Primo
elemento da tener presente per inquadrare correttamente la strana
crisi: nel 2011 l'Italia ha consumato 77,8 miliardi di mc di gas, in
gran parte importati. Le potenzialità di produzione/importazione sono
però abbondantemente superiori: si parla di circa 120 miliardi di mc.
Per capire la situazione bisogna dire che dal 2008 a causa della crisi
economica i consumi si sono fortemente contratti: nel 2011 si sono
consumati 10 miliardi di mc in meno rispetto al 2003! Quindi abbiamo un
primo dato: di gas in Italia ce n'è in abbondanza, tanto che molti hanno
accolto con favore la recente crisi libica che aveva stoppato per
qualche mese il gas che doveva arrivare da Tripoli.
Andiamo
avanti: secondo elemento. Il gas consumato in Italia viene utilizzato
per gli usi domestici e per il terziario (circa 34 miliardi di mc nel
2011), per l'industria (14 miliardi di mc) e per la produzione di
energia elettrica (29 miliardi di mc). Questo vuol dire che il 40% del
gas viene utilizzato per le centrali termoelettriche tanto che oggi più
di metà dell'elettricità italiana deriva da questa fonte fossile che ha
soppiantato il petrolio. Le riconversione a metano -turbogas- è stato il
principale risultato della grande campagna padronale dei primi anni
2000, quella dei black out, della paura del buio e del freddo.
Terzo
elemento da evidenziare: la riconversione di questi ultimi anni, nata
dalle emergenze black out, ha fatto si che l'Italia abbia una enorme
sovracapacità elettrica visto che a fronte di un picco massimo storico
di 55 GW consumati c'è una capacità di produzione quasi doppia, 105 GW
(una curiosità: mentre scrivo queste note, sabato 11 febbraio, il sito
del GSE riporta un consumo elettrico di 39 GW). Questi tre elementi
fondamentali fanno da quadro agli avvenimenti dei giorni scorsi.
Le
cause della crisi sono state il freddo eccezionale che ha colpito tutta
l'Europa ma anche le prossime elezioni in Russia: il freddo che con due
ondate succedutesi a breve distanza l'una dall'altra ha costretto ad un
consumo notevole di gas per riscaldamento, e le elezioni perché Putin è
in gravi difficoltà e non può permettersi di perdere altro consenso
lasciando al freddo i suoi potenziali elettori.
Però
c'è da domandarsi come sia possibile che in una situazione di
sovrabbondanza di gas si sia arrivati a minacciare gli italiani con la
paura del grande gelo. In effetti il sistema energetico italiano,
fondato in gran parte sul gas, è rigido e per questa sua rigidità si
trova in difficoltà a rispondere a picchi eccezionali di richiesta, come
quelli di questi giorni. Anche confermando questa demenziale scelta del
"tutto gas" il problema sarebbe comunque risolvibile realizzando nuovi
siti di stoccaggio, in cui immettere gas nei periodi estivi per pomparlo
nei momenti di necessità. Per questioni di egemonia nel mercato interno
l'ENI, che controlla SNAM che controlla STOGIT, cioè il proprietario
del 95% degli stoccaggi, è però restia a fare questo potenziamento ed
altre società non sembrano avere la convenienza a realizzare nuovi siti.
Il
ridicolo di tutta la vicenda è che la soluzione che viene proposta da
una assordante campagna disinformativa è quella di costruire nuovi
gasdotti ma soprattutto nuovi rigassificatori che dovrebbero garantire
la diversificazione delle fonti e la possibilità di ricorrere nei
momenti di scarsità di offerta al mercato spot, quello non vincolato ai
contratti a lunga scadenza. Si tratta di una evidente stupidaggine che
però viene ripetuta con incredibile insistenza perché attorno ai
rigassificatori girano tantissimi soldi, specie quelli pubblici che alla
faccia della crisi economica globale non mancano mai quando c'è da
finanziare le grandi multinazionali dell'energia. Meraviglia, ma fino ad
un certo punto, che i rigassificatori siano chiesti con forza anche da
certo ambientalismo moderato, come il direttore del Kyoto Club
Silvestrini (ed ex consigliere di Bersani quando era ministro dello
sviluppo economico), o il capo degli Ecodem (ecologisti del PD) Vigni.
Ma
perché è una stupidaggine sostenere che la realizzazione di nuovi
rigassificatori potrà risolvere le crisi da picco di richiesta? Per
almeno due motivi. Innanzitutto perché anche Rovigo e Panigaglia, i due
rigassificatori attualmente in funzione, nel momento della crisi erano
costretti dal maltempo a funzionare al 20% delle loro potenzialità. È
facile capire che in una situazione eccezionale come quella dei giorni
scorsi anche altri rigassificatori avrebbero avuto gli stessi problemi.
Ma
si tratta di una stupidaggine soprattutto perché è inconcepibile che
una società possa avventurarsi in un progetto che richiede un
investimento di almeno 500 milioni di euro senza avere alle spalle un
contratto sicuro con i paesi che hanno capacità di liquefazione. Rovigo,
tanto per saperlo, non si rivolge al mercato spot bensì ha concluso un
accordo pluriennale con il Qatar. Lo stesso discorso vale per
Panigaglia, di proprietà ENI, che lavora con Algeria e Francia. Ancora
più stupido è sostenere che i rigassificatori potrebbero comunque
rivolgersi al mercato spot nel momento del picco. Infatti proprio gli
avvenimenti di questi giorni hanno dimostrato che quando c'è maggiore
richiesta il mercato spot è sottoposto a vertiginosi aumenti di prezzo
ma anche a carenze di offerta.
Questi
furbacchioni al servizio delle multinazionali, o utili idioti fate voi,
non si pongono il problema di cosa se ne farebbe il paese di altri 4 o 5
rigassificatori con 25/30 miliardi di mc di gas che si andrebbe ad
aggiungere all'attuale sovracapacità che rimarrebbe tale anche in caso
di ipotetica ripresa economica e quindi dei consumi. A meno che la
risposta non sia quella che ci dà il Corriere della Sera del 7
febbraio: costruire i rigassificatori e addebitare i loro costi sulle
bollette "una spesa che in consumatori accetterebbero di sostenere". In
realtà nuovi rigassificatori e nuovi gasdotti servirebbero a fare
dell'Italia l'hub -il centro di raccolta e smistamento- del gas
destinato al centro-nord Europa.
Ecco,
forse siamo arrivati alla vera ragione che sta dietro la strana crisi
del gas dei giorni scorsi. L’enfasi, davvero eccessiva, che governo,
Confindustria e media hanno dato alla crisi del gas si spiega con la
scelta di fare ancora una volta dell’emergenza il volano delle loro
“svolte” energetiche. Come ai tempi del black out si volevano imporre
una valanga di nuovi impianti a gas ora si cerca di creare l'emergenza
che terrorizzi la gente per riuscire a vincere le resistenze e costruire
nuove infrastrutture, devastare il territorio e il mare con cemento e
tubi.
Dobbiamo contrastare i progetti
delle multinazionali ribadendo che il gas è un combustibile fossile
inquinante e che i rigassificatori sono inutili, inquinanti e
pericolosi. Dobbiamo soprattutto ribadire che la transizione alle fonti
rinnovabili non si fa con il gas (come dicono gli ambientalisti del PD),
che ci lega come il petrolio, come il carbone, come il nucleare a
scelte centralizzate e autoritarie ma con scelte chiare per il solare
nelle sue varie applicazioni, per l'eolico, per lo sfruttamento delle
maree, della geotermia e dell'idroelettrico rispettosi dell'ambiente e
capaci di favorire lo sviluppo di una società autogestita a misura di
uomo e dell'ambiente. Rinnovabili e efficienza energetica, ecco i due
grandi giacimenti che dobbiamo sfruttare a fondo.
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