Il Financial Times riferisce che l’Unione Europea resta “scettica” verso le avance della Cina per rafforzare le relazioni economiche reciproche di fronte all’aggressiva guerra commerciale scatenata da Trump.
Alcune delegazioni economiche da Pechino sono state inviate nelle capitali europee nelle ultime settimane, mentre numerose fabbriche cinesi stanno valutando se e come ri-orientare le proprie merci verso i mercati europei.
Il presidente cinese Xi Jinping incontrando la scorsa settimana il premier spagnolo Pedro Sanchez, in visita a Pechino, ha dichiarato che la Cina e la UE dovrebbero “resistere congiuntamente al bullismo unilaterale” del presidente Trump.
Il Financial Times riferisce che anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha affermato durante un colloquio con il premier cinese Li Qiang che le due parti dovrebbero collaborare per offrire “stabilità e prevedibilità” all’economia globale.
Ma, secondo il quotidiano economico britannico, un miglioramento nei rapporti Ue-Cina “dovrebbe superare profonde divergenze riguardo all’enorme surplus commerciale cinese, agli ostacoli per accedere al suo mercato interno e al sostegno implicito di Pechino alla guerra russa in Ucraina”.
Per l’Unione Europea una maggiore interlocuzione con la Cina sarebbe un obiettivo punto di forza nelle trattative con gli USA in materia di dazi commerciali, ma le classi dirigenti europee in questi anni ci hanno abituato a scelte suicide in nome della comune identità occidentale (dalla chiusura in Germania del gasdotto North Stream al congelamento dell’Italia del memorandum sulla Via della Seta). Gli effetti sui costi dell’energia e i progetti infrastrutturali sono stati ben visibili, in negativo.
Contestualmente, un altro articolo sul quotidiano economico statunitense Wall Street Journal, rileva come l’amministrazione Trump punti a sfruttare i negoziati sui dazi con i partner commerciali degli Stati Uniti proprio come leva per convincerli a limitare i loro rapporti economici con la Cina.
L’obiettivo dell’amministrazione Trump, secondo il Wall Street Journal, è quello di ottenere impegni tesi a isolare l’economia cinese da parte degli oltre 70 Paesi che negozieranno una riduzione delle barriere commerciali e tariffarie imposte dalla Casa Bianca.
L’amministrazione Trump intende chiedere a chi plasticamente starebbe in fila per “baciargli il culo”, di non permettere il transito delle merci cinesi, di vietare alle aziende cinesi di stabilirsi sui loro territori per aggirare i dazi Usa, e di non assorbire i beni industriali a basso costo provenienti dalla Cina.
Queste misure, per il Wall Street Journal, dovrebbero costringere Pechino a sedersi al tavolo delle trattative con gli USA da una posizione di debolezza in vista di un possibile incontro tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping. Le richieste avanzate da Washington potrebbero variare notevolmente da paese a paese a seconda del loro grado di interdipendenza con l’economia cinese. Ma su questo pesano anche fattori geopolitici e non solo economici.
Resta da vedere se il “potere di persuasione” degli Usa sia ancora quello che Trump spera di avere nelle sue piene disponibilità. Il mondo di oggi appare piuttosto diverso da quello in cui il Washington consensus era un fattore decisivo.
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