Sono passati vent’anni da Mani Pulite eppure la cronaca giudiziaria
riesce ad avere ancora la meglio sull’analisi storica dei fatti accaduti
e mai pienamente chiariti. Ma la storia raccontata dai giudici non è
tutta la storia di quel periodo caotico e devastante che spazzò via
un’intera classe dirigente, dall’oggi al domani. I protagonisti,
magistrati inquirenti e giudicanti di quella fase, tra lacrime finte e
ammiccamenti alla pubblica opinione, sono tutti intervenuti sui giornali
per proseguire nella mistificazione della realtà con i loro raccontini
moralistici su corruzione e ruberie che divennero intollerabili ed
esondarono dai confini della legalità soltanto in quel preciso momento
epocale, laddove quegli stessi togati avevano chiuso gli occhi per
decenni sugli abusi dei partiti essendo tutti legati a qualche santo
politico al quale dovevano la loro brillante carriera.
Il pool di
Milano ed i suoi antichi membri cercano ancora di oscurare la verità di
una operazione internazionale che si servì della magistratura, la cui
insincerità e doppiezza morale diviene più intollerabile man mano che
vengono a galla retroscena sconcertanti, per curvare il destino di una
nazione che stava perdendo il suo status di bastione avanzato contro il
comunismo dell’est.
Tangentopoli nasce proprio in questo clima di riassestamento geopolitico
seguito alla caduta dell’URSS che imponeva una modifica degli assetti
interni di quegli Stati, come l’Italia ma non solo, i quali, fino a
quegli eventi, avevano fatto da cuscinetto e da piazzeforti collocate in
prima linea a protezione dell’Occidente, per necessità degli Usa.
L’unico non unitosi al coro delle esaltazioni alla caduta del Muro di
Berlino fu Giulio Andreotti il quale, evidentemente, intuì subito che
quella sarebbe stata la rovina della DC e degli equilibri europei e
mondiali emersi dopo la 2 guerra mondiale, i quali contemplavano la DC
al centro dell’arco costituzionale italiano in funzione anticomunista.
Ma osserviamoli da vicino questi insigni uomini del pool di Milano, dal
principale simbolo Antonio Di Pietro ai vari Davigo, D’Ambrosio,
Colombo, Borrelli ecc. ecc.
Di Pietro ebbe una carriera in magistratura davvero folgorante, da ex
poliziotto un po’ 007 (si cerca ancora di capire la natura dei suoi
viaggi non autorizzati alle Seychelles alle calcagna del faccendiere
Francesco Pazienza ricercato dall’intelligence di mezzo mondo ( www.ilgiornale.it
) alle frequentazioni, anche da PM, delle barbe finte come attesta la
famosa foto che lo ritrae insieme a Bruno Contrada (il quale sarà
arrestato qualche giorno dopo il banchetto di cui si parla) ed altri
soggetti della CIA ( www.corriere.it ). Tonino da Montenero di Bisaccia prende la laurea “breve” in giurisprudenza in meno di tre anni ( www.ilgiornale.it),
un fulmine del diritto che dà esami difficili a pochi giorni di
distanza l’uno dall’altro (1). Non ci sarebbe nulla di sospetto se non
fosse che Tonino litiga con l’italiano come un ragazzo delle elementari.
Poi riesce ad entrare in magistratura nonostante la Commissione
esaminatrice inizialmente lo escluda.
Come racconta il Presidente della stessa, il giudice Carnevale, Di
Pietro fu fatto passare per motivi diversi dalla preparazione richiesta
ad un futuro magistrato: «Avevo letto il curriculum di Antonio Di
Pietro: era stato emigrante, si era arrabattato molto, questo mi indusse
a essere clemente. Se devo pentirmi di tutto, come pretendono molti, mi
pento anche di aver fatto promuovere Di Pietro. Nei concorsi per
magistrati non bisognerebbe tenere conto di considerazioni pietistiche.
In base all’esame però non avrebbe meritato il voto minimo che gli
abbiamo attribuito…». La verità è però un’altra, qualcuno di piuttosto
influente suggerì a Carnevale e agli altri componenti della Commissione
di essere buoni col contadino in cerca di fortuna e di farlo “come un
favore che non si può rifiutare”. I verbali della pessima prova di
Tonino furono pertanto stracciati e sostituiti con altri favorevoli al
candidato (leggete le dichiarazioni dei chiamati in causa: qui ).
Dunque, Il Pubblico Ministero più giusto e irreprensibile d’Italia
inizia la professione con una bella spintarella. Poi c’è Gerardo
D’ambrosio il cui nome è tristemente legato alla storia dell’anarchico
Giuseppe Pinelli, “suicidato” il 15 dicembre ’69, da una finestra della
questura di Milano. Pinelli era stato accusato della strage di Piazza
Fontana in seguito ad una montatura che aveva spinto la polizia a
seguire la pista dei circoli sovversivi di estrema sinistra. Pinelli
però da quella Questura, dove lo stavano interrogando, uscirà soltanto
morto, dopo un salto dal 4° Piano. Successivamente vi fu una inchiesta ed
un processo che terminò nel 1975. Il giudice asseverò la versione
secondo cui Pinelli, sotto stress per gli interrogatori subiti, “si
sarebbe sentito male e, invece di accasciarsi al suolo, avrebbe spiccato
un “involontario balzo” fuori dalla finestra (???)” ( www.comedonchisciotte.org).
Il famigerato “malore attivo” attribuito all’anarchico milanese fu una
bella trovata, indovinate di chi? Ma di Gerardo D’Ambrosio of course, il
quale adesso sostiene che il pool non fece mai politica. Peccato che il
succitato venga immediatamente smentito da un’altra sua collega
all’interno dell’equipe milanese, Tiziana Parenti, presto allontanata
dalla squadra dei vendicatori della legge per aver osato indagare sulle
tangenti del PCI. Fu proprio D’Ambrosio a suggerirle di considerare un
“vagone staccato” quello degli illeciti a sinistra, ma in sostanza non
si voleva toccare quella parte politica per ragioni ancora tutte da
sceverare. Infatti, dopo quella breve parentesi nessuno andò più a fondo
in tale direzione ( rassegna.camera.it
). Ma D’Ambrosio non s’immischia di politica e difende il ruolo
imparziale della magistratura, e poco vale se, con Saverio Borrelli, si
ritrovò a firmare l’appello per la candidatura di Walter Veltroni alla
guida del Partito Democratico.
Quanto a Gherardo Colombo forse è l’uomo che sapeva meglio degli altri
le finalità di tangentopoli. Quest’ultimo dirà al suo omologo Misiani
che la competenza di Milano sulle inchieste non era una questione
giuridica. E se non era una questione giuridica di che natura era allora
questa competenza? Forse politica?
Infine, Camillo Davigo che ora piange per una corruzione anche più vasta
di prima e che sente sprecato il suo lavoro di ripulitura della società
italiana dal ladrocinio pubblico e privato. E’ così risentito Davigo
che ironizza su coloro i quali hanno in mano molti elementi per
adombrare l’ipotesi del complotto internazionale che lui definisce pura
stravaganza. Sarà, ma se un magistrato come lui sostiene che tali
episodi di corruzione non erano risaputi dimostra esclusivamente due
cose incontrovertibili: o che i giudici non sapevano fare il loro lavoro
oppure, molto più semplicemente, che fingessero di non vedere così
tanti reati per non inimicarsi una classe dirigente non ancora
indebolita dagli avvenimenti mondiali. Ma non appena quest’ultima si è
ritrovata nel vortice di una vertenzialità geopolitica che le voltava
le spalle, costoro, irreprensibili tutori della legge quando conviene,
le hanno dato il colpo di grazia. Non vorrà mica Davigo darci a bere la
favoletta secondo cui “Né i miei colleghi né io, pur avendo la
percezione che i reati di concussione, corruzione, finanziamento
illecito dei partiti politici e false comunicazioni sociali fossero ben
più numerosi di quanto risultava dalle statistiche giudiziarie,
immaginavamo le dimensioni dell’illegalità, quali emersero dalle
indagini” ( www.ilquotidianoweb.it
). E come mai Mani Pulite improvvisamente si arrestò sul più bello,
proprio mentre era giunto il momento di fare chiarezza sulle
compartecipazioni oscure del PCI al potere consociativo, cosa che gli
permetteva di entrare a piene mani nelle logiche spartitorie di quei
tempi.
Noi invece pensiamo che non si era voluto coinvolgere il Partito
Comunista, ormai non più tale dopo la svolta della Bolognina, per non
far saltare l’intero sistema e questo, probabilmente, su consiglio degli
stessi soggetti o gruppi che avevano dato il via libera ai magistrati
per sferrare l’attacco alle basi dello Stato italiano. Tutti gli
elementi qui elencati rafforzano la nostra convinzione circa l’esistenza
di un’altra versione dei fatti che condussero a Mani Pulite. La
chiameremo la versione Formica, sia perché questa sta emergendo
lentamente da dietro la cortina fumogena delle versione ufficiale, sia
in quanto la esplicita senza tentennamenti uno degli attori principali
di quella stagione, l’ex ministro socialista Rino Formica ( rassegna.camera.it).
Costui parla di un vero colpo di Stato organizzato dalla CIA e dall’FBI
in Italia subito dopo “Berlino ’89". Dice Formica: “L’intreccio tra
politica, affari e partiti durava da cinquant’anni ma la questione
morale diventa questione politica quando cambia la storia: fino al 1989
Italia e Germania avevano presidiato la frontiera ma con la caduta del
Muro si comincia a temere per la stabilità dell’Italia”. In questa
situazione i servizi segreti americani decidono che è il momento di
liberarsi di gente troppo compromessa con assetti di potere ormai
superati dagli eventi. Dopo mezzo secolo di cecità assoluta la
magistratura riacquista improvvisamente la vista, ma Davigo ed i suoi
colleghi non erano a conoscenza di tutto ciò perché probabilmente lui e
gli altri vivevano su un pianeta dorato dove regnavano da sempre ordine,
disciplina e bendaggi gratis per tutti i togati.
La smetta dunque di prenderci in giro e di lamentarsi dell’attuale
putrefazione nazionale, perché questo è il premio ricevuto dagli
italiani per aver creduto alle frottole giudiziarie di chi, volendo
mondare i peccati della politica, si è liberto della seconda lasciandoci
in eredità i primi quadruplicati. Ora siamo messi molto peggio di
allora. Ai tempi della DC e del PSI, seppur sporche, avevamo ancora le
mani per maneggiare il nostro destino.
Mani pulite ci ha segato le braccia e le gambe riducendoci ad una
provincia oscura dell’impero senza più speranze. E’ dagli anni novanta
che privati degli organi prensili offriamo il sedere al mondo affinché
tutti, ma proprio tutti, possano prenderci a pedate sul di dietro. Bella
rivoluzione del piffero!
Fonte.
Un'interpretazione davvero interessate di quegli anni, se ne potrebbe dibattere per ore e a buon senso concludere che la narrazione ufficiale, come in molti altri casi, non torna.
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