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06/11/2018

Veneto alluvionato, grazie a 23 anni di Lega al governo


Ha sollevato l’ironia del web la battutaccia del ministro-di-tutto, al secolo Salvini Matteo, secondo cui i disastri combinati dal maltempo soprattutto in Veneto sarebbero responsabilità degli “ambientalisti da salotto che governavano prima”.

Qualcuno gli ha ricordato – inutilmente, certo – che tra “quelli di prima” c’è anche la Lega, per quanto riguarda il governo nazionale, essendo stata presente in tutti i governi Berlusconi ed anche in quello Dini. Altri, con maggiore precisione, hanno sottolineato come la Lega sia continuativamente al governo del Veneto in solitaria o quasi da ben 23 anni (15 con Galan, poi arrestato, e ora 8 con Zaja). Dunque, qualche piccola responsabilità generica dovrebbero sentirsela sulle spalle.

Ma andare così a casaccio, come si usa fare nei social, non è molto utile. Si deve andare nei dettagli, vedere quali leggi e quali decisioni sono state prese nei decenni scorsi, in modo da poter individuare con precisioni le responsabilità: di chi e quali.

Ma ci vuole memoria e competenza. Proprio quella che non manca a Gianpaolo Bottacin, che ha messo a disposizione – su Facebook, peraltro – questa sintetica ma precisa ricostruzione di 50 anni di non gestione del territorio in Italia e specificamente nel Veneto.

Non servirà a tacitare lo sciacallo ridens, che se ne frega di tutto (e soprattutto della popolazione di questo paese). Ma sarà utile a chi vuol sapere con chi deve prendersela quando gli si alluviona la città...

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L’amara storia delle politiche di difesa del suolo inizia dopo le alluvioni del 1966, anno in cui fu istituita la Commissione De Marchi per lo studio della sistemazione idraulica e la difesa del suolo. La legge 193/1989 amplia il concetto di suolo, definendolo come «il suolo, il sottosuolo, gli abitanti e le opere infrastrutturali». Nel secolo scorso l’Italia ha registrato tra frane e alluvioni 10 mila vittime e 350 mila senza tetto. Tra il 1968-1992 i costi da dissesto a carico dello Stato sono stati pari a 75 miliardi di euro (G.U. del Senato 1992). L’Annuario Apat, limitatamente ai costi per fenomeni alluvionali, riporta un totale di 16 miliardi di euro tra il 1951 e il 2005. I soli danni strutturali dovuti all’alluvione del Po' del 2000 sono stati stimati in 5,6 miliardi di euro.

L’elevata criticità idrogeologica italiana riguarda 29.517 chilometri quadrati. Tutti i Piani di Assetto Idrogeologico (Pai) sono stati completati. La mappatura del territorio con definizione del livello di rischio costituisce il quadro operativo di ciò che si deve fare. Si continua, però, a morire per eventi che, con una grande dose di cinismo, sono definiti “naturali“. Dopo Sarno fu quantificata in 40 miliardi di euro la spesa per la messa in sicurezza del territorio italiano. Ma oltre lo Stato, l’altro soggetto con grande responsabilità è il Comune, che spesso non tiene conto dei Pai e concede permessi per edificare nelle aree a rischio, chiedendo poi interventi allo Stato.

Morfologia accidentata del territorio, scarsità di copertura vegetale, incremento degli eventi estremi meteorologici, tropicalizzazione dell’area mediterranea, impermeabilizzazione del territorio (a causa d’infrastrutture, insediamenti industriali e centri abitati), assenza di coordinamento tra gli strumenti di pianificazione territoriale e mancata valutazione negli strumenti valutativi (Via e Vas) dell’adattamento territoriale: tutto ciò non potrà che acuire i rischi connessi al dissesto.

Gli eventi di questi giorni in Veneto e in Sicilia devono determinare un movimento di denuncia e di dibattito nel Paese, affinché, nell’allegato infrastrutture al Def siano considerate opere strategiche quelle connesse alla difesa del suolo.

Leggendo insieme l’ultimo Rapporto dell’organismo internazionale sui cambiamenti climatici (Ipcc) si può tranquillamente affermare che l’Italia è uno dei paesi più a rischio del pianeta. Consumo medio di cemento: Europa 625 Kg per abitante, Italia 813. Si cavano, in Italia, quasi 300 milioni di metri cubi l’anno che rappresentano il 19% di quanto cavato in tutta Europa. Il suolo non cementificato assorbe 3,8 milioni di litri di acqua, che se volessimo trasportarla occorrerebbero 153 tir.

Inaccettabili, dunque, le parole del ministro degli interni Matteo Salvini su presunte colpe dell’ambientalismo. Dimentica che il suo partito ha approvato una delle leggi killer per il suolo: la Legge Obiettivo o legge Lunardi, ancora oggi vigente nei procedimenti, malgrado l’abrogazione avvenuta con il codice appalti (vedi procedimento Valdastico Nord, alta velocità Verona-Vicenza).

La Lega che parla di abusivismo fa bene ma è poco credibile, se si considerano la Pedemontana veneta, la Valdastico Sud, i giochetti per la Pedemontana lombarda (come emerge dall’indagine “Breakfast” del Procuratore Cafiero De Raho).

Veneto e Lombardia sono al primo posto per consumo di suolo: a fronte di un dato medio per l’Italia 7,64%, le due regioni sono rispettivamente al 12,21% e al 12,96%. Un Veneto che in 40 anni ha consumato, limitatamente al territorio di pianura e di collina quasi 152 mila ettari di suolo agrario pari a 10,4 ettari al giorno (fonte: professor Tempesta dell’Università di Padova e il Rapporto Ispra sul consumo di suolo). Sempre in 40 anni, in Veneto il suolo agricolo urbanizzato sarebbe stato pari a 180 mila ettari.

Ridicola la legge di Zaia & C. sull’azzeramento del consumo di suolo nel 2050 (sic). Furbescamente vengono esclusi dal conteggio quasi 13 mila ettari per le infrastrutture come i circa 13 mila ettari per le trasformazioni dei suoli liberi nelle aree urbanizzate. In una regione che gli eventi dal 1966 hanno dimostrato essere idrogeologicamente fragile e ancor più oggi, con gli effetti del riscaldamento globale.

Il suolo è la pelle del mondo, una risorsa non rinnovabile. La disgrazia è che l’unica voce autorevole a urlarlo è quella di Papa Francesco nell’enciclica “Laudato si”. Ovviamente inascoltato.

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