La crisi, un serpente nero, si allunga per le vie di Atene,
inghiottendo luci, memorie, voci. Inghiotte persino gli odori, non ne è
rimasto nessuno, se non un vago accenno nei rigurgiti della
disperazione.
È notte e in giro ci sono solo poliziotti,
tantissimi, un esercito di spacciatori e mucchi. Mucchi ovunque, di
spazzatura che ormai raccoglie solo il vento, vista la riduzione nel
numero degli addetti alla pulizia dell’area comunale. Ancora mucchi ma
umani, di chi ha freddo ma non dove andare a scaldarsi, di chi da sempre
vive per strada e di chi in strada ci è arrivato ora, sconfitto dalla
crisi. Raggomitolato.
Ilias
ha 50 anni, un vocione sicuro e beffardo, anche se la notte all’aperto
urbano lo spaventa. Vive in strada da due anni, senza speranza: “non ho
tempo per sperare, devo risparmiare le forze”. Ilias faceva l’autista,
guidava i TIR che attraversano l’Europa carichi di merci. Le ditte di
trasporto greche in crisi, un licenziamento e un altro ancora, arriva il
divorzio dalla moglie e Ilias finisce per strada disoccupato.
“Mi
è rimasto un motorino stracarico delle mie cose. E una panchina: non è
stato facile farmi rispettare dai compagni di strada ma alla fine ce
l’ho fatta, quella panchina è mia”, dice ridendo. “Ogni tanto faccio
qualche lavoretto, commissioni e mangio alla mensa comunale. Quando cala
la notte penso alla giornata che finisce ed è un sollievo. Però sto
buttando via il mio tempo, non so cosa fare, lavoro non si trova, nessun
lavoro. La Grecia è morta e non ci sono i soldi nemmeno per il
funerale”, conclude Ilias e il suo vocione viene inghiottito dal
serpente nero che avanza.
I semafori del centro sono spenti,
mentre alcuni sono sventrati dalla furia di domenica 12 febbraio.
Eppure, non sono gli incendi appiccati dagli ‘incappucciati’ di Atene ad
averli messi fuori uso, nonostante le rassicurazioni governative del
contrario. Sono state le piogge di qualche giorno prima, proprio come
nell’inverno dell’anno scorso ed è evidente che la manutenzione ha un
costo da pensare e ponderare bene per le casse vuote del Comune e del
Ministero impoveriti.
Ora che i semafori sono fuori uso, i
pensionati che vendono fazzoletti di carta agli incroci si sono dovuti
allontanare. Verso altre strade sempre peggiori: i buchi aumentano con
l’aumentare del debito e della recessione. Con loro cresce il numero di
mendicanti; una mano allungata è uno schiaffo per chi ha deciso di
concedersi un intervallo fuori casa. A volte, non sembra più possibile
vivere sereni ad Atene.
È notte nella capitale della Grecia, nel
centro storico, sul perimetro un tempo abitato dalla ricca borghesia che
fu. Quella che ha lasciato il posto per l’isolata ricchezza dei comuni a
nord di Atene: lontani, protetti, nascosti, sono gli ‘individui’ che
abbandonarono la ‘comunità’ e ora non vedono, non sentono, tacciono e
speculano sulle occasioni della crisi.
Al posto della città, un
serpente che cresce di qualche centimetro ogni notte, dilaga, riempie
gli spazi vuoti. Quelli delle file sterminate di negozi chiusi e degli
spazi sfitti da quasi due anni. Quelli dei tossici, degli alcolizzati,
dei migranti senza permesso; quello dei greci della nuova e improvvisa
povertà: gli ultimi arrivati nelle fauci del serpente nero.
In
appena due anni, la città dei teatri, dei librai, dei caffè, dei cinema
all’aperto è diventata triste. Nel tempo che ci mette un bambino per
stare eretto, poi camminare e correre Atene, di 6 milioni di abitanti, è
crollata.
Fonte.
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