La sospensione della democrazia come prezzo da pagare per rimanere
nell’euro. Un inquietante teorema emerso la prima volta lo scorso
novembre con il ‘no’ di Bruxelles al referendum greco sulle misure
d’austerità e ad elezioni anticipate in Italia, riconfermato in questi
giorni dalle clamorose dichiarazioni tedesche sull’inopportunità di un
voto anticipato in Grecia, annunciato per aprile.
Una
piega ideologica, questa presa dall’Ue germanocentrica, che preoccupa
non più solo certi ambienti politici e culturali. Fa un certo effetto
leggere sul Financial Times (certamente non euroscettico, né comunista, né nazionalista) un editoriale intitolato “Se la Grecia vuole la democrazia deve andare in default”,
nel quale una delle firme di punta della testata, il tedesco Wolfgang
Münchau, scrive: “Quando Wolfgang Schäuble ha proposto che la Grecia
rimandasse le elezioni come condizione per ulteriori aiuti, ho capito
che il gioco stava per essere smascherato: siamo arrivati al punto in
cui il successo non è più compatibile con la democrazia”.
“Il
ministro delle Finanze tedesco – continua l’editoriale del Ft – vuole
prevenire una scelta democratica ‘sbagliata’, rinviando il voto o
suggerendo come esito un governo di coalizione a prescindere dal
risultato elettorale. L’eurozona vuole imporre la propria scelta
riguardo al governo alla Grecia, prima colonia dell’eurozona” (in realtà
la seconda, visto che lo stesso Schäuble ha indicato l’Italia come
esempio da seguire, ndr). “Una cosa è che i creditori interferiscano
nella gestione delle politiche del Paese debitore – prosegue
l’editorialista tedesco – ben altro è dirgli di sospendere le elezioni o
di attuare scelte che stacchino il governo dai risultati del processo
democratico”
“La Grecia non ha una buona fama per quanto riguarda il
rispetto delle politiche concordate, quindi la sfiducia è
comprensibile. Ma l’eurozona sta andando oltre, pretendendo garanzie
incredibilmente estreme”.
Tre le “scelte democratiche sbagliate”
che i greci farebbero votando ad aprile, e che l’intellighenzia europea e
tedesca vorrebbero evitare a ogni costo, c’è la prevedibile massiccia
avanzata elettorale dei partiti di estrema sinistra. Secondo gli ultimi
sondaggi, il Partito socialista (Pasok) che oggi sostiene il governo
‘tecnico’ di Lucas Papademos insieme ai conservatori di Nea Demokratìa,
crollerebbe dal 44 all’11 per cento. A beneficiarne saranno il Partito
comunista (Kke), che raddoppierebbe dal 7 al 14 per cento, la Sinistra
radicale (Syriza) che dal 4,6 salirebbe addirittura al 13,5 per cento,
ma soprattutto il nuovo partito Sinistra democratica (Dimar) che
debutterebbe con un clamoroso 16%. Nea Demokratìa, pur scendendo dal
33,5 al 27,5 per cento, rimarrebbe il primo partito, ma dovrebbe
comunque vedersela con una massiccia opposizione parlamentare di
sinistra.
A terrorizzare l’establishment dell’eurozona sono le
voci di una possibile alleanza elettorale tra Kke e Syriza, che insieme
potrebbero puntare a un’autonoma maggioranza di governo. I commentatori
politici greci escludono questa eventualità, viste le rivalità e i
personalismi che affliggono (anche) la sinistra ellenica. Anche se la
possibilità di veder sventolare la bandiera rossa sull’Acropoli è assai
remota, un forte avanzamento delle sinistre al Parlamento di Atene basta
e avanza, a Bruxelles, Berlino e non solo, per giustificare una
sospensione della democrazia.
Fonte.
Se non è fascismo questo... (va da se che l'incapacità della sinistra d'organizzarsi e coalizzarsi fa tanti danni quanto la finanza liberista).
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