Questa mattina il ministro della Difesa, ammiraglio Giampaolo Di
Paola, illustra in Consiglio dei ministri i provvedimenti di risparmio
riguardanti il suo dicastero. Gli occhi di tutti sono puntati
sull’acquisto di centotrentuno cacciabombardieri F-35 ‘Joint Strike
Fighter’, per il quale ci si aspetta una “rimodulazione”.
Circolano
voci di una riduzione a cento velivoli, che, a spanne, dovrebbe
comportare un risparmio di almeno 3 miliardi di euro sui 15 totali del
programma. E online ha chiesto ieri a Fabrizio Ravoni,
portavoce di Di Paola, se tali numeri sull’entità del taglio fossero
rispondenti al vero. “I numeri riguardanti i programma F-35 li dirà il
ministro della Difesa in Consiglio dei ministri”. Un’implicita conferma
che qualche taglio, comunque, ci sarà.
Non si tratterà, in ogni
caso, di una rinuncia totale al programma come chiedono due mozioni
parlamentari, una dell’Idv e una di Udc e Pd, che verranno discusse e
votate stasera alla Camera, secondo una calendarizzazione (decisa dai
capigruppo) così tardiva da apparire quasi opportunistica. La mozione
dell’Idv “Di Stanislao, Di Pietro” è del 7 dicembre scorso. Quella
Udc-Pd “Pezzotta, Sarubbi” risale addirittura a un anno e mezzo fa: 8
luglio 2010.
La mozione dei dipietristi
“impegna il governo ad assumere iniziative volte a bloccare, in via
definitiva, il programma per la produzione e l’acquisto dei 131
cacciabombardieri joint strike fighter e a valutare la reale possibilità
di utilizzare tali risorse per il rilancio dell’economia e il sostegno
all’occupazione giovanile; ad assumere iniziative volte a cancellare i
finanziamenti previsti per il 2012 per la produzione dei 4 sommergibili
Fremm, dei cacciabombardieri F35, delle due fregate «Orizzonte» con un
risparmio previsto intorno ai 783 milioni di euro; a bloccare in via
definitiva il progetto della mini naja «Vivi le Forze armate» con un
risparmio immediato da destinare alle politiche sociali, con particolare
riferimento alle famiglie e ai minori che vivono in condizioni di
povertà”.
La mozione di Udc e Pd
“impegna i governo a sospendere la partecipazione al programma di
realizzazione dell’aereo Joint Strike Fighter non sottoscrivendo alcun
contratto di acquisto di questi stessi velivoli”, osservando che “dal
punto di vista puramente strategico è difficile comprendere quali siano
le motivazioni per l’acquisto di un cacciabombardiere di quarta
generazione: le nostre attuali missioni militari all’estero hanno una
caratteristica prevalentemente di peacekeeping, dove fondamentale deve
essere la figura umana mentre risulta totalmente inutile, oltre che
contraria al nostro dettato costituzionale, la presenza di
cacciabombardieri. La possibile giustificazione della deterrenza ai fini
difensivi non regge in quanto occorre ricordare che stiamo già
acquistando il caccia Eurofighter Efa più adatto a compiti da
intercettore e di difesa da attacchi aerei”.
Al di là
dell’encomiabile passaggio sull’incostituzionalità dell’uso di
cacciabombardieri in missioni di pace – che dovrebbe valere a maggior
ragione quando si parla di armare di bombe gli aerei schierati in
Afghanistan – e della confusione tra sommergibili e fregate Fremm,
leggendo le argomentazioni e i toni decisi con cui queste forze
politiche chiedono la rinuncia a questo “inutile” spesa militare, viene
da chiedersi: ma perché non hanno alzato la voce prima? Perché hanno
aspettato proprio la sera dopo la decisione del governo, a giochi ormai
chiusi?
Fonte.
Politici infami, non c'è d'aggiungere altro.
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