Un mese dopo il disastro,
parzialmente archiviate le polemiche, raccogliamo la testimonianza di
una persona che faceva parte dello staff di bordo.
D.: è stato detto tutto sulla questione della Costa Concordia?
R.: sono state dette spesso molte sciocchezze.
Cominciamo
dal comportamento del personale: all'inizio, che è il momento più
importante dal punto di vista comunicativo, si è insultato lo staff di
bordo, mentre la stragrande maggioranza del personale ha fatto tutto il
possibile per salvare i passeggeri, sennò non si potrebbe spiegare
come mai si siano salvate oltre 4000 persone.
Dall'altra
tutta la colpa viene attribuita al comandante, mentre invece le sue
colpe sarebbero da distribuire in modo molto più diffuso tra gli
ufficiali del comando.
D.: quindi sei anche tu tra coloro che tendono a salvare Schettino?
R.:
No! Il problema è molto diverso. Il fatto che il comandante non fosse
all'altezza del ruolo che gli era stato attribuito era cosa risaputa
tra il personale viaggiante: ciò che ci domandavamo era come mai la
compagnia non se ne rendesse conto, semmai.
Tuttavia le sue responsabilità sono da ripartire per motivazioni di carattere squisitamente tecnico.
Cominciamo
dalla presenza sulla plancia di comando: è evidente che il comandante
non può restare per tutto il viaggio in plancia, ma è normale che
faccia dei turni. Al momento dell'incidente in effetti lui NON era in
plancia perché a cena. Il problema è, visto che c'è stato l'incidente,
che sul ponte di comando o sono saltati tutti i sensori di avviso del
pericolo, o sul ponte non c'era nessuno, perché anche io che non sono
un ufficiale ho notato la troppa vicinanza all’isola del giglio. Se
anche la nave viaggia con il pilota automatico, come stava facendo al
momento, non per questo i sonar smettono di funzionare; nel momento del
pericolo in plancia compaiono diversi segnali che non sono in grado
di indurre il pilota automatico a bloccare la nave, ma che in presenza
di ufficiali DEBBONO indurre una reazione che evidentemente non c'è
stata.
D.: cioè tu sostieni che la plancia di comando sia stata completamente abbandonata?
R.:
il sospetto che abbiamo in molti è esattamente questo, o che sia
stata lasciata in balia di qualche cadetto fresco di accademia.
D.: secondo te quindi c'è stato un problema di assenza di comando, o meglio, di crollo delle catena di comando?
R.:
quello è certo. Il comandante si è trovato a gestire una situazione
alla quale era impreparato psicologicamente, non tecnicamente,
circondato da uno staff di comando che non è riuscito ad imporre le
scelte giuste, anzi che in alcune figure importanti si è dileguato prima
o assieme al comandante.
D.: facci capire cosa ti è successo, così forse riusciamo a farci una idea migliore di quello che ci vuoi dire.
R.:
io mi trovavo nel teatro della nave. Ad un certo punto si è
verificato il black-out elettrico e siamo rimasti al buio per alcuni
secondi, giusto il tempo che entrassero in funzione i primi gruppi
elettrogeni, posti alla base della nave. Al ritorno della corrente
elettrica, arriva l'allarme-falla: a quel punto ognuna ed ognuno del
personale viaggiante sa di dover mantenere la calma e continuare a
fare il proprio lavoro se può continuare a farlo, o in alternativa
andare, se può, nella propria cabina ed attendere ulteriori
istruzioni. Una nave come la Costa Concordia è come un piccolo paese
galleggiante
che contiene oltre 4000 persone; una nave del genere ha tutta la
strumentazione di emergenza per far sbarcare tutti i passeggeri ed il
personale, ma capite anche voi che la cosa richiede un livello di
organizzazione molto preciso. Noi facevamo gli addestramenti e
sapevamo che dal momento dell'allarme generale, occorrevano almeno 40
minuti prima di iniziare a procedere all’abbandono nave e quindi al
riempimento delle scialuppe di salvataggio.
Affinché
tutto funzioni per il meglio, al momento del segnale di allarme
generale, ai passeggeri viene detto di tornare nelle cabine a prendere
il giubbotto di salvataggio, perché nel frattempo il personale si
deve raggruppare nei punti di raccolta, che è il ponte di evacuazione.
A quel punto i passeggeri cominceranno ad arrivare dalle cabine verso
il ponte di evacuazione: solo se trovano il personale già posizionato
per dare le disposizioni necessarie, l'imbarco sulle scialuppe
avviene in modo ordinato ed il salvataggio è praticamente assicurato.
Il
problema è che dopo l'allarme-falla, non è arrivata più nessuna
indicazione. L’emergenza generale è scattata dopo un ora
dall’incidente e i passeggeri hanno avuto tutto il tempo di farsi
prendere dal panico ed affollare il ponte d’evacuazione prima che noi
dell’equipaggio avessimo modo di organizzarci.
D.: vuoi dire che siete rimasti nei punti di raccolta del personale senza ordini?
R.:
è precisamente questo che voglio dire! Purtroppo senza l’allarme
generale siamo rimasti al nostro posto fino a quando il gruppo
elettrogeno è andato in tilt a causa dell'allagamento ed è entrato in
funzione l'ultimo sistema di emergenza che ha portato all'accensione
delle sole luci di emergenza. Il fatto è che a quel punto la maggioranza
dei passeggeri sono spontaneamente saliti sul ponte, creando il caos,
ma non per colpa loro. E' ovvio che i primi che sono arrivati ed
hanno visto degli ufficiali con i giubbotti di salvataggio al collo e
con le saracinesche di qualche scialuppa aperta che gridavano di stare
tranquilli, si sono agitati ancora di più ed è cominciato a
diffondersi il panico.
Quando siamo
saliti sul ponte, la nave aveva già iniziato ad inclinarsi, il caos
era totale ed abbiamo iniziato a gridare come pazzi cercando di
ricostruire un ordine che era saltato: è chiaro che è stato anche
detto di rientrare nelle cabine, non per far morire le persone, ma per
ristabilire una modalità di evacuazione che permettesse a tutti di
salvarsi.
Sapevamo, per altro, che
quando la nave inclina oltre i 25° non è più possibile calare
scialuppe: è ovvio che abbiamo proceduto come potevamo e siamo
riusciti a calare scialuppe anche dal lato dal quale ben presto con
l'inclinarsi della nave non era più possibile fare nulla. Il fatto che
buona parte delle scialuppe della fiancata sinistra, che portano 150
passeggeri cadauna, non siano state utilizzabili a causa del ritardo
nell'ordine di abbandono-nave, ha reso tutta la situazione disperata,
terrificante. Io continuavo ad urlare e con un mio amico, cercavamo di
dare ordini come pazzi, urlavamo ed urlavamo comandi, al punto che
quando sono sceso, dopo una telefonata a mia madre in cui dicevo che
stavo bene, non sono più riuscito a parlare per la giornata seguente a
causa del mal di gola insopportabile.
La
scialuppa sulla quale mi sono imbarcato è stata l'ultima a staccarsi
dalla nave prima che ci fosse l'inclinazione definitiva dello scafo
che è avvenuta in meno di trenta minuti. Ed io mi sono ritenuto molto
fortunato di questo, perché miei colleghi mi hanno raccontato scene
terrificanti, con porte che diventavano pavimenti, persone che
percorrevano corridoi come fossero enormi scivoli inseguite da oggetti
che poi le avrebbero ferite, schiacciate.
D.: insomma: voi del personale avete dovuto improvvisare tutto? Si dice che non eravate addestrati: ma è vero?
R.:
abbiamo dovuto improvvisare tutto, completamente. Saltando la normale
situazione nella quale al momento stesso della percezione del
pericolo, la catena di comando produce le giuste reazioni, ci siamo
trovati a dover tappare le falle prodotte dalla disorganizzazione che
ci è piovuta addosso dall'alto.
Il
mito del mancato addestramento è falso: tutti noi abbiamo ricevuto il
necessario addestramento ed abbiamo fatto delle esercitazioni di
evacuazione della nave. Solo che è stato tutto vanificato dal crollo
della catena di comando.
D.: inizialmente sono circolate voci contro gli stranieri che non capiscono la lingua; tu che ne dici?
R.:
che sono idiozie. Al contrario io sono rimasto ammirato dalla
abnegazione di molti del personale di servizio grazie al quale sono
state salvate molte vite e che sono certamente scesi per ultimi, magari
non tutti, ma davvero in buona parte.
Si
deve tenere conto che la composizione del personale di bordo è
piramidale: su una cifra che per semplificare poniamo di 1000 persone,
ce ne saranno 550 dalla Cina, dalle Filippine o dal Vietnam, con il
salario più basso che vengono impiegati nelle lavanderie, nelle
pulizie, nei servizi alle cabine ecc., 260 dall'India con un salario
un poco migliore che si occupano di fare i vigili del fuoco, gli
addetti alla sicurezza, o i cuochi, 100 di diverse etnie che si
occupano dell'intrattenimento e i restanti 90 sono italiani che si
occupano del comando e sono, chiaramente, i meglio pagati. Queste sono
ovviamente stime forfettarie.
D.: c'è razzismo sulle navi?
R.:
si, specie da parte dei più imbecilli. Alcuni italiani si permettono
di trattare come esseri inferiori i cinesi, per esempio. Ma questo
significa, di rimbalzo, che ci sono i ponti alla base della nave,
abitati dai cinesi appunto, ai quali queste persone si avvicinano
difficilmente. Io non avevo problemi a recarmi ovunque, ad esempio.
D.:
possiamo dire che quello che si voleva applicare in Europa con il
principio del salario in base al paese di origine, sulle navi è già una
realtà da tempo. In pratica si voleva introdurre il principio che se
uno veniva a lavorare in Italia, ma veniva dalla Polonia, sarebbe stato
pagato con un salario polacco. Poi la lotta del movimento contro il
G8 dei primi anni 2000 aveva bloccato questa direttiva. Tu dici invece
che sulle navi è pienamente vigente.
R.:
bisogna capire che la Costa Concordia non era una nave italiana. Fa
parte di una multinazionale che gestisce il traffico mondiale delle
navi da crociera, anche se è affidata dal punto di vista gestionale ad
un armatore più piccolo. Le regole in mare sono molto particolari e
generalmente questi gruppi applicano quelle per loro più vantaggiose.
D.:
si potrebbe quasi dire che la Costa Concordia ben rappresenta il
declino dell'occidente nei confronti dei paesi che un tempo erano
dominati; gli italiani in rappresentanza del popolo europeo, si sono
dimostrati, almeno quelli che comandavano, i più interiormente
corrotti, incapaci, inetti e vigliacchi. Coloro che provengono da
nazioni che vengono definite “emergenti”, si sono invece dimostrati
molto più capaci e dignitosi.
Che ne pensi?
R.:
se vuoi dirla così, ma non saprei. Ciò che per me è importante è che
emerga con chiarezza che il personale di bordo ha avuto un
comportamento congruente con quanto avrebbe dovuto fare, anzi ha fatto
più del dovuto.
E vorrei che
venisse ricordato che tra gli italiani c'era anche il mio amico
batterista che è ancora disperso perché era rimasto sulla parte alta
della nave ad aiutare persone che non erano ancora sbarcate.
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