L’assunto, arcinoto, è che alle elezioni presidenziali del 4 marzo
non esiste la minima speranza che il sistema Putin possa vacillare. Se
la propaganda elettorale, cominciata subito dopo le elezioni della Duma,
è identica a quella del primo mandato – superare la crisi e far tornare
Mosca protagonista sul palcoscenico internazionale – identico sarà
anche il risultato.
Nonostante
“il Paese si sia evoluto, la sua popolazione sia più istruita e
pretenda di più” – diceva Putin agli inizi di febbraio – l’apparato di
condizionamento e repressione, identico anche quello, ha cominciato da
settimane a lavorare per garantire la vittoria a Russia Unita. Il gruppo
dei giovani russi pro-Cremlino, Nashi, ha pagato infatti centinaia di
migliaia di rubli per finanziare blogger, troll informatici e
giornalisti al fine di creare una copertura favorevole all’attuale Primo
ministro, screditando rivali politici, attivisti e opposizione.
Chi
è l’opposizione? Sono quelli di Solidarnost, coalizione
liberaldemocratica (etichetta sotto la quale trovano spazio formazioni
disparate provenienti anche da esperienze antitetiche) che cerca una
difficile unità, adottando un nome vittorioso (dal Solidarnosc polacco)
per una battaglia dura da vincere. Ma chi c’è davvero ‘dietro di loro’?
Come in ogni movimento nell’Est europeo, di rado la società civile si
muove in forma del tutto spontanea. Attorno ai leader delle marce del 25
dicembre e del 4 febbraio si è da tempo coagulato l’interesse
occidentale. In che forme?
Il più amato sembra essere l’esponente
più giovane, il blogger Alexei Navalny, mente di Live Journal, assurto
al rango di quasi-martire dopo i ripetuti arresti. Con un po’ di enfasi
romantica, il 25 dicembre disse ai trentamila di Mosca: “Vedo abbastanza
gente qui da poter prendere il Cremlino e la Casa Bianca (la residenza
del presidente russo, ndr)”.
I media occidentali si sono infatuati
di lui. La Bbc lo ha descritto come ‘l’unica figura prominente emersa
negli ultimi cinque anni nell’opposizione russa’. Il Time statunitense
lo ha chiamato l’Erin Brockovich russo’, per i suoi trascorsi da
avvocato e attivista. Figura assai carismatica, educato alla Yale
University, ha difeso da avvocato gli azionisti di minoranza di numerose
compagnie russe. Ricevette finanziamenti e sostegno dalla Ong
statunitense National Endowment for Democracy, che a sua volta – come
vedremo – supporta numerose agenzie e Ong russe che tutelano i diritti
umani, e non solo. Navalny ha detto che non si candiderà, poiché le
elezioni saranno una farsa. Non potrà comunque farlo, dato che il
termine per la registrazione è scaduto mentre era in prigione.
Gli
altri uomini chiave nelle proteste anti-Putin ruotano tutti attorno a
Solidarnost, creata nel dicembre 2008 da Boris Nemtsov, Vladimir
Ryzhkov, Garry Kasparov e altri. Nemtsov è noto per aver ricevuto
sostegno dall’oligarca Mikhail Khodorkovsky nel 1999, quando il giovane
petroliere faceva lobbying alla Duma. Nel 2004 incontrò l’oligarca in
esilio Berezovsky e altri dissidenti. Accusato dal Cremlino di aver
ricevuto finanziamenti stranieri per il suo nuovo partito ‘Per una
Russia senza impunità e corruzione’, fuggi all’estero, dove ricevette il
sostegno dei senatori statunitensi McCain, Liberman e Hammer, del
Consiglio nazionale per la sicurezza di Obama (secondo quanto riporta il
sito di Bloomberg ‘BusinessWeek’).
L’alleato più fido di Nemtsov,
Vladimir Ryzhkov, ha legami con i circoli svizzeri di Davos, e ha
fondato anche una Davos siberiana. Formò un comitato per raccogliere
fondi dagli oligarchi in prigione o all’estero e da organizzazioni come
la Soros Foundation, con l’esplicita finalità di radunare le forze
‘democratiche’ contro Putin.
Altro fondatore di Solidarnost, Garry
Kasparov è menbro del National Security Advisory Council del Center for
Security Policy, una organizzazione che lavora ‘per identificare
politiche, azioni, risorse e necessità’ vitali per la sicurezza
americana. Nel 2009 Nemtsov e Kasparov si sono incontrati con Obama per
discutere le strategie anti-putiniane. Nello stesso viaggio, Nemtsov fu
invitato a parlare al New York Council on Foreign Relations, forse il
più influente think-tank statunitense.
Sostegno alla coalizione
anti-Putin proviene soprattutto dalla Ned (National Endowment for
Democracy). La Ned finanzia un Centro stampa a Mosca, luogo di incontro
di oltre 80 Ong internazionali, e decine di laboratori giovanili per
‘spingere i giovani all’attivismo politico’. Programmi che sono costati
al think-tank 2 milioni 783 mila dollari nel 2010.
Ma la Ned sponsorizza
anche soggetti-chiave nel monitoraggio elettorale cosiddetto
‘indipendente’, come la Golos, impegnata nei cicli elettorali
dell’autunno 2010 e primavera 2011 con analisi di stampa, agitazioni
politiche, attività delle commissioni elettorali e altri aspetti della
legislazione nella lunga corsa alle elezioni. Nel settembre 2011, la Ned
finanziò un incontro con un altra organizzazione ‘indipendente’: il
Levada Center, un altro beneficiario del sostegno statunitense, che
prima delle elezioni della Duma realizzò una serie di sondaggi sul tema
‘gestione della democrazia’ nell’ultima decade in Russia.
Fonte.
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