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14/02/2012

Armi alla Grecia da Germania e Francia in cambio degli aiuti

11 milioni di persone ridotte in schiavitù dall'asse franco-tedesco, i cui sistemi bancari detengono rispettivamente 47,9 e 18,6 miliardi di dollari di debito greco. Le pretese che la troika Bce-Fmi-Ue, per mano del suo fantoccio Papademos, ha fatto approvare sono da bollettino di guerra. Drastica deregulation del mercato del lavoro. Una diminuzione di oltre il 20% del salario minimo garantito. 150mila lavoratori licenziati, di cui 15mila subito. Taglio netto delle pensioni. Drastica economia di spesa, soprattutto sui farmaci, sugli ospedali e sulle autonomie locali. Vendita delle quote pubbliche in petrolio, gas, acqua e lotteria.
Fame nera. In cambio di cosa? Di 130 milardi di aiuti e di una rinegoziazione del debito con le banche estere del 70% in meno. Siamo sicuri che siano aiuti? Il debito pubblico greco ammonta a 365,6 miliardi di euro. Con l'abbattimento dei crediti bancari potrebbe scendere a 265. Con i 130 miliardi di prestiti (+ 15 salva banche) correrebbe nuovamente verso i 400. Nuovo debito per dare l'illusione di liberarsi di quello vecchio.

E intanto i creditori continuano a fare affari. Nel 2012 la spesa militare ellenica ammonterà a 7 miliardi di euro. La gente è disperata ma si dilapideranno 7mila mlioni di euro. A vantaggio di chi? Ma della Merkel e di Sarkozy, naturalmente. Armi vecchie, di seconda mano, in cambio di nuovo debito.

La Grecia è ormai ridotta ad area periferica di sfruttamento, estrazione e colonizzazione. E indovinate chi si era opposto? Papandreou. Quello che aveva anche osato parlare di referendum. Quello subito rimosso e sostituito dal banchiere della Commissione Trilaterale, amico di Monti, che a sua volta sta facendo più o meno le stesse cose qui da noi.

Italiani: che aria tira, lì, sul pero? Fa un bel fresco?
FREGATE, SOTTOMARINI E CACCIA
Quelle pressioni di Merkel e Sarkò per ottenere commesse militari


CORRIERE DELLA SERA - 13/02/2012 - p.5. I greci sono alla fame, ma hanno gli arsenali bellici pieni. E continuano a comprare armi. Quest'anno bruceranno il tre per cento del Pil (prodotto interno lordo) in spese militari. Solo gli Stati Uniti, in proporzione, si possono permettere tanto. Ma cosa spinge Atene a sperperare montagne di soldi? La paura dei turchi? No, è l'ingordigia della Merkel e di Sarkozy. I due leader europei mettono da mesi il governo greco con le spalle al muro: se volete gli aiuti, se volete rimanere nell'euro, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre belle navi da guerra.

 Le pressioni di Berlino sul governo di Atene per vendere armi sono state denunciate nei giorni scorsi da una stampa tedesca allibita per il cinismo della Merkel, che impone tagli e sacrifici ai cittadini ellenici e poi pretende di favorire l'industria bellica della Germania.
Fino al 2009 i rapporti fra Atene e Berlino andavano a gonfie vele, il governo greco era presieduto da Kostas Karamanlis (centrodestra), grande amico della Merkel. Gli anni di Karamanlis sono stati una vera manna per la Germania. «In quel periodo - ha calcolato una rivista specializzata - i produttori di armi tedeschi hanno guadagnato una fortuna». Una delle commesse di Atene riguardò 170 panzer Leopard, costati 1,7 miliardi di euro, e 223 cannoni dismessi dalla Bundeswehr, la Difesa tedesca.

 Nel 2008 i capi della Nato osservavano meravigliati le pazze spese in armamenti che facevano balzare la Grecia al quinto posto nel mondo come nazione importatrice di strumenti bellici. Prima di concludere il suo mandato di premier, Karamanlis fece un ultimo regalo ai tedeschi, ordinò 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp. Il successore, George Papandreou, socialista, si è sempre rifiutato di farseli consegnare. Voleva risparmiare una spesa mostruosa. Ma Berlino insisteva. Allora il leader greco ha trovato una scusa per dire no. Ha fatto svolgere una perizia tecnica dai suoi ufficiali della Marina, i quali hanno sentenziato che quei sottomarini non reggono il mare. Ma la verità, ha tuonato il vice di Papandreou, Teodor Pangalos, è che «ci vogliono imporre altre armi, ma noi non ne abbiamo bisogno». Gli ha dato ragione il ministro turco Egemen Bagis che, in un'intervista allo Herald Tribune, ha detto chiaro e tondo: «I sottomarini della Germania e della Francia non servono né ad Atene né ad Ankara».

 Tuttavia, Papandreou, alla disperata ricerca di fondi internazionali, non ha potuto dire di no a tutto. L'estate scorsa il Wall Street Journal rivelava che Berlino e Parigi avevano preteso l'acquisto di armamenti come condizione per approvare il piano di salvataggio della Grecia. E così il leader di Atene si è dovuto piegare. A marzo scorso dalla Germania ha ottenuto uno sconto, invece dei 4 sottomarini ne ha acquistati 2 al prezzo di 1,3 miliardi di euro. Ha dovuto prendere anche 223 carri armati Leopard II per 403 milioni di euro, arricchendo l'industria tedesca a spese dei poveri greci. Un guadagno immorale, secondo il leader dei Verdi tedeschi Daniel Cohn-Bendit. Papandreou ha dovuto pagare pegno anche a Sarkozy. Durante una visita a Parigi nel maggio scorso ha firmato un accordo per la fornitura di 6 fregate e 15 elicotteri. Costo: 4 miliardi di euro. Più motovedette per 400 milioni di euro.

 Alla fine la Merkel è riuscita a liberarsi di Papandreou, sostituito dal più docile Papademos. E i programmi militari ripartono: si progetta di acquisire 60 caccia intercettori. I budget sono subito lievitati. Per il 2012 la Grecia prevede una spesa militare superiore ai 7 miliardi di euro, il 18,2 per cento in più rispetto al 2011, il tre per cento del Pil. L'Italia è ferma a meno dello 0,9 per cento del Pil.

 Siccome i pagamenti sono diluiti negli anni, se la Grecia fallisce, addio soldi. Ma un portavoce della Merkel è sicuro che «il governo Papademos rispetterà gli impegni». Chissà se li rispetterà anche il Portogallo, altro Paese con l'acqua alla gola e al quale Germania e Francia stanno imponendo la stessa ricetta: acquisto di armi in cambio di aiuti.

 I produttori di armamenti hanno bisogno del forte sostegno dei governi dei propri Paesi per vendere la loro merce. E i governi fanno pressione sui possibili acquirenti. Così nel mondo le spese militari crescono paurosamente: nel 2011 hanno raggiunto i 1800 miliardi di dollari, il 50 per cento in più rispetto al 2001.

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