Mercoledì 15 febbraio doveva riunirsi l’Eurogruppo per decidere il
programma di riduzione del debito greco con la partecipazione volontaria
dei privati (Psi+) e il prestito di cui la Grecia ha bisogno entro il
20 marzo. Tuttavia, l’Europa della moneta unica ha perso la pazienza da
tempo e il voto di domenica, con il quale il Parlamento di Atene ha
accolto il pacchetto di austerità necessario a ricevere i 130 miliardi,
non ha placato timori e sospetti europei.
Il Ministro delle
finanze del Lussemburgo, Luc Frieden, ha dichiarato che, se la Grecia
non rispetterà tutte le condizioni poste dalla troika (Fmi, Bce e
Commissione europea) uscirà dalla zona euro e ha aggiunto che i mercati
europei sono preparati e corazzati per un’eventualità del genere.
La
Cancelliere Angela Merkel ha affermato che non ci saranno cambiamenti
nel programma greco, rispondendo così a quanti suggeriscono meno
austerità.
Il quotidiano tedesco Handelsblatt sostiene che è
probabile che, infine, non sia raggiungibile il traguardo di una
riduzione del debito greco pari a 100 miliardi, come previsto nel Psi+,
poiché alcuni detentori di titoli di Stato potrebbero non accettare di
sottoporsi, volontariamente, a una perdita del 70 per cento circa.
Questo costringerebbe il governo greco ad attivare le clausole di azione collettiva,
al fine di garantire un alto tasso di partecipazione al programma di
scambio. Ma c’è un rischio: l’attivazione dei credit default swap che, a
loro volta, innescherebbero dinamiche tali da portare la Grecia a un
soffio dalla bancarotta disordinata.
Il ministro delle finanze
tedesco, Wolfgang Schäuble, intervistato dal canale televisivo Zdf, ha
parlato di quello greco come di un caso per il quale molto deve essere
ancora fatto, aggiungendo di comprendere le difficoltà ma il Paese
ellenico ha vissuto per molti anni al di sopra delle possibilità, per
aggiungere: “tant’è che il Paese è ancora molto costoso”.
Fatto
assolutamente vero per gli stipendi e pensioni medi greci ma anche per i
grandi investitori che, col nuovo memorandum e le privatizzazioni che
questo ‘ordina’ al governo, potranno contare sulle grandi occasioni
delle svendite.
Il Consiglio dei Ministri oggi ha dato il via
libera al ministro delle Finanze per attuare l’iter necessario alla
cessione dell’acqua di Salonicco e Atene, del Casinò della capitale, dei
porti del Pireo, di Salonicco e periferici, delle poste, degli
aeroporti di provincia, delle autostrade, dell’energia elettrica e,
infine, dei giacimenti di gas a Kavala.
In un clima del genere,
non desta molta sorpresa che l’Eurogruppo di domani si sia ridotto a una
teleconferenza e l’incontro fisico dei ministri delle finanze sia stato
posticipato a lunedì, 20 febbraio.
Colpa della Grecia? Certo,
quando le condizioni poste dai vertici europei sembrano slittare sempre
in grado ascendente. All’accordo con la troika mancava la definizione
del modo concreto per cui le pensioni saranno ridotte di 300 milioni.
Stamane, i dettagli relativi sono stati definiti e il Consiglio dei
ministri tenutosi nel pomeriggio ha deciso che 200 milioni saranno
tagliati alle pensioni integrative e 100 alle principali.
Sennonché,
mancano al programma di tagli del 2012 altri 325 milioni che, stando al
portavoce del Governo Pantelìs Kapsìs, deriveranno dalla diminuzione
delle spese ministeriali.
Un punto, però, rimane aperto. Come era
già successo a novembre 2011, i vertici dell’Ue e del Fmi, chiedono che i
capigruppo della coalizione governativa inviino lettere d’impegno da
loro sottoscritte e firmate, circa il rispetto di tutti i patti e
accordi presi, indipendentemente dall’esito delle prossime elezioni. Di
queste lettere non si sa ancora nulla ed è probabile che nei prossimi
giorni si assista al dramma mediatico del leader del centro – destra di
Nea Dimocratia che, dopo aver votato a favore delle misure d’austerità e
pur mantenendo il proprio sostegno all’esecutivo di Loukàs Papadimos,
lamenti l’offesa alla dignità nazionale.
Il tempo è già finito e
chi governa la Grecia farà, seppur riottoso e sofferente, per finta o
per vero, quello che gli viene ordinato di fare: entro il 15 marzo
decideranno del prestito alla Grecia i Parlamenti di molti Paesi
dell’euro e l’Eurogruppo dovrà aver deciso il destino del Psi+ e
dell’aiuto economico. Solo dopo 5 giorni dopo scadranno titoli del
valore di 14,5 miliardi che le casse dello Stato ellenico non hanno.
Il
Primo Ministro Papadimos, così come i vertici istituzionali
dell’eurozona parlano, ormai ossessivamente, del pericolo che il Paese
fuoriesca dalla moneta unica o addirittura dall’Ue, tacendo
dell’impossibilità giuridica di eventualità del genere. La deputata del
centro – sinistra, ora indipendente, Louka Katseli, durante la
discussione precedente la votazione delle misure d’austerità, ha
presentato un documento redatto dalla Bce nel 2009, il quale afferma
come non sia previsto in nessun trattato che un paese membro dell’euro
possa esserne espulso. Ogni affermazione del contrario ha il sapore del
ricatto e c’è da chiedersi perché, per due anni, il Governo greco
continui a rinunciare a trattare nella sostanza della sua identità e
appartenenza europee.
Fonte.
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