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21/02/2012

Tangentopoli: vent'anni di menzogne

Sono passati vent’anni da Mani Pulite eppure la cronaca giudiziaria riesce ad avere ancora la meglio sull’analisi storica dei fatti accaduti e mai pienamente chiariti. Ma la storia raccontata dai giudici non è tutta la storia di quel periodo caotico e devastante che spazzò via un’intera classe dirigente, dall’oggi al domani. I protagonisti, magistrati inquirenti e giudicanti di quella fase, tra lacrime finte e ammiccamenti alla pubblica opinione, sono tutti intervenuti sui giornali per proseguire nella mistificazione della realtà con i loro raccontini moralistici su corruzione e ruberie che divennero intollerabili ed esondarono dai confini della legalità soltanto in quel preciso momento epocale, laddove quegli stessi togati avevano chiuso gli occhi per decenni sugli abusi dei partiti essendo tutti legati a qualche santo politico al quale dovevano la loro brillante carriera.

Il pool di Milano ed i suoi antichi membri cercano ancora di oscurare la verità di una operazione internazionale che si servì della magistratura, la cui insincerità e doppiezza morale diviene più intollerabile man mano che vengono a galla retroscena sconcertanti, per curvare il destino di una nazione che stava perdendo il suo status di bastione avanzato contro il comunismo dell’est.

Tangentopoli nasce proprio in questo clima di riassestamento geopolitico seguito alla caduta dell’URSS che imponeva una modifica degli assetti interni di quegli Stati, come l’Italia ma non solo, i quali, fino a quegli eventi, avevano fatto da cuscinetto e da piazzeforti collocate in prima linea a protezione dell’Occidente, per necessità degli Usa. L’unico non unitosi al coro delle esaltazioni alla caduta del Muro di Berlino fu Giulio Andreotti il quale, evidentemente, intuì subito che quella sarebbe stata la rovina della DC e degli equilibri europei e mondiali emersi dopo la 2 guerra mondiale, i quali contemplavano la DC al centro dell’arco costituzionale italiano in funzione anticomunista. Ma osserviamoli da vicino questi insigni uomini del pool di Milano, dal principale simbolo Antonio Di Pietro ai vari Davigo, D’Ambrosio, Colombo, Borrelli ecc. ecc.

Di Pietro ebbe una carriera in magistratura davvero folgorante, da ex poliziotto un po’ 007 (si cerca ancora di capire la natura dei suoi viaggi non autorizzati alle Seychelles alle calcagna del faccendiere Francesco Pazienza ricercato dall’intelligence di mezzo mondo ( www.ilgiornale.it ) alle frequentazioni, anche da PM, delle barbe finte come attesta la famosa foto che lo ritrae insieme a Bruno Contrada (il quale sarà arrestato qualche giorno dopo il banchetto di cui si parla) ed altri soggetti della CIA ( www.corriere.it ). Tonino da Montenero di Bisaccia prende la laurea “breve” in giurisprudenza in meno di tre anni ( www.ilgiornale.it), un fulmine del diritto che dà esami difficili a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro (1). Non ci sarebbe nulla di sospetto se non fosse che Tonino litiga con l’italiano come un ragazzo delle elementari. Poi riesce ad entrare in magistratura nonostante la Commissione esaminatrice inizialmente lo escluda.

Come racconta il Presidente della stessa, il giudice Carnevale, Di Pietro fu fatto passare per motivi diversi dalla preparazione richiesta ad un futuro magistrato: «Avevo letto il curriculum di Antonio Di Pietro: era stato emigrante, si era arrabattato molto, questo mi indusse a essere clemente. Se devo pentirmi di tutto, come pretendono molti, mi pento anche di aver fatto promuovere Di Pietro. Nei concorsi per magistrati non bisognerebbe tenere conto di considerazioni pietistiche. In base all’esame però non avrebbe meritato il voto minimo che gli abbiamo attribuito…». La verità è però un’altra, qualcuno di piuttosto influente suggerì a Carnevale e agli altri componenti della Commissione di essere buoni col contadino in cerca di fortuna e di farlo “come un favore che non si può rifiutare”. I verbali della pessima prova di Tonino furono pertanto stracciati e sostituiti con altri favorevoli al candidato (leggete le dichiarazioni dei chiamati in causa: qui ).

Dunque, Il Pubblico Ministero più giusto e irreprensibile d’Italia inizia la professione con una bella spintarella. Poi c’è Gerardo D’ambrosio il cui nome è tristemente legato alla storia dell’anarchico Giuseppe Pinelli, “suicidato” il 15 dicembre ’69, da una finestra della questura di Milano. Pinelli era stato accusato della strage di Piazza Fontana in seguito ad una montatura che aveva spinto la polizia a seguire la pista dei circoli sovversivi di estrema sinistra. Pinelli però da quella Questura, dove lo stavano interrogando, uscirà soltanto morto, dopo un salto dal 4° Piano. Successivamente vi fu una inchiesta ed un processo che terminò nel 1975. Il giudice asseverò la versione secondo cui Pinelli, sotto stress per gli interrogatori subiti, “si sarebbe sentito male e, invece di accasciarsi al suolo, avrebbe spiccato un “involontario balzo” fuori dalla finestra (???)” ( www.comedonchisciotte.org).

Il famigerato “malore attivo” attribuito all’anarchico milanese fu una bella trovata, indovinate di chi? Ma di Gerardo D’Ambrosio of course, il quale adesso sostiene che il pool non fece mai politica. Peccato che il succitato venga immediatamente smentito da un’altra sua collega all’interno dell’equipe milanese, Tiziana Parenti, presto allontanata dalla squadra dei vendicatori della legge per aver osato indagare sulle tangenti del PCI. Fu proprio D’Ambrosio a suggerirle di considerare un “vagone staccato” quello degli illeciti a sinistra, ma in sostanza non si voleva toccare quella parte politica per ragioni ancora tutte da sceverare. Infatti, dopo quella breve parentesi nessuno andò più a fondo in tale direzione ( rassegna.camera.it ). Ma D’Ambrosio non s’immischia di politica e difende il ruolo imparziale della magistratura, e poco vale se, con Saverio Borrelli, si ritrovò a firmare l’appello per la candidatura di Walter Veltroni alla guida del Partito Democratico.

Quanto a Gherardo Colombo forse è l’uomo che sapeva meglio degli altri le finalità di tangentopoli. Quest’ultimo dirà al suo omologo Misiani che la competenza di Milano sulle inchieste non era una questione giuridica. E se non era una questione giuridica di che natura era allora questa competenza? Forse politica?

Infine, Camillo Davigo che ora piange per una corruzione anche più vasta di prima e che sente sprecato il suo lavoro di ripulitura della società italiana dal ladrocinio pubblico e privato. E’ così risentito Davigo che ironizza su coloro i quali hanno in mano molti elementi per adombrare l’ipotesi del complotto internazionale che lui definisce pura stravaganza. Sarà, ma se un magistrato come lui sostiene che tali episodi di corruzione non erano risaputi dimostra esclusivamente due cose incontrovertibili: o che i giudici non sapevano fare il loro lavoro oppure, molto più semplicemente, che fingessero di non vedere così tanti reati per non inimicarsi una classe dirigente non ancora indebolita dagli avvenimenti mondiali. Ma non appena quest’ultima si è ritrovata nel vortice di una vertenzialità geopolitica che le voltava le spalle, costoro, irreprensibili tutori della legge quando conviene, le hanno dato il colpo di grazia. Non vorrà mica Davigo darci a bere la favoletta secondo cui “Né i miei colleghi né io, pur avendo la percezione che i reati di concussione, corruzione, finanziamento illecito dei partiti politici e false comunicazioni sociali fossero ben più numerosi di quanto risultava dalle statistiche giudiziarie, immaginavamo le dimensioni dell’illegalità, quali emersero dalle indagini” ( www.ilquotidianoweb.it ). E come mai Mani Pulite improvvisamente si arrestò sul più bello, proprio mentre era giunto il momento di fare chiarezza sulle compartecipazioni oscure del PCI al potere consociativo, cosa che gli permetteva di entrare a piene mani nelle logiche spartitorie di quei tempi.

Noi invece pensiamo che non si era voluto coinvolgere il Partito Comunista, ormai non più tale dopo la svolta della Bolognina, per non far saltare l’intero sistema e questo, probabilmente, su consiglio degli stessi soggetti o gruppi che avevano dato il via libera ai magistrati per sferrare l’attacco alle basi dello Stato italiano. Tutti gli elementi qui elencati rafforzano la nostra convinzione circa l’esistenza di un’altra versione dei fatti che condussero a Mani Pulite. La chiameremo la versione Formica, sia perché questa sta emergendo lentamente da dietro la cortina fumogena delle versione ufficiale, sia in quanto la esplicita senza tentennamenti uno degli attori principali di quella stagione, l’ex ministro socialista Rino Formica ( rassegna.camera.it).

Costui parla di un vero colpo di Stato organizzato dalla CIA e dall’FBI in Italia subito dopo “Berlino ’89". Dice Formica: “L’intreccio tra politica, affari e partiti durava da cinquant’anni ma la questione morale diventa questione politica quando cambia la storia: fino al 1989 Italia e Germania avevano presidiato la frontiera ma con la caduta del Muro si comincia a temere per la stabilità dell’Italia”. In questa situazione i servizi segreti americani decidono che è il momento di liberarsi di gente troppo compromessa con assetti di potere ormai superati dagli eventi. Dopo mezzo secolo di cecità assoluta la magistratura riacquista improvvisamente la vista, ma Davigo ed i suoi colleghi non erano a conoscenza di tutto ciò perché probabilmente lui e gli altri vivevano su un pianeta dorato dove regnavano da sempre ordine, disciplina e bendaggi gratis per tutti i togati.

La smetta dunque di prenderci in giro e di lamentarsi dell’attuale putrefazione nazionale, perché questo è il premio ricevuto dagli italiani per aver creduto alle frottole giudiziarie di chi, volendo mondare i peccati della politica, si è liberto della seconda lasciandoci in eredità i primi quadruplicati. Ora siamo messi molto peggio di allora. Ai tempi della DC e del PSI, seppur sporche, avevamo ancora le mani per maneggiare il nostro destino.

Mani pulite ci ha segato le braccia e le gambe riducendoci ad una provincia oscura dell’impero senza più speranze. E’ dagli anni novanta che privati degli organi prensili offriamo il sedere al mondo affinché tutti, ma proprio tutti, possano prenderci a pedate sul di dietro. Bella rivoluzione del piffero!

Fonte.

Un'interpretazione davvero interessate di quegli anni, se ne potrebbe dibattere per ore e a buon senso concludere che la narrazione ufficiale, come in molti altri casi, non torna.

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