Per i prossimi vent’anni la superficie di terra occupata dalle aree
urbane in Italia crescerà di circa 600mila ettari, pari a circa 75
ettari al giorno, corrispondente ad un quadrato di 6.400 chilometri
quadrati. Le città continuano ad ampliarsi, nonostante migliaia di
residenti scelgano ogni anno di andare a vivere altrove. Il consumo di
suolo è una vera e propria piaga che cresce senza sosta e attenta all’ambiente,
al paesaggio ma anche alla sicurezza del nostro Paese. Un dossier,
realizzato dal Wwf e dal Fai, dal titolo “Terra rubata, viaggio
nell’Italia che scompare”, dipinge un Italia consumata dal cemento che
logora i suoi tesori naturalistici e paesaggistici, terreni agricoli,
luoghi che custodiscono la memoria collettiva e spazi di aggregazione.
Il
rapporto si basa su un progetto di ricerca condotto in 11 Regioni, il
44 percento del suolo italiano, promosso dall’Università degli Studi
dell’Aquila, in collaborazione con Wwf, l’Università Bocconi di Milano,
l’Osservatorio per la Biodiversità, il Paesaggio Rurale e il Progetto
sostenibile della Regione Umbria. Dall’indagine emerge che dagli anni
Cinquanta l’area urbana è cresciuta di 3,5 volte ed è aumentata di quasi
600mila ettari, corrispondenti a più di 33 ettari al giorno. Caso
esasperato di urbanizzazione frenetica è quello della Sardegna, che in
60 anni ha fatto registrare un incremento di suolo urbanizzato pari a
più di 11 volte, il 1154 percento, quello degli anni Cinquanta. Nel
lasso di tempo analizzato, tra il 1951 e il 2011, persino quei Comuni
che si sono svuotati a causa dell’emigrazione, sono cresciuti di più di
800 metri quadrati per ogni abitante perso. Ma la frenesia della
cementificazione non solo ha costruito molte più case di quelle che
possono realmente essere abitate, ma ha creato un’espansione che non
rispetta alcuna pianificazione, dando vita a nuclei residenziali
distanti dal centro e per collegare i quali si è resa necessaria la
costruzione di apposite infrastrutture, che hanno a loro volta
accresciuto ulteriormente il consumo di suolo.
Nel dossier viene
calcolato che tra gli otto e i dieci milioni di italiani sono collegati
direttamente o indirettamente all’attività edilizia. Il suolo italiano,
inoltre, deve fare i conti con l’abusivismo edilizio, che è stato sanato
e incentivato da ben tre condoni, nel 1984, nel 1995 e nel 2003. Dal
1948 vi sarebbero stati 4,6 milioni di abusi edilizi, ossia 207 al
giorno. È importante notare che due terzi degli abusi si concentrano in
cinque regioni, Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia, quattro
delle quali sono caratterizzate da una forte presenza della criminalità
organizzata.
Ad incidere sugli ecosistemi e sul paesaggio ci sono
poi le grandi opere, la cui previsione è stata moltiplicata negli ultimi
dieci anni e che mettono a rischio 84 aree protette, 192 siti di
interesse comunitario e 64 international bird area.
La crescita
senza controllo della superficie adibita a città ha avuto un effetto
depressivo sull’economia agricola: i terreni agricoli sono stati
letteralmente divorati, e con essi i prodotti tipici che vi provenivano,
anche grazie alle amministrazioni che volentieri hanno convertito le
destinazioni d’uso dei terreni da agricoli in zone edificabili per farne
lievitare il valore. I Comuni sono stati incentivati ad accrescere le
aree edificabili soprattutto nella prospettiva di aumentare le entrate
municipali delle imposte sugli immobili, l’ex Ici, oggi Imu. Così, nel
2010, in Italia c’erano il 32,2 percento di aziende agricole e
zootecniche in meno rispetto al 2000. Il risultato? Un territorio sempre
più fragile e a rischio di desertificazione. Ne abbiamo continua
esperienza dalla cronaca: tra il 1950 e il 2009 le frane hanno causato 6439 vittime tra morti, feriti e dispersi.
Ma
si può fare qualcosa per intervenire e non lasciare inascoltato
l’allarme di Wwf e Fai. Nella road map per fermare il consumo di suolo
si possono leggere precise indicazioni sulle politiche da adottare:
imporre severi limiti all’urbanizzazione, contrastare più efficacemente
l’abusivismo edilizio, incentivare il riuso dei suoli e autorizzare i
cambi di destinazione solo se la decisione è coerente con scelte in
materia di ambiente, paesaggio, trasporti e viabilità. È anche
necessario intervenire tempestivamente per tutelare coste e fiumi e
farsi carico degli interventi di bonifica.
Fonte.
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