A pochi giorni dallo sgombero di Baobab Experience abbiamo chiesto qualche commento a freddo ad Andrea Costa, uno dei responsabili della struttura di accoglienza.
Com’è la situazione a qualche giorno dallo sgombero, effettuato – lo ricordiamo – senza una soluzione certa per tutti quelli che vivevano lì?
“Solo una parte degli ospiti presenti al campo hanno trovato una ricollocazione nel circuito dell’accoglienza ufficiale, per cui siamo con circa settanta persone in mezzo ad una strada davanti alla stazione Tiburtina, all’ingresso est, a piazzale Spadolini. Continuiamo a cercare tramite la sala operativa una sistemazione, il posto non c’è, si passa la notte sotto il cielo di Roma. Noi continuiamo ad offrire i pasti, colazioni, pranzo, cena, forniamo assistenza medica. Ieri c’erano Medici per i Diritti Umani, Medici Senza Frontiere, continuiamo a fornire assistenza legale. Devo dire con molto piacere notiamo che, alla faccia di quello che vorrebbero farci leggere i giornali, cittadini esasperati e non so cosa, c’è un via vai continuo di cittadinanza, libere cittadine e liberi cittadini, che portano coperte, thermos con bevande calde, crostate... Una bella solidarietà che questi ragazzi meritano tutta”.
Abbiamo letto che, tra i motivi dello sgombero, c’erano le lamentele dei residenti della zona. Ma in zona non ci sono abitazioni, nel giro di almeno due chilometri.
“Siamo alle comiche, non ci sono residenti, in quella zona non davano fastidio a nessuno. Paradossalmente è a causa di questo sgombero, dovuto anche al decreto cosidetto “sicurezza”, che i migranti adesso sono davanti alla stazione. Prima stavano in un campo che anche chi veniva a portare donazioni aveva difficoltà a trovare”.
E’ possibile creare un collegamento tra questa azione di forza, questo sgombero, e la riuscita manifestazione di sabato scorso (di cui come sempre si è parlato pochissimo, ndr)?
“Un po’ il buon esito della manifestazione, un po’ il fatto che il Baobab questi anni non solo ha fatto accoglienza, ma è stato un po’ la spina nel fianco delle politiche governative sul tema dell’immigrazione, e quando dico questo non parlo solo di Salvini. Il “papà” del decreto sicurezza di Salvini ha un nome, ed è il decreto Minniti, c’è un filo che lega queste logiche securitarie riguardo all’immigrazione”.
Parliamo del Comune di Roma: Baobab fin dall’inizio è intervenuto risolvendo grossi problemi di gestione del flusso di migranti nella nostra città. Un numero altissimo di persone accolte e tolte dalla strada. Non è paradossale che una istituzione che non ha risorse non sostenga una realtà che a costo zero risolve un problema di questa entità?
“80.000 persone. 80.000 immigrati accolti e gestiti. Questa è una cosa che va detta, una questione che in qualche misura ci siamo anche posti. E’ così, abbiamo lavorato gratis per il Comune. Quegli ottantamila che abbiamo fatto transitare, a cui abbiamo dato assistenza medica, alloggio, trovandogli attività da fare, corsi, visite ai musei, ai monumenti, attività sportive... lo abbiamo fatto volentieri e volontariamente, ma abbiamo aiutato le amministrazioni facendo risparmiare anche un bel po’ di soldi. Tutte queste persone avrebbero transitato nelle strade di Roma cercando accoglienza e riparo un po’ ovunque, come fa l’essere umano quando deve sopravvivere e come avremmo fatto anche noi. Si, riteniamo che il Comune debba dirci grazie, invece di farci sgomberare”.
Avete rapporti con l’attuale amministrazione?
“Si, per forza. Ci occupiamo di gente che sta in mezzo alla strada, per forza dobbiamo rapportarci con chi le strade le gestisce. Siamo sempre stati pronti al confronto, sedendoci al tavolo delle trattative, e quasi sempre le promesse non sono state rispettate. Questa volta, voglio dirlo, hanno fatto uno sforzo, collocando 120 persone, da una settimana prima dello sgombero fino al giorno dopo. Uno sforzo che poteva essere fatto prima, evitando di arrivare ad uno sgombero”.
L’attuale amministrazione pone la legalità come riferimento centrale delle sue politiche. Legalità che si trasforma in alcuni casi in legalitarismo. Come vi ponete di fronte a questo aspetto? La vostra attività rispetto al concetto di giustizia sociale è indispensabile e inattaccabile, anche se a volte tecnicamente può avere caratteristiche di illegalità.
“C’è un discorso ampio da fare rispetto al concetto di legalità quando si parla della vita, della morte e dell’esistenza di donne e uomini in fuga dal loro paese, che hanno fatto viaggi tremendi, che hanno subito torture, vittime di abusi da sempre. Io credo che questo concetto di legalità sia veramente surreale. Lo dico con una specie di slogan: queste persone con la legalità ci fanno poco, sono persone che chiedono giustizia. Non sempre giustizia fa rima con legalità: io credo che sia un momento di grande e necessaria disobbedienza civile, penso all’azione di Mimmo Lucano a Riace, ai boy scout che a Ventimiglia sfidano il divieto di dare da bere e da mangiare ai migranti, è qualcosa che attraversa i movimenti, laici, religiosi, più politicizzati, meno politicizzati. E’ il momento di dire che con la legalità ci si fa poco, e che quella che loro chiamano legalità sarebbe molto più rispettata se queste persone fossero molto più accolte. Investire in accoglienza è investire in sicurezza, investire in accoglienza è togliere manovalanza alla criminalità organizzata, investire in accoglienza è togliere terreno a fondamentalismo e integralismo”.
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