Una telefonata della tua banca per conto di Equitalia e sei condannato all'ergastolo finanziario senza processo.
"Mi ci è voluto qualche giorno per riacquistare la necessaria lucidità ad esporre in modo comprensibile la condizione kafkiana nella
quale sono stato catapultato. Spero di aver recuperato a sufficienza le
facoltà mentali e di conseguenza riuscire ad essere esplicito, nei
limiti del possibile sintetico e comprensibile.
La scorsa settimana ricevo una telefonata dalla banca
dove ho il mio conto corrente, quello su cui mi viene accreditato lo
stipendio e attraverso il quale pago le utenze della casa che ho in
affitto e dove vivo; la signorina mi comunica che un decreto ingiuntivo arrivato da Equitalia
impone alla banca il sequestro del mio conto corrente e di tutti i
versamenti che su di esso dovessero arrivare in futuro. Ovviamente mi
viene detto che anche l'utilizzo del bancomat è abrogato e che non verrà
saldato il conto della carta di credito ad esso correlata. In buona
sostanza non ho più i soldi per comprare nemmeno un pezzo di pane
raffermo e finirò nella centrale rischi degli insolventi, cosa che per
me non ha precedenti. Tutto questo senza che io abbia ricevuto nessun
altra comunicazione che la telefonata della banca."
Condannato a pagare 695.000 euro di spese di giustizia
Ho iniziato una trafila che mi ha mostrato quanta sommersa disperazione
le barbare pratiche di Equitalia stanno provocando nelle persone più
deboli ed esposte e non a solo loro. Il 28 dicembre avevo ricevuto un
avviso da Equitalia che mi ritiene debitore nei confronti dello Stato,
per spese di giustizia, di 695.000 euro, l'ente creditore è la Corte
d'Appello di Brescia e l'ufficio di Equitalia quello di Cremona. La
cifra è già di per se inconcepibile, se si considera il reddito di un
lavoratore medio e che normalmente viene concessa in questi casi la
remissione del debito, poiché non si tratta ti tributi evasi, e di
conseguenza l'articolo 72 della legge che permette di lasciare una
persona senza nemmeno i soldi per comprare un bicchier d'acqua, oltre ad
essere immorale ed incivile, non potrebbe essere stata applicata.
Mi
reco immediatamente in Tribunale a Brescia, dove il mio legale aveva
depositato l'8 febbraio, un'istanza di remissione del debito sulla quale
il magistrato di sorveglianza non si è ancora pronunciato ed il cui
accoglimento avrebbe dovuto quanto meno sospendere l'esecuzione del
provvedimento. L'astronomica cifra che mi viene chiesta era in solido a
tutti gli imputati di un procedimento risalente al 2001, ma mentre agli
altri imputati è stata concessa la remissione del debito. Il magistrato
mi comunica che la mia istanza è inammissibile a causa di un rapporto
disciplinare. L' ammontare, a seguito di un incasso di 250.000 euro era
diventato di 488.000, ma gli interessi che Equitalia ha calcolato hanno
riportato la cifra quasi all'importo originario e interamente addebitata
a mio carico. Si tratta sostanzialmente di un ergastolo finanziario.
L'istanza
che il mio legale aveva presentato in Tribunale era corredata da una
serie di documenti che certificano il mio impegno ed il successo nel
reinserirmi in un contesto civile, senza gravare sui servizi sociali e
quant'altro, dopo aver (credevo) pagato i miei debiti con la giustizia a
seguito di una vicenda di contrabbando risalente appunto al 2001, i
documenti comprendevano i miei contratti di lavoro, i miei Cud degli
ultimi cinque anni, il mio contratto d'affitto, la dichiarazione della
madre di mio figlio che avevo sempre contribuito al mantenimento dello
stesso ed alla sua educazione etc...
Socialmente annullato
In questi anni ho fatto una discreta carriera in ambito professionale e
le aziende per cui lavoro mi stimano, ma non possono farsi carico di
problemi personali che non sarebbero di loro competenza, i miei colleghi
di lavoro ed i miei amici mi hanno dimostrato solidarietà ed affetto
offrendomi aiuto concreto, mio padre e tutti i miei famigliari lo han
fatto per primi. Poiché io non
ho ancora ricevuto comunicazioni ufficiali del provvedimento, avrei
potuto firmare un assegno che sarebbe risultato scoperto al momento
dell'incasso, aggravando ulteriormente la mia situazione. Se mi fossi
trovato, come spesso è successo in questi anni per ragioni
professionali, in trasferta in altra città ed avessi dovuto saldare un
conto d'albergo, mettere gasolio nella macchina pagare l'autostrada, non
sarei stato in condizione di poterlo fare. Senza carta di credito non
posso noleggiare una macchina, se mi servisse per ragioni professionali,
questo potrebbe sarebbe deleterio per il mio lavoro di account, cosi
come pure il dover chiedere alle aziende per cui lavoro di pagarmi in
contanti, cosa che per altro adesso è vietata per legge, ed i motivi
sono fin troppo chiari, altrimenti come potrebbero in qualunque momento
avere il potere di annullarci socialmente?
Mi sono recato in banca,
ed il vicedirettore mi ha spiegato che non è il primo caso a cui
assistono, anzi, pare che la pratica di mettere le persone in condizioni
di totale indigenza sia piuttosto comune e che se la banca non
collabora, bloccando immediatamente tutto quanto è nelle sue
disponibilità è anch'essa sanzionabile. La cosa mi è stata confermata da
una mia conoscente avvocato che lavora all'ufficio legale di un altra
banca. Mi reco allora in Equitalia con una copia dell'istanza timbrata
dal Tribunale per cercare una qualunque forma di mediazione, poiché
pensavo che si potesse raggiungere un accordo, credevo di dovermi mio
malgrado rassegnare a cedere 1/5 delle mie entrate per tutta la vita a
queste moderne sanguisughe con metodi da mafiosi. Nei loro uffici ho
assistito a scene indegne di un paese civile: ho visto persone anziane e
disperate ridotte sul lastrico, senza la più pallida idea di ciò che
potevano fare e completamente private dei loro diritti, uomini che
mendicavano una rateizzazione, donne senza ceffi da criminali che si
lasciavano sfuggire, quasi vergognandosi “Fanno bene a mettervi le bombe”
ed ho visto rispondere impiegati gentili e perfettamente istruiti ad
interpretare il ruolo del muro di gomma. In buona sostanza pare che non
vi sia via d'uscita e ciò che percepisco è la perdita di ogni diritto,
compreso quello di vivere nel paese dove son nato, dove mio figlio sta
crescendo e dove sono seppelliti i miei morti. Non ho denaro per
andarmene e le conseguenze dello stato di completa indigenza in cui da
un giorno all'altro mi hanno messo, senza che nessuno ne sia
apparentemente il diretto responsabile e senza che nessuno abbia
autorità ad intervenire in un contesto demente con un minimo di buon
senso, non ho idea di quali potranno essere. La sola cosa che mi tiene
in piedi e mi permette di mangiare è la rete di solidarietà umana nata
spontaneamente intorno a me, non senza che il mio orgoglio commosso ne
risenta e lo manifesti in forma psicosomatica . Il mio rendimento
professionale è sostanzialmente e credo comprensibilmente azzerato. Il
tempo fisico e mentale che la vicenda sta sottraendo alla mia attività è
ciò che non permette di esserci per raccogliere le opportunità e
rischia di segnarne la fine. Ovviamente la mia relazione sentimentale è
stata stroncata da una situazione economicamente e umanamente poco
sostenibile, ma questi sono aspetti che non rientrano in nessun disegno
di legge ed in nessuna giurisdizione. Intanto i giorni passano e
nessuno dei tanti uffici da me interpellati attraverso le loro mail
reperibili in rete in un ottica di semplificazione e trasparenza
attraverso la telematica, che dovrebbe renderli accessibili e
disponibili, mi ha risposto, ma in compenso ricevo molte mail da
sedicenti agenzie per ripianamenti del debito (che siano in contatto con
Equitalia?). Il mio avvocato, che tra l'altro non pago perché non posso
permettermelo, sostiene che non vi siano azioni concrete che si possano
compiere, oltre a quelle già messe in atto. Il limbo nel quale sono
sospeso e totalmente dipendente dal buon cuore e dall'altrui affetto non
permette uno svolgimento ottimale della mia professione, che come
dicevo ha un rendimento pessimo. Non mi pare che vi sia un informazione
risaltante su tutto questo che credo non capiti soltanto a me, per
questo ho cercato di esporre in questa mia un paradosso nel quale vorrei
sapere se, anche con declinazioni differenti, vi siano altri che si
riconoscono. Non ho intenzione di suicidarmi lasciano un cartello con
scritto “Adesso pignorate questo” e nemmeno di mettere bombe a
Equitalia, ma non voglio diventare un parassita per la stessa società
che pare volermi espellere per presunte colpe delle quali non è riuscita
a convincermi. La sola cosa che posso fare è scrivere e condividere
questa lettera e sperare che arrivi alle orecchie del Gabibbo o delle
Iene o di Beppe Grillo, non senza pensare che se la difesa, o presunta
tale, dei diritti civili la fanno solo giullari o comici, forse c'è una
concreta speranza che il sistema imploda per osmosi ed io torni a poter
respirare. Maurizio Gazzoni Fonte.
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