Fascisteria da mezza Europa a Roma, contro le “oligarchie
finanziarie”, nel nome di Miki Mantakas, militante del Fuan di origine
greca, morto nel febbraio del 1975. Accade a Prati, poche centinaia di
metri distante dal Vaticano: skinhead, camerati, vecchie glorie nere in
odor di Terza Posizione. Tutti uniti al grido di “Riconquistiamo
l’Europa”, soldatini schierati, pronti a tutto per “liberare il
continente dalle oligarchie finanziarie”. Un tema classico che più
classico non si può per l’universo dell’ultradestra: l’incubo di
un’Europa politica che scardinerebbe ogni velleità nazionalista, il
Leviatano tecnocrate che distrugge i sogni di una rivalsa nera.
In
realtà, si tratta di un ritornello vecchio messo su una situazione che
si presta molto alla lettura ‘socialista nazionale’: la crisi economica e
l’enorme peso specifico della ‘Troika’ stanno seminando il panico in
mezza Europa, tra default, deficit, debito pubblico e stipendi bassi. E’
così che la fascisteria europea punta a recuperare consensi, agitando
lo spettro delle plutocrazie e delle lobby maligne che vessano i popoli.
Di questo si è discusso a Prati, durante la presentazione ufficiale del
‘Movimento Sociale Europeo’ intitolato, appunto, alla memoria di Miki
Mantakas. A Roma, sabato, si sono ritrovati i gruppi Corsica Patria
Nostra (Corsica), Euro-Rus (Fiandre), Nation (Belgio francofono), Patria
Hellas (Grecia) e Troisieme Voie (Francia).
“E’ una realtà molto
particolare – si legge sul sito Fascinazione -, quella di Prati, con un
gruppo umano coeso e che, al di là delle sigle cangianti, ha mantenuto
una sua sostanziale continuità: dalla partecipazione alla scissione
della Fiamma tricolore dopo Fiuggi – l’unica sezione romana con Acca
Larentia a passare in blocco (e le ragioni mi sembrano evidenti)
all’esperienza del Trifoglio, una dei tanti nodi di interconnessione tra
destra radicale e area postmissina, una realtà tipicamente romana”.
Infatti, tra i presenti alla giornata europea del neofascismo c’era Luca
Romagnoli, ultimo custode delle ceneri dell’Msi, con un passato di
vicinanza anche al gruppo dei berlusconiani. Una presenza assolutamente
non casuale, a rappresentare l’anima d’acciaio di una fiamma che cova
ancora sotto la cenere e che non vuole spegnersi malgrado l’emorragia
d’iscritti e la progressiva perdita di credibilità dopo la fuga in
avanti di Fini e il progressivo spegnimento di Pino Rauti. Il sentiero
tracciato conduce a quel ‘rosso-bruno’ che tanto ha fatto discutere
anche a sinistra, un socialismo dalla forti tinte nazionaliste,
un’ideale cerchio che si apre con Hitler e si chiude con l’oligarchia
postsovietica di Putin. Un’idea che fa orrore a Forza Nuova, saldamente
ancorata ai principi neofascisti più cattolici e conservatori e,
soprattutto, con l’impianto tradizionale del partito politico
neofascista: va bene l’internazionale nera, ma senza esagerare.
All’appello, come prevedibile, non si è presentata neanche Casapound,
sempre più in rotta con l’ultradestra tradizionale. Il movimento di
Iannone, infatti, pur cavalcando ancora i temi della destra ‘post Salò’,
ha segnato una netta inversione di tendenza nell’approccio
comunicativo, preferendo campagne provocatorie e simboli pop alle
prolisse esternazioni cui i neofascisti ci hanno abituati. Casapound ha dato un taglio al passato
ed è ripartita da zero, scopiazzando anche un po’ dai centri sociali:
una strategia di rottura che punta a far riemergere il movimento dalla
palude in cui è sprofondato negli ultimi anni a colpi di trovate
originali e ‘spinta ideale’ non inquinata dalle opache manovre tipiche
dei partiti.
E’ così che l’universo neofascista può essere letto
in tre modi diversi: quello giovane e ‘movimentista’ di Casapound,
quello partitico di Forza Nuova e quello oscuro dei ‘rosso-bruni’, alla
ricerca di rilancio, prima di tutto ideologico, con conseguenze
politiche ancora tutte da scoprire. Chi la spunterà? Staremo a vedere,
la corsa per le comunali di Roma (con due, o forse più, liste di estrema
destra attese ai nastri di partenza, oltre ad Alemanno) segnerà
sicuramente il passo. Tra le file dell’estrema desta, settant’anni dopo,
il motto è sempre lo stesso: chi si ferma è perduto.
Fonte.
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