“Non cambiamo posizione, i responsabili greci lo sappiano”, ha detto
la Merkel. E’ la sua ultima parola. Se il governo greco non fa’ gli
ultimi tagli – e non può farli, perchè ha tagliato la carne dei greci
fino all’osso, e la rivolta travolge il governo stesso – la Grecia non
avrà l’ultimo pacchetto di “salvataggio” europeo-Fmi, i 130 miliardi in
sospeso. Ciò significa che il 20 marzo la Grecia farà bancarotta, non
potendo rinnovare i 14,5 miliardi di Buoni del Tesoro in scadenza.
La durezza inflessibile della Merkel ha un motivo: il fallimento
greco non è più una minaccia per la zona euro. I tre anni di negoziati e
austerità devastanti che il governo greco ha concesso ai suoi
creditori, nel vano tentativo di restare nell’euro, ha regalato ai
banchieri il tempo per liberarsi dei titoli del debito greco, e
divincolarsi dalla stretta del debitore: le banche straniere, si
calcola, hanno ridotto la loro esposizione del 60 per cento. Per il
resto, hanno già raggiunto un accordo di ristrutturazione tutto sommato a
loro favorevole.
Lo ha spiegato al Telegraph William Buiter, capo-economista di Citigroup: “Ai
primi di settembre ritenevamo che il costo dell’uscita della Grecia
sarebbe stato molto alto per il resto del mondo; oggi pensiamo che il
rischio sia molto minore perchè il contagio può essere contenuto”.
Anzi, per “il resto del mondo”, è diventato più alto il rischio nel
salvare la Grecia: secondo il FMI, il paese avrebbe bisogno di iniezioni
di 250 miliardi di dollari per i prossimi 10 anni. E tutto questo, per
un paese che rappresenta solo il 2,5% dell’economia dell’area euro.
Vale la pena? No, per i banchieri globali.
Ciò significa che i governanti greci si sono privati da sè
dell’unica arma (di ricatto) che avevano, ossia di trascinare con sè
nella rovina gli altri membri dell’euro-zona. E per nulla: la
bancarotta era già nei fatti da tre anni. Basti dire che l’ultimo
pacchetto di salvataggio offerto dai poteri forti, quei 130 miliardi,
rappresentano il 56% del Pil greco, un Pil che sta collassando. Quando
mai quei 130 miliardi (un prestito, mica un regalo) avrebbero potuto
essere restituiti?
Adesso la Grecia viene comunque abbandonata a sè stessa e alla bancarotta in catastrofe. E
ci arriva, tagli dopo tagli alla spesa pubblica, rigore dopo rigore,
con un’economia distrutta, una produzione industriale che è collassata,
una popolazione ridotta alla miseria e senza paracadute sociali, una
disoccupazione passata dal 18,2 per cento ad ottobre al 20,9 a novembre
(un aumento del 14 per cento in un solo mese), capitali fuggiti
all’estero per 60 miliardi (il 20% del Pil), le sue banche svuotate dai
depositi, un’esazione fiscale atroce che però non riesce più a crescere
perchè non c’è più niente da tosare, una gioventù che fugge all’estero
perchè il paese è senza prospettive, il caos sociale insieme al caos
finanziario.
Conclusione: la Grecia avrebbe fatto meglio a fallire prima. Tre anni
fa. Dare un calcio alla “Troika” e alle sue interessate terapie di
“risanamento”, rifiutare gli “aiuti” a caro interesse, e cessare i
pagmenti alle banche tedesche e francesi – subito, quando ancora aveva
un po’ di carne attaccata alle ossa. Avrebbe affrontato la bancarotta, e
il ritorno alla dracma, con qualche energia in più da spendere nella
stretta di cinghia che avrebbe preparato il rilancio. Rilancio che
sarebbe avvenuto sicuramente, dopo due o tre semestri, con la
riacquistata competitività: basti pensare che il turismo, che conta per
il 16% del Pil, avrebbe avuto una ripresa tumultuosa grazie alla dracma
debole. E così i noli navali, l’altro cespite nazionale.
La lezione dovrebbe servire anche per l’Italia, come per
Spagna, Portogallo e Irlanda. E’ inutile accettare rigori e austerità
per continuare a servire un debito impagabile. Il debito
impagabile non va’ pagato. Meglio accettare l’austerità auto-imposta dal
default sovrano, ugualmente trragica, ma che prepara al rilancio e alla
crescita, che insistere con tagli, svendita (privatizzazioni) e
austerità che non danno prospettive, e pagare il prezzo della perdita di
sovranità a vantaggio di un comitato di creditori e agenti pignoratori
sovrannazionali.
Nel tenebroso caos che la Grecia deve adesso affrontare da sola, c’è
un solo raggio di luce, ancorchè paradossale: ed è che la polizia greca
sta facendo causa comune con i rivoltosi, la cui protesta è stata
mandata a stroncare nella strade. Il maggior sindacato di polizia ha
emesso il seguente comunicato: “Rifiutiamo di metterci contro i nostri
genitori, fratelli , figli, contro i cittadini che chiedono un
cambiamento”.
Questo sì può cambiare le cose. Il popolo tosato e dissanguato, da
solo, non ha potere di cambiare le cose. Per un semplice fatto: non ha
armi, ha abbandonato le armi al stato che ha il monopolio della
violenza, ed è capaci di organizzarla contro i cittadini. Ma pensate se
la nostra polizia, pensate se i carabinieri rifiutassero di fare da
scorta ai nostri politicanti avidissimi, i colpevoli del nostro immane
debito pubblico, a questi parassiti che ci hanno portato alla rovina, e
poi hanno ceduto la sovranità che gli avevamo delegato ai “tecnici”,
ossia ai maestri della tosatura e del salasso per conto dei banchieri e
della Kommissione. Pensateci: chi ha le armi per cacciar via questi
parassiti miliardari dal governo e dal sottogoverno, per allontanarli
dai posti dove continuano ad intascarsi il maltolto e a succhiarci il
sangue? C’è da sognare.
La Grecia sta cominciando a diventare un esempio per noi, proprio adesso.
Fonte.
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