Nella scorsa settimana è accaduto un evento di grandissima importanza in
Cina, che i mass media italiani hanno sottovalutato e frainteso.
L'arresto di Wang Lijun, noto come un superpoliziotto e capo delle forze di sicurezza di Chongqing,
megalopoli da 30 milioni di abitanti, oltre che braccio destro di Bo
Xilai, popolarissimo segretario del Partito della città e astro nascente
a livello nazionale, nella campagna contro le triadi e la corruzione
lanciata da quest'ultimo. Questo avvenimento è destinato, con ogni
probabilità, ad avere forti ripercussioni sul prossimo congresso del Pcc
che, ricordiamolo, è il più grande avvenimento politico dell'anno
insieme alla elezione del presidente Usa. Ma, prima di esaminare questo
caso (ne parleremo a breve) ci sembra il caso di fare un quadro della situazione economica e sociale della Cina che è tutt'altro che tranquillo.
Come già abbiamo segnalato a settembre, è esploso il problema del debito pubblico
a causa di quello prodotto dalle amministrazioni locali. Si stimava che
esso fosse di circa 1.600 miliardi di dollari e si è scoperto che supera i 10.000.
D'altro canto, la Cina deve fare i conti con una vampata inflazionistica che, nel 2010-11, secondo i dati ufficiali, è salita al 6% nel 2011 colpendo in particolare i due principali beni alimentari dei cinesi, il riso ed il maiale che ha registrato un rincaro, su base annua, del 39%
nel 2011 provocando forti agitazioni sociali. In ottobre/novembre la
stretta creditizia aveva fatto alzare l'inflazione di un paio di punti,
ma a gennaio ha ripreso a correre.
Nello stesso tempo, la stretta creditizia, decisa per
fermare l'inflazione ha prodotto lo sgonfiamento della bolla immobiliare
seguita all'immissione di liquidità di fine 2008: ad Hong Kong ci sono
250.000 case sfitte ed anche il "Quotidiano del popolo" parla di una "crisi dei subprime in stile cinese": in diverse città della costa il crollo dei valori immobiliari ha oscillato fra il 30 ed il 50% con punte del 70%.
C'è stata, poi, un'altra conseguenza indesiderabile della stretta creditizia: la ripresa dell'endemico fenomeno della "finanza grigia" (usura).
Le autorità monetarie di Pechino parlano di finanziamenti bancari per
circa 350 miliardi di euro girati dai beneficiari a terzi, ma ovviamente
ad interessi ben maggiori. Il fenomeno si è rapidamente esteso e già
nell'autunno del 2011 ha dato risultati assai preoccupanti:
"Un uomo d'affari del Fujian sparisce nel nulla lasciandosi alle
spalle 300 milioni di yuan (35 milioni di euro) di debiti. Un altro
imprenditore del Jiangsu, dopo aver accumulato un passivo di oltre 100
milioni di yuan , fa nottetempo le valige e scappa in Indonesia. Hu
Fulin, presidente di Zhejiang Center Group, dopo aver rastrellato due
miliardi di yuan di prestiti (230 milioni di Euro) molla tutto e se la
svigna alla chetichella negli Stati Uniti... Molti iniziano seriamente a
preoccuparsi perchè la stangata e fuga sta diventando una pratica
sempre più diffusa tra gli uomini d'affari strangolati dai debiti.... A
lanciare l'allarme è stato Liu Minkiang, il presidente della China
Banking Regulatory Commission (l'organismo di vigilanza bancaria) che ha
poi aggiunto un particolare inquietante: 64 aziende non operanti nel
settore finanziario quotate in Borsa, hanno nei loro bilanci 17
miliardi di yuan (2 miliardi di Euro) di crediti privati erogati a
terzi";
L'incremento delle esportazioni, a causa della recessione in
Europa e Giappone, rallenta e questo può essere un guaio molto serio per
la Cina dove, ogni anno si riversano nelle città 15 milioni di
contadini, per dar lavoro ai quali, occorre un incremento del Pil non
inferiore all'8% con una percentuale di reinvestimento della metà sul
totale del Pil stesso.
Tutto questo sta determinando una serie di effetti a catena.
Nel settembre 2011, per la prima volta in assoluto, si è registrato un deflusso di capitali dalla Cina verso l'estero.
I segnali di pericolo di un crack cinese si sono moltiplicati:
ad esempio l'aumento di valore assoluto dei Cds (Credit Default Swaps):
per la Cina ora ammontano a 8,3 miliardi di dollari, nella graduatoria
mondiale il decimo più elevato ( più del Portogallo e della Bank of
America), ma, solo due anni fa il totale di Cds sulla Cina era solo di
1,6 miliardi di dollari e la Cina era al 227° posto nella graduatoria
mondiale.
Ancora: l'indice elaborato dalla Deutsche Bank riferito alle aziende
internazionali molto esposte alla Cina, in un anno è sceso del 40%
segnalando una fuga dal rischio cinese o "sindrome di Pechino".
La recessione nei paesi occidentali, già nell'autunno 2011, ha iniziato
a propagare la sua onda verso i Bric, oltre che la Cina, anche India e
Brasile hanno iniziato ad accusare il colpo.
Secondo l'Ocse, il Pil cinese nel 2012 crescerà meno del 9%, la percentuale più bassa da dieci anni in qua.
Tutto questo accade mentre si estende la protesta sociale:
la stima degli scontri fra polizia e manifestanti è passata da 100.000
del 2010 a 150.000 nel 2011; nelle città del sud della costa si è
verificata una nuova ondata di scioperi in estate e nel Tibet si è riacceso il movimento indipendentista.
Roubini prevede un crack cinese ma non prima del 2013-14, dopo il congresso del partito, ma altri, come Jim Chanos, fondatore dell'hedge fund Kynkos, ritengono che il crack sia già iniziato con la forte flessione immobiliare.
Ci sembra più realistica la previsione di Roubini, ma questo dice in quali condizioni il Pcc si stia avviando al suo congresso.
Fonte.
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