora i suoi tesori naturalistici e paesaggistici, terreni agricoli, luoghi che custodiscono la memoria collettiva e spazi di aggregazione.
Il rapporto si basa su un progetto di ricerca condotto in 11 Regioni, il 44 percento del suolo italiano, promosso dall’Università degli Studi dell’Aquila, in collaborazione con Wwf, l’Università Bocconi di Milano, l’Osservatorio per la Biodiversità, il Paesaggio Rurale e il Progetto sostenibile della Regione Umbria. Dall’indagine emerge che dagli anni Cinquanta l’area urbana è cresciuta di 3,5 volte ed è aumentata di quasi 600mila ettari, corrispondenti a più di 33 ettari al giorno. Caso esasperato di urbanizzazione frenetica è quello della Sardegna, che in 60 anni ha fatto registrare un incremento di suolo urbanizzato pari a più di 11 volte, il 1154 percento, quello degli anni Cinquanta. Nel lasso di tempo analizzato, tra il 1951 e il 2011, persino quei Comuni che si sono svuotati a causa dell’emigrazione, sono cresciuti di più di 800 metri quadrati per ogni abitante perso. Ma la frenesia della cementificazione non solo ha costruito molte più case di quelle che possono realmente essere abitate, ma ha creato un’espansione che non rispetta alcuna pianificazione, dando vita a nuclei residenziali distanti dal centro e per collegare i quali si è resa necessaria la costruzione di apposite infrastrutture, che hanno a loro volta accresciuto ulteriormente il consumo di suolo.
Nel dossier viene calcolato che tra gli otto e i dieci milioni di italiani sono collegati direttamente o indirettamente all’attività edilizia. Il suolo italiano, inoltre, deve fare i conti con l’abusivismo edilizio, che è stato sanato e incentivato da ben tre condoni, nel 1984, nel 1995 e nel 2003. Dal 1948 vi sarebbero stati 4,6 milioni di abusi edilizi, ossia 207 al giorno. È importante notare che due terzi degli abusi si concentrano in cinque regioni, Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia,  quattro delle quali sono caratterizzate da una forte presenza della criminalità organizzata.
Ad incidere sugli ecosistemi e sul paesaggio ci sono poi le grandi opere, la cui previsione è stata moltiplicata negli ultimi dieci anni e che mettono a rischio 84 aree protette, 192 siti di interesse comunitario e 64 international bird area.
La crescita senza controllo della superficie adibita a città ha avuto un effetto depressivo sull’economia agricola: i terreni agricoli sono stati letteralmente divorati, e con essi i prodotti tipici che vi provenivano, anche grazie alle amministrazioni che volentieri hanno convertito le destinazioni d’uso dei terreni da agricoli in zone edificabili per farne lievitare il valore. I Comuni sono stati incentivati ad accrescere le aree edificabili soprattutto nella prospettiva di aumentare le entrate municipali delle imposte sugli immobili, l’ex Ici, oggi Imu. Così, nel 2010, in Italia c’erano il 32,2 percento di aziende agricole e zootecniche in meno rispetto al 2000. Il risultato? Un territorio sempre più fragile e a rischio di desertificazione. Ne abbiamo continua esperienza dalla cronaca: tra il 1950 e il 2009 le frane hanno causato 6439 vittime tra morti, feriti e dispersi.
Ma si può fare qualcosa per intervenire e non lasciare inascoltato l’allarme di Wwf e Fai. Nella road map per fermare il consumo di suolo si possono leggere precise indicazioni sulle politiche da adottare: imporre severi limiti all’urbanizzazione, contrastare più efficacemente l’abusivismo edilizio, incentivare il riuso dei suoli e autorizzare i cambi di destinazione solo se la decisione è coerente con scelte in materia di ambiente, paesaggio, trasporti e viabilità. È anche necessario intervenire tempestivamente per tutelare coste e fiumi e farsi carico degli interventi di bonifica.

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