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28/02/2012

I ‘rosso-bruni’ a Roma, prove tecniche di internazionale nera

Fascisteria da mezza Europa a Roma, contro le “oligarchie finanziarie”, nel nome di Miki Mantakas, militante del Fuan di origine greca, morto nel febbraio del 1975. Accade a Prati, poche centinaia di metri distante dal Vaticano: skinhead, camerati, vecchie glorie nere in odor di Terza Posizione. Tutti uniti al grido di “Riconquistiamo l’Europa”, soldatini schierati, pronti a tutto per “liberare il continente dalle oligarchie finanziarie”. Un tema classico che più classico non si può per l’universo dell’ultradestra: l’incubo di un’Europa politica che scardinerebbe ogni velleità nazionalista, il Leviatano tecnocrate che distrugge i sogni di una rivalsa nera.

In realtà, si tratta di un ritornello vecchio messo su una situazione che si presta molto alla lettura ‘socialista nazionale’: la crisi economica e l’enorme peso specifico della ‘Troika’ stanno seminando il panico in mezza Europa, tra default, deficit, debito pubblico e stipendi bassi. E’ così che la fascisteria europea punta a recuperare consensi, agitando lo spettro delle plutocrazie e delle lobby maligne che vessano i popoli. Di questo si è discusso a Prati, durante la presentazione ufficiale del ‘Movimento Sociale Europeo’ intitolato, appunto, alla memoria di Miki Mantakas. A Roma, sabato, si sono ritrovati i gruppi Corsica Patria Nostra (Corsica), Euro-Rus (Fiandre), Nation (Belgio francofono), Patria Hellas (Grecia) e Troisieme Voie (Francia).

“E’ una realtà molto particolare – si legge sul sito Fascinazione -, quella di Prati, con un gruppo umano coeso e che, al di là delle sigle cangianti, ha mantenuto una sua sostanziale continuità: dalla partecipazione alla scissione della Fiamma tricolore dopo Fiuggi – l’unica sezione romana con Acca Larentia a passare in blocco (e le ragioni mi sembrano evidenti) all’esperienza del Trifoglio, una dei tanti nodi di interconnessione tra destra radicale e area postmissina, una realtà tipicamente romana”. Infatti, tra i presenti alla giornata europea del neofascismo c’era Luca Romagnoli, ultimo custode delle ceneri dell’Msi, con un passato di vicinanza anche al gruppo dei berlusconiani. Una presenza assolutamente non casuale, a rappresentare l’anima d’acciaio di una fiamma che cova ancora sotto la cenere e che non vuole spegnersi malgrado l’emorragia d’iscritti e la progressiva perdita di credibilità dopo la fuga in avanti di Fini e il progressivo spegnimento di Pino Rauti. Il sentiero tracciato conduce a quel ‘rosso-bruno’ che tanto ha fatto discutere anche a sinistra, un socialismo dalla forti tinte nazionaliste, un’ideale cerchio che si apre con Hitler e si chiude con l’oligarchia postsovietica di Putin. Un’idea che fa orrore a Forza Nuova, saldamente ancorata ai principi neofascisti più cattolici e conservatori e, soprattutto, con l’impianto tradizionale del partito politico neofascista: va bene l’internazionale nera, ma senza esagerare. All’appello, come prevedibile, non si è presentata neanche Casapound, sempre più in rotta con l’ultradestra tradizionale. Il movimento di Iannone, infatti, pur cavalcando ancora i temi della destra ‘post Salò’, ha segnato una netta inversione di tendenza nell’approccio comunicativo, preferendo campagne provocatorie e simboli pop alle prolisse esternazioni cui i neofascisti ci hanno abituati. Casapound ha dato un taglio al passato ed è ripartita da zero, scopiazzando anche un po’ dai centri sociali: una strategia di rottura che punta a far riemergere il movimento dalla palude in cui è sprofondato negli ultimi anni a colpi di trovate originali e ‘spinta ideale’ non inquinata dalle opache manovre tipiche dei partiti.

E’ così che l’universo neofascista può essere letto in tre modi diversi: quello giovane e ‘movimentista’ di Casapound, quello partitico di Forza Nuova e quello oscuro dei ‘rosso-bruni’, alla ricerca di rilancio, prima di tutto ideologico, con conseguenze politiche ancora tutte da scoprire. Chi la spunterà? Staremo a vedere, la corsa per le comunali di Roma (con due, o forse più, liste di estrema destra attese ai nastri di partenza, oltre ad Alemanno) segnerà sicuramente il passo. Tra le file dell’estrema desta, settant’anni dopo, il motto è sempre lo stesso: chi si ferma è perduto.

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