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13/09/2018

Potere al Popolo, che fare? Uno Statuto per definirne l’essenza

Potere al Popolo ha iniziato una discussione interna sul proprio Statuto che si concluderà con il voto di tutti gli aderenti indicativamente il 6/7 ottobre.

È opportuno ricordare che finora Potere al Popolo si è mosso con le regole provvisorie che si era dato come lista elettorale per il voto del 4 marzo. A differenza di altre coalizioni della sinistra radicale e smentendo le previsioni di malaugurio, PaP dopo il voto ha però continuato la sua attività, si è radicato in molti territori, ha registrato persino una crescita nei sondaggi che, per quel che valgono, lo danno al doppio del suo consenso del 4 marzo. Siccome Potere al Popolo ha continuato a organizzarsi e a lottare, era necessario che si desse una struttura stabile e legittimata da regole democratiche chiare.

Attualmente Potere al Popolo è composto da organizzazioni politiche laiche, socialiste, comuniste di cui la più grande è Rifondazione Comunista, da movimenti politico sociali come Eurostop, da militanti dei movimenti sociali, sindacali, ambientalisti, pacifisti. È bene rammentare come sia stato l’ Ex Opg di Napoli a dare via al percorso del movimento, e il successo della proposta è stato determinato dal fatto che in molte realtà, ai componenti delle forze fondatrici, si siano aggiunte tante persone, soprattutto giovani estranei ed esterni alle organizzazioni.

In pochi mesi la “lista Potere al Popolo” è diventato Potere al Popolo, un movimento politico con una propria iniziativa e una propria identità, seppure ovviamente con contraddizioni e incompletezze. Certo come forza elettorale PaP non ha sfondato, altrimenti il percorso della sua organizzazione sarebbe stato più facile, tuttavia la continuità e il successo di Potere al Popolo ci sono e questo implica scelte sia per le organizzazioni sia per le persone.

La questione di fondo è la sovranità democratica di PaP. È chiaro che i singoli militanti, soprattutto coloro che non appartengono ad alcuna organizzazione, reclamano una sovranità assoluta di PaP attraverso i suoi iscritti. Le organizzazioni invece hanno una propria sovranità e devono scegliere se e quanto di essa affidare alla casa comune di Potere al Popolo.

Il PCI ad esempio, che aveva partecipato alla lista elettorale, per queste ragioni ha deciso di abbandonare il percorso di PaP. Tutte le altre organizzazioni hanno deciso invece di parteciparvi, ma naturalmente la questione di fondo di chi decide e quanto decide, ha fatto emergere delle differenze che hanno portato nel coordinamento nazionale provvisorio alla stesura di due diverse ipotesi di statuto.

La prima viene proposta dai militanti dell’ex Opg e di Eurostop, ma non solo; l’altra da chi sta in Rifondazione Comunista e Sinistra Anticapitalista, ma anche qui non solo da parte di questi.

È bene sottolineare come le due differenti ipotesi hanno in comune il riconoscimento della procedura elettronica di iscrizione a Pap, la più grossa novità per una organizzazione che non vuole essere certo virtuale, ma invece stare nei territori, nei conflitti sociali, nelle lotte e nelle manifestazioni.

PaP vivrà, a partire dalle assemblee territoriali fino all’assemblea al coordinamento e ai portavoce nazionali, come una organizzazione militante di persone in carne ed ossa, che usano gli strumenti informatici per accrescere la loro partecipazione ed iniziativa concrete, non per sostituirle. Su questo c’è accordo ampio, inoltre entrambe le proposte accettano il principio della doppia iscrizione, cioè l’aderente di PaP può restare iscritto ad altre organizzazioni, anche ai partiti. Infine è comune la decisione di collocare Potere al Popolo nei progetti e nelle lotte di costruzione del socialismo del ventunesimo secolo, in alternativa al capitalismo.

Quali sono allora le differenze e perché hanno portato alla compilazione di due differenti progetti di statuto? In sintesi le differenze di fondo tra i due testi, che li percorrono in diversi punti, sono tutte riconducibili a tre temi centrali:

1) il ruolo dei partiti e delle esperienze della sinistra radicale italiana. Il primo progetto intende affermare l’assoluta indipendenza di PaP, anche dalle formazioni che hanno contribuito a fondarlo, le quali possono naturalmente influire sulle scelte del movimento, ma solo attraverso i propri iscritti, per i quali è appunto ammessa la doppia adesione. Inoltre il primo statuto propone una rottura con le passate e prevalenti esperienze della sinistra. Il secondo testo invece non accoglie questa rottura e cita esplicitamente le forze politiche organizzate come parte costituente di PaP.

2) Le modalità ed il potere di decisione. Per il primo progetto di statuto le decisioni, una volta tentata la via della scelta comune (come sarebbe sempre necessario), vanno prese con 50%+1 dei votanti aventi diritto. Per il secondo progetto invece la maggioranza dovrebbe essere dei 2/3.

3) Il primo progetto di statuto assegna il potere decisionale fondamentale alle assemblee degli iscritti, sia territoriali che nazionali, che scelgono la linea politica ed eleggono sia il coordinamento nazionale, sia i portavoce, i quali possono essere revocati in qualsiasi momento con apposite procedure indicate nello statuto. Il secondo statuto invece propone un più tradizionale modello piramidale, dove le assemblee territoriali eleggono i delegati che formano l’assemblea nazionale, mentre i portavoce sono eletti dal coordinamento nazionale. In entrambe le proposte il coordinamento nazionale è eletto in grande maggioranza come espressione dei territori ed in parte su una lista nazionale, anche se le procedure non sono le stesse.

Alla luce di queste differenze si comprende meglio quali siano le ragioni ispiranti le diverse proposte. Da un lato si vuole affermare uno stacco anche rispetto alle modalità organizzative tradizionali della sinistra radicale, dall’altro si vuole conservare continuità con esse. È un tema squisitamente politico, che alla fine tocca l’essenza dello stesso progetto di Potere al Popolo: quanto si punti ad esso come vero processo costituente di una forza indipendente pronta ad agire e lottare nell’Italia di oggi, o quanto invece lo si consideri solo un passaggio verso ulteriori aggregazioni politiche, tipo quarti poli della sinistra o simili.

Paradossalmente il primo progetto, che rivendica la totale indipendenza di PaP, è molto più “movimentista”, aperto nell’organizzazione e anche soggetto a decisioni non programmate né programmabili. Mentre il secondo, che nasce dalla dichiarata volontà di non costruire un partito, alla fine ripropone la struttura tradizionale e verticale delle organizzazione politiche, unita a modalità di votazione che favoriscono il diritto di veto di gruppo. Una discussione di questo genere non è ovviamente semplice e va dato atto a tutto il coordinamento nazionale di PaP di aver avuto il coraggio di esplicitare le proprie differenze e di averle rese disponibili per tutte e tutti i militanti.

Abbiamo accettato la sfida sin dall’inizio del percorso di Potere al Popolo, persuasi che, come dichiarato nella prima assemblea del 18 novembre, fosse venuto il momento “di fare tutto al contrario” rispetto a quanto già visto e verificato in una sinistra logorata e residuale. Per queste ragioni ci auguriamo che in Potere al Popolo prevalga l’impostazione del primo progetto di statuto, per la forza che ne riceverebbe tutto il percorso di PaP, senza per questo rinnegare o rinunciare a nulla delle esperienze delle quali, anche noi che scriviamo, facciamo parte. In ogni caso però questo coraggio della trasparenza e della democrazia sarà un successo.

Le proposte di Statuto in discussione

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