"Centinaia di agenti impegnati a reclutare miliziani sunniti pronti a
combattere in Siria". Cruciale il ruolo delle tribù irachene.
Ancora una volta potrebbe essere l'attuale direttore della Cia, David
Petraeus, a svolgere un ruolo cruciale nella sempre più intricata crisi
siro-iraniana. Secondo fonti d'intelligence interpellate dal Foglio, è a
lui che l'Amministrazione Obama avrebbe affidato il compito di
replicare in Siria quanto sperimentato con successo contro al Qaida in
Iraq. Il vantaggio dell'operazione contro il regime di Damasco consiste
nella possibilità di dispiegare sul territorio siriano militanti sunniti
provenienti dai Consigli del Risveglio iracheni, dall'Arabia Saudita,
dal Libano, dalla Turchia e dalla Libia. Si tratta di combattenti
perfettamente addestrati alla guerriglia urbana e all'uso di esplosivi.
"E' questa - affermano le nostre fonti - la guerra nascosta lanciata
dagli Stati Uniti per destabilizzare il regime siriano e costringere
Bashar el Assad a lasciare il potere al più presto. L'obiettivo
dichiarato è di evitare qualsiasi coinvolgimento in iniziative militari
sul modello libico, rese impraticabili dalla netta opposizione e
ostilità del temibile asse russo-siro-iraniano".
Non a caso, Petraeus
e gli strateghi militari di Washington considerano del tutto
velleitario il piano d'intervento militare turco-arabo (con l'appoggio
statunitense) proposto dalla Turchia. Inutile, secondo il Pentagono,
sarebbe pure l'introduzione di una "no fly zone" sullo spazio aereo di
Damasco. La convinzione delle autorità americane è che, a differenza di
quanto accaduto in Libia, qualsiasi opzione militare nei confronti della
Siria imporrebbe il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti con
l'intervento di truppe a terra, scatenando conseguentemente un conflitto
di incalcolabile portata. Tale scenario è stato più volte escluso
categoricamente da Barack Obama, che ha preferito affidare a Petraeus il
compito di fare il possibile per far avvicinare la caduta di Assad. Il
direttore della Cia ha nelle ultime settimane predisposto in Medio
Oriente un enorme dispositivo di intelligence, con centinaia di agenti
impegnati a reclutare gruppi di miliziani sunniti da infiltrare in Siria
(la Fratellanza musulmana giordana ha già invitato a combattere Assad
con ogni mezzo).
Sul New York Times del 12 febbraio, Tim Arango ha
raccontato come un flusso crescente di armi stia giungendo in Siria
dalla provincia irachena di Anbar e dalle aree cicostanti Mosul, città
situata a pochi chilometri dalla frontiera. Nel deserto occidentale
dell'Iraq, spiega Arango, gli arabi sunniti si stanno organizzando per
partecipare alla lotta dell'opposizione siriana, sfruttando i legami
secolari tra le tribù dei due paesi. "Fornire le armi ai ribelli siriani
è un dovere, Assad è un macellaio", spiega lo sceicco Ali Hatem al
Suleiman, tra i leader principali del Consiglio sunnita di Anbar.
Petraeus sarebbe riuscito anche a coinvolgere nei suoi piani vari gruppi
organizzati di militanti libanesi il cui odio per il rais di Damasco
deriva dall'uccisione di Rafiq Hariri a Beirut nel febbraio 2005. Queste
cellule sono disposte a tutto, e già si troverebbero in Siria con
l'obiettivo di eliminare Bashar el Assad.
Fonte.
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