Per capire come ci hanno fregati basta chiudere gli occhi e ripensare
a quando eravate piccoli. In famiglia, quasi sempre lavorava solo papà,
nel senso che era l’unico a percepire un reddito. Mamma si sbatteva
tanto quanto, forse anche di più: faceva funzionare la famiglia. In un
certo senso produceva reddito eccome: quello che non si era costretti a
spendere in baby sitter e colf, oltre all’inestimabile valore di essere
un punto di riferimento affettivo e organizzativo costante. I bambini
andavano a scuola, erano vestiti bene e avevano i libri per studiare e i
giocattoli a Natale e per il loro compleanno. Una o due volte l’anno ci
scappava anche una vacanzina tutti insieme. C’era una sola automobile e
prenderla per fare una gitarella o per andare a trovare un parente non
comportava una lunga pianificazione di bilancio.
Oggi ci siamo evoluti. In famiglia lavorano sia mamma che papà,
perlomeno qui a Milano. La matematica dice che dovremmo essere più
benestanti. E’ vero il contrario: viviamo peggio di quando lavorava solo
papà. Con due stipendi spesso non ce la si fa a tirare a fine mese.
Trovare i soldi per le rate condominiali, per il mutuo, fare la spesa,
saldare le bollette, pagare le tasse e qualche multa è diventata
un’impresa in cui si raccapezzano solo i più avveduti o i più fortunati.
Bisogna essere laureati alla Bocconi anche solo per raggiungere il
pareggio di bilancio familiare. Le vacanze, per una famiglia con figli,
sono sempre più spesso un miraggio lontano o un privilegio di chi ha
ereditato dai genitori una casa al mare o in montagna, sempre che riesca
a star dietro alle spese per mantenerla. Prima di prendere la macchina e
fare un giro in montagna bisogna fare bene i conti, perché la benzina
costa quasi 2 euro al litro.
Ma la cosa peggiore è che, non avendo più una figura di riferimento
in casa, o ci si rassegna a vivere in una discarica sporca e
disordinata, oppure bisogna tirare fuori altri soldi per pagare qualcuno
che, almeno due ore alla settimana, venga a dare una rassettata al
letto e a lavare i piatti incrostati. E se non si ha la fortuna di avere
nonni ancora in forze, vicini a casa e disponibili, ci vuole un
surrogato di mamma che vada a prendere i bambini piccoli a scuola o che
badi agli infanti. Senza contare gli anziani che vengono abbandonati a
loro stessi o scaricati in case di cura che dovrebbero essere chiamate case di tortura.
Con aggravio di costi che si mangia via lo stipendio aggiuntivo, già
magro di suo. E soprattutto, i figli crescono senza genitori, i genitori
invecchiano senza figli e la famiglia si disgrega. Il che rende le
persone più individualiste, più sole e, in definitiva, più simili a
degli automi, perfetti ingranaggi per il mercato lavorativo.
Eppure nella maggior parte dei paesi civilizzati, insieme al lavoro vengono offerti servizi.
Le mamme possono portare con sé i loro piccoli, perché le aziende
mettono a disposizione un nido di infanzia direttamente nel luogo di
lavoro. Le pause caffè si passano con il proprio bimbo in braccio,
oppure all’ultimo piano, dove l’azienda allestisce una palestra ben
attrezzata. Sei stressato? Stacchi venti minuti e vai a farti un po’ di
addominali. Risultato: meno soldi in inutili rette e abbonamenti costosi
e meno tempo sprecato nel traffico. A Parigi, se per andare a lavorare
devi prendere il treno, puoi lasciare il tuo bambino nell’asilo della
stazione. Noi abbiamo voluto fare i grandi, ma conservando la stessa
mentalità provinciale che vede la donna come un peso per il datore di
lavoro, terrorizzato dalla maternità che non riesce a vedere come una
risorsa aggiuntiva.
L’Eurostat ha certificato che abbiamo gli stipendi più bassi d’Europa,
fatta eccezione per il Portogallo, la Slovenia, Malta e la Slovacchia.
Perfino in Irlanda guadagnano quasi il doppio di noi. In Danimarca
guadagnano invece tre volte tanto, hanno un governo la
cui età media è di 20 anni inferiore alla nostra (il Ministro delle
Finanze ha 26 anni), ovvero il più giovane d’Europa contro il nostro
che, viceversa, è il più vecchio Oggi se ne lamenta anche Della Loggia
sul Corriere, curioso che a dirlo debba essere un settantenne. L’età
non è un problema di per sé, sia chiaro, anzi può essere un valore. Ma
solo se è bilanciata dal contrappeso carico di passione, slancio e
innovazione tipico della gioventù. Altrimenti diventa espressione di una
società gerontocratica, dove i vecchi monopolizzano e paralizzano una
società intera. Non è un caso se anche i dirigenti pubblici più giovani,
in Italia, abbiano oltre 50 anni. Steve Jobs, Larry Page, Bill Gates e
Mark Zuckerberg hanno stravolto il mondo da giovanissimi e senza una
lira. Manganelli, il capo della Polizia, guadagna oltre 600 mila euro all’anno. Tanto per capirci, il capo dell’FBI ne prende 120 mila, ma in dollari: cioè 89 mila euro.
La media degli stipendi italiani, invece, è di 23.406 €. Lordi. Perfino la Grecia, prima delle misure di austerity imposte dalla troika,
ci batteva di diverse lunghezze. Forse si stava meglio quando si stava
peggio. E la cosa buffa è che a questo stato di cose ci ha condotto
quella classe dirigente a libro paga della Goldman Sachs, delle Agenzie
di Rating, dei templi della finanza e della speculazione che adesso ci
impone la sua ricetta per farci uscire dalla crisi. Dov’erano, questi
ultra-ottuagenari, quando noi ci stavamo impoverendo e loro si
arricchivano? Perché non ci hanno pensato prima? Perché dovremmo
credergli, adesso?
Ieri, Aldo Grasso sul Corriere ha descritto Elsa Fornero come “una
maestrina dalla penna rossa uscita da un libro di De Amicis”, in un articolo
che ne fa un’apologia del virtuosismo melenso dal sapore quasi
ascetico. Non ho mai visto una maestrina vice-presidente di fondazioni
bancarie o del Consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo.
Non so bene da quale libro sia uscita la Fornero, ma ho una certa idea di quale sia invece quello da cui è uscito Aldo Grasso.
Fonte.
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