di Guido Salerno Aletta
Che Alitalia sia stata spolpata, è dire poco. La scusa era sempre una ed una sola: il personale di volo sindacalizzato e troppo costoso, e soprattutto con la élite dei piloti che facevano il bello ed il cattivo tempo.
Diversi fattori hanno determinato questa deriva.
In primo luogo, in Italia la liberalizzazione del trasporto aereo è stata selvaggia, così come è accaduto nel settore televisivo, con la apertura di aeroporti di secondo e terzo livello un po' dappertutto, soprattutto nelle aree ricche della Lombardia e del Veneto.
C'è stato poi il cambiamento epocale determinato sul piano degli aeroporti internazionali dall'avvento di velivoli bimotore a grande capacità, al posto dei precedenti quadrimotori, abilitati all'attraversamento degli oceani che hanno reso obsoleta la strategia degli "hub and spike" che aveva dominato fino agli anni Ottanta. Malpensa, per nulla collegata con Milano neppure per ferrovia, era stata pensata per essere raggiunta solo in aereo da altri scali italiani e di altri Paesi vicini come l'Austria e la stessa Germania, per essere la rampa verso oltre Atlantico, negli Usa ed in Sud America. Se l'aeroporto di Monaco di Baviera fu più veloce nel diventare un hub, Malpensa fu realizzata quando l'idea stessa di hub era diventata commercialmente "inutile": al massimo, poteva prendere il posto di Fiumicino, con l'area di quest'ultimo aeroporto che era pronta per essere trasformata in una nuova periferia alle porte di Roma, usando anche il gigantesco polmone verde di Maccarese, un'area a nord che era stata mantenuta ad uso esclusivamente agricolo per via dei vincoli posti in relazione alle piste.
L'idea di spostare la base di armamento di Alitalia a Malpensa, per farne l'unico aeroporto internazionale riducendo Linate al solo traffico nazionale, fu costosissima e disfunzionale: Malpensa non era ben collegata a Milano e al sistema autostradale e ferroviario. Era assai meglio partire direttamente dagli altri aeroporti: da Brescia a Verona, da Treviso a Parma, è stato tutto un fiorire.
L'alternativa tra Malpensa e Fiumicino è stata devastante, anche perché, mentre Linate era oggettivamente una sede troppo piccola e priva di spazi liberi per l'espansione al fine di concentrarvi uno sviluppo del traffico adeguato per l'intero bacino lombardo, il più ricco d'Italia dal punto di vista del business, Fiumicino era un aeroporto assolutamente troppo lontano.
Vittima di questa incertezza strategica interna, Alitalia è stata fatta a brandelli: tutti alla ricerca dei suoi pezzi migliori, dagli slot più appetibili alle attività di manutenzione in conto terzi che fruttavano ricchi proventi, con una flotta di lungo raggio sempre più striminzita, focalizzatasi inutilmente ai tempi di CAI sulla tratta Roma Fiumicino-Milano Linate che in breve è stata sostituita dall'Alta velocità ferroviaria.
È stata assai triste l'agonia di Alitalia, con tutte le gestioni che si sono susseguite: fatta eccezione per CAI, tutta italiana ma che ne ha zavorrato subito la gestione con gli aeromobili ceduti da AirOne vendendo pezzi dell'azienda a destra ed a manca, ciascuna con un partner estero o con una alleanza commerciale internazionale di riferimento, da KLM ad Air France, passando per Etihad, hanno cercato di sifonare il traffico con destinazione intercontinentale dell'Italia per riversarlo sui propri aeroporti. L'alternativa, è rappresentata dai voli che vanno dall'Italia verso gli aeroporti principali di Spagna, Gran Bretagna e Germania, da dove partono voli intercontinentali a prezzo competitivo.
Il dato cruciale è dunque il traffico intercontinentale, assai profittevole per la linea aerea che lo gestisce: in Italia, ci sono sostanzialmente ancora solo Fiumicino e Malpensa. Ma Alitalia, essendo stata controllata in modo indiretto da partner stranieri e concentrata sulla tratta Fiumicino-Linate ai tempi di CAI, non ha una flotta di aerei idonei al lungo raggio che le consenta di sfruttare questo bacino di traffico molto redditizio.
Per di più, i voli internazionali in partenza ed in arrivo in Italia sono stati gestiti da Alitalia in sharing commerciale con i partner, ma con i posti venduti all'ingrosso a prezzo di costo, "vuoto per pieno": ha gli aerei sempre pieni, ma incassa poco. La politica commerciale è tutto: non basta riempire i posti.
Inutile parlare del traffico aereo interno: è tutto nelle mani delle compagnie low-cost, che fanno come vogliono. Incassano i contributi erogati dalle amministrazioni locali che vogliono alimentare i flussi turistici, aumentano i prezzi a seconda delle stagioni, dei giorni della settimana e delle ore per riempire al meglio i velivoli. Ottimizzano tutto, al massimo: quando la domanda sale, aumentano i prezzi. Quando langue, li abbassano e chiudono le tratte: questo è il mercato.
Neppure le ultime vicende di ITA suscitano molto entusiasmo: se si è trattato della cessione del ramo di azienda "Aviation", che lo Stato italiano ha rilevato dall'amministrazione straordinaria di Alitalia senza accollarsi gli altri debiti e le numerosissime pendenze aziendali, non potrebbe limitarsi a prendere in carico solo gli aeromobili e gli slot di traffico, lasciando al futuro cessionario Lufthansa la possibilità di scegliersi il solo personale della ex-Alitalia che serve alla gestione della nuova compagnia denominata ITA.
Lo Stato italiano, che ha fondato ITA e che ne è attualmente l'unico proprietario, deve accollarsi tutto il personale ex-Alitalia: questa è la regola europea per la cessione del ramo di azienda. Per questo si è fermata la cessione a Lufthansa, che vuole vederci chiaro.
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15/09/2023
17/06/2023
Alitalia – ITA, il tribunale di Roma scardina il segreto voluto da UE e governi italiani
Oggi 15 giugno è stato depositato, sulla base della produzione del contratto di cessione segreto Ita-Alitalia, il dispositivo della prima sentenza favorevole a 77 dipendenti ex Alitalia, tra cui molte donne, che sono stati tutti reintegrati nel posto di lavoro vedendosi riconosciuto anche il diritto a un anno e mezzo di arretrati. Una prima tappa contro l’ingiustizia e la disapplicazione delle leggi italiane, con il riconoscimento da parte del giudice del Lavoro di Roma che il contratto con il quale è nata ITA – ostinatamente tenuto segreto da un’azienda a capitale pubblico – altro non era che una cessione di ramo d’azienda.
USB esprime oggi grande soddisfazione ma non può fare a meno di sottolineare con rabbia come non sia stata ascoltata nella sua dura critica alla nascita di ITA, basata su un progetto industriale enormemente limitato che, invece di essere un volano dopo la ripresa economica e post pandemica, provoca oggi l’attesa messianica dell’ingresso di Luftansa, un ingresso senza garanzie di sviluppo e chiaramente già scritto nei piani di Bruxelles quando la UE decretò la condanna a morte di Alitalia. Tutto già scritto e tutto denunciato fin dal primo momento da USB, con assemblee, manifestazioni e convegni fin sotto le finestre del Parlamento e del governo.
ITA avrebbe dovuto dare lavoro a tutta una platea di dipendenti dei vettori, dopo il commissariamento di Alitalia, le crisi del 2020 e le chiusure di AirItaly, di Blue Panorama ed altre. Invece la discontinuità si è trasformata in assunzioni privilegiate senza oggettività e proprio in questi giorni assistiamo alle stabilizzazioni di CTD provenienti da altri bacini e da compagnie low cost mentre migliaia sono ancora i lavoratori a casa pagati dallo Stato.
Sono più di 1.100 le cause pendenti per chiedere la reintegra nel posto di lavoro e a queste potrebbero adesso seguirne altre da parte dei 3500 dipendenti che non hanno avviato i ricorsi e che oggi sono ancora in Cigs (saltuariamente pagata) a zero ore, scesi in piazza questa mattina con USB a Roma per reclamare reddito e lavoro. La stima dei costi in caso di ulteriori vittorie dei ricorrenti è di parecchie decine di milioni di euro, tali da mettere in discussione la svendita a Lufthansa.
Grave quindi è stata l’imprudenza della politica tutta: dei ministri dell’Economia Franco (governo Draghi) e poi di Giorgetti con l’attuale governo Meloni, che hanno forzato in ogni modo il passaggio di discontinuità negando le leggi italiane; del management di Ita Alfredo Altavilla, responsabile di spaventose discriminazioni nelle assunzioni, in un percorso condiviso dal sindacato confederale e di categoria nell’accettazione di contratti al ribasso e oggi del salario d’ingresso. Si tratta di modalità che neppure oggi sono state corretto dall’attuale management cioè dal presidente Turicchi e dall'AD Lazzerini.
Ora le conseguenze potrebbero essere anche politiche, oltre che economiche. Soprattutto, ci deve essere una severa valutazione dell’operato degli attori che con disinvoltura hanno distrutto un’azienda e messo migliaia di famiglie in enorme difficoltà. Calpestando oltretutto le leggi della Repubblica Italiana, con l’ostinata segretezza imposta al contratto che ha sancito la trasformazione di Alitalia in ITA, un segreto di pulcinella, scardinato oggi per la prima volta dal giudice del lavoro del Tribunale di Roma.
USB Lavoro Privato
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USB esprime oggi grande soddisfazione ma non può fare a meno di sottolineare con rabbia come non sia stata ascoltata nella sua dura critica alla nascita di ITA, basata su un progetto industriale enormemente limitato che, invece di essere un volano dopo la ripresa economica e post pandemica, provoca oggi l’attesa messianica dell’ingresso di Luftansa, un ingresso senza garanzie di sviluppo e chiaramente già scritto nei piani di Bruxelles quando la UE decretò la condanna a morte di Alitalia. Tutto già scritto e tutto denunciato fin dal primo momento da USB, con assemblee, manifestazioni e convegni fin sotto le finestre del Parlamento e del governo.
ITA avrebbe dovuto dare lavoro a tutta una platea di dipendenti dei vettori, dopo il commissariamento di Alitalia, le crisi del 2020 e le chiusure di AirItaly, di Blue Panorama ed altre. Invece la discontinuità si è trasformata in assunzioni privilegiate senza oggettività e proprio in questi giorni assistiamo alle stabilizzazioni di CTD provenienti da altri bacini e da compagnie low cost mentre migliaia sono ancora i lavoratori a casa pagati dallo Stato.
Sono più di 1.100 le cause pendenti per chiedere la reintegra nel posto di lavoro e a queste potrebbero adesso seguirne altre da parte dei 3500 dipendenti che non hanno avviato i ricorsi e che oggi sono ancora in Cigs (saltuariamente pagata) a zero ore, scesi in piazza questa mattina con USB a Roma per reclamare reddito e lavoro. La stima dei costi in caso di ulteriori vittorie dei ricorrenti è di parecchie decine di milioni di euro, tali da mettere in discussione la svendita a Lufthansa.
Grave quindi è stata l’imprudenza della politica tutta: dei ministri dell’Economia Franco (governo Draghi) e poi di Giorgetti con l’attuale governo Meloni, che hanno forzato in ogni modo il passaggio di discontinuità negando le leggi italiane; del management di Ita Alfredo Altavilla, responsabile di spaventose discriminazioni nelle assunzioni, in un percorso condiviso dal sindacato confederale e di categoria nell’accettazione di contratti al ribasso e oggi del salario d’ingresso. Si tratta di modalità che neppure oggi sono state corretto dall’attuale management cioè dal presidente Turicchi e dall'AD Lazzerini.
Ora le conseguenze potrebbero essere anche politiche, oltre che economiche. Soprattutto, ci deve essere una severa valutazione dell’operato degli attori che con disinvoltura hanno distrutto un’azienda e messo migliaia di famiglie in enorme difficoltà. Calpestando oltretutto le leggi della Repubblica Italiana, con l’ostinata segretezza imposta al contratto che ha sancito la trasformazione di Alitalia in ITA, un segreto di pulcinella, scardinato oggi per la prima volta dal giudice del lavoro del Tribunale di Roma.
USB Lavoro Privato
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29/05/2023
ITA, Lufthansa procede nell’acquisizione a prezzi di saldo
Giovedì 25 è stata la diffusa la nota del Mef che “confermava la conclusione dell’accordo di investimento…” in ITA, da parte della holding Lufthansa. Un messaggio ambiguo sulla effettiva sottoscrizione che apre un piccolo giallo. In ogni caso c’è l’affermazione del graduale disimpegno dello Stato e dell’ingresso del gruppo di Francoforte che acquisisce la piccola compagnia ITA pagandola a prezzi di saldo, una cifra intorno ai 350 mln di euro.
Un matrimonio molto discutibile guardando agli interessi italiani. Oramai il mercato italiano, il secondo in Europa, negli ultimi decenni è stato lasciato nelle mani di Ryanair impoverendo le risorse e gli introiti fiscali dello Stato. Dal canto suo ITA chiude l’esercizio con una perdita oltre i 480 mln di euro.
Fuori da questo accordo al momento i 3700 cassaintegrati del bacino Alitalia in attesa di lavoro che hanno attivato i contenziosi. È questo il limite più grande dell’operazione del ministro Giorgetti che si trova a garantire all’AD Carsten Spohr che non ricadranno sulle sue spalle esclusioni illegittime dalle assunzioni.
Dalle notizie emerse sugli obiettivi del piano industriale, USB non può che criticare il ruolo ancillare al quale sarà relegata ITA. La dimensione della piccola ITA sarà funzionale ai processi industriali della compagnia tedesca e nulla di più. Niente sviluppo nessuno spazio commerciale fuori dalla previsione.
Dal canto nostro, USB ricorda a Lufthansa che i lavoratori in piazza giovedì 25 per l’occupazione e le richieste sugli ammortizzatori sociali non faranno nessun passo indietro. Sarebbe molto sano per tutti trovare soluzioni negoziali per restituire ai dipendenti tutto ciò che è stato ingiustamente tolto.
USB Lavoro Privato
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Un matrimonio molto discutibile guardando agli interessi italiani. Oramai il mercato italiano, il secondo in Europa, negli ultimi decenni è stato lasciato nelle mani di Ryanair impoverendo le risorse e gli introiti fiscali dello Stato. Dal canto suo ITA chiude l’esercizio con una perdita oltre i 480 mln di euro.
Fuori da questo accordo al momento i 3700 cassaintegrati del bacino Alitalia in attesa di lavoro che hanno attivato i contenziosi. È questo il limite più grande dell’operazione del ministro Giorgetti che si trova a garantire all’AD Carsten Spohr che non ricadranno sulle sue spalle esclusioni illegittime dalle assunzioni.
Dalle notizie emerse sugli obiettivi del piano industriale, USB non può che criticare il ruolo ancillare al quale sarà relegata ITA. La dimensione della piccola ITA sarà funzionale ai processi industriali della compagnia tedesca e nulla di più. Niente sviluppo nessuno spazio commerciale fuori dalla previsione.
Dal canto nostro, USB ricorda a Lufthansa che i lavoratori in piazza giovedì 25 per l’occupazione e le richieste sugli ammortizzatori sociali non faranno nessun passo indietro. Sarebbe molto sano per tutti trovare soluzioni negoziali per restituire ai dipendenti tutto ciò che è stato ingiustamente tolto.
USB Lavoro Privato
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07/04/2023
Le liste nere inappellabili delle linee aeree: una tirannia, non una misura di sicurezza
Ha fatto notizia, la settimana scorsa, il passeggero finito sulla black list di RyanAir perché, in un diverbio, ha apostrofato lo steward con una parola volgare. Ora il 59enne, Carlo Chiaravalloti, di Buccinasco (Milano) ha annunciato una azione legale per togliere il divieto di volare, inflittogli dal vettore.
Speriamo che lo faccia per davvero. Perché sarebbe ora che la magistratura indaghi sulla totale impunibilità e discrezionalità di cui godono le linee aeree nel decidere chi rifiutare per sempre sui propri voli, per motivi anche insignificanti e senza la possibilità di ricorrere presso le compagnie stesse.
Un sistema tirannico che non può che prestarsi ad arbitri e ad abusi.
La UILtrasporti ha sempre difeso le liste nere invocando, proprio come RyanAir nel commentare il caso del sig. Chiaravalloti, la necessità di escludere “le persone potenzialmente pericolose“, per garantire la sicurezza degli altri passeggeri.
Invece si ha l’impressione che le aziende si preoccupano, in realtà, soprattutto dei loro profitti: cercare di capire i problemi particolari dei clienti – e di escogitare soluzioni adeguate – costa tempo e quindi danaro. Non vogliono saperne. I passeggeri devono essere soldatini ubbidienti, pagare e seguire gli ordini. Punto.
Infatti, quale sarebbe la “potenziale pericolosità” rappresentata dall’imprenditore (!) lombardo che, per motivi medici, doveva rifare pipì prima della discesa dell’aereo, anche se lo steward aveva già pulito il bagno? Nei fatti ha ottenuto ragione grazie alla sua insistenza, senza portare alcun pregiudizio per il volo. Ma poi è finito sulla “lista nera” lo stesso, a causa della sua insistenza.
E quale sarebbe la “potenziale pericolosità” posta in essere da chi scrive, finita sulla lista nera della Ryan anche lei lo scorso 30 gennaio?
Io avevo insistito, al check in, sul mio diritto di portare un certo trolley a bordo di un volo Fuerteventura-Bergamo Orio al Serio. Eccedeva di 2 cm, ma ho informato gli impiegati di una sentenza del tribunale di Madrid (no. 373/2019) che aveva condannato proprio Ryanair per un caso simile, in quanto chiedere il supplemento per una minuscola eccedenza violava l’articolo 97 della legge spagnola sui trasporti.
La mia argomentazione non ha fatto breccia e quindi ho dovuto accettare di pagare il supplemento... per scoprire poi che dagli impiegati non lo accettavano più in quanto avevo fatto loro “perdere” troppo tempo.
In pratica, il mio contestare aveva creato un pericolo reale – non per il volo, ma per i profitti aziendali, basati su imbarchi e sbarchi con zero inceppi. Ed io ero diventata un inceppo.
Essendo il volo l’ultimo della serata, ho dovuto poi pagare un albergo per pernottare e un biglietto aereo a prezzo pieno con una compagnia diversa l’indomani: per me un salasso. E non parlo dello stress mentale e fisico, dovuto all’arrogante e sprezzante trattamento degli impiegati davanti ad una donna sola in un aeroporto che chiudeva di notte.
La mia contestazione legale avrebbe costituito, dunque, una “potenziale pericolosità“? Quando mai! Il rifiuto d’imbarco è legittimo nei confronti di chiunque ponga un reale pericolo al volo, ma non per punire chi chiede il rispetto di una legge vigente nel paese in cui opera una linea aerea.
Purtroppo, con certi vettori niente da fare. Devi essere, come dicevo, un soldatino pronto a credere, ubbidire e... pagare senza fiatare e senza discutere. Altrimenti, se apri bocca, diventi una minaccia per la sicurezza del volo e finisci sulla lista nera, senza giustificazione né appello.
Questa prepotenza delle linee aeree, quelle low cost in particolare, deve finire. Speriamo in un intervento chiarificatore da parte della magistratura.
Fonte
Speriamo che lo faccia per davvero. Perché sarebbe ora che la magistratura indaghi sulla totale impunibilità e discrezionalità di cui godono le linee aeree nel decidere chi rifiutare per sempre sui propri voli, per motivi anche insignificanti e senza la possibilità di ricorrere presso le compagnie stesse.
Un sistema tirannico che non può che prestarsi ad arbitri e ad abusi.
La UILtrasporti ha sempre difeso le liste nere invocando, proprio come RyanAir nel commentare il caso del sig. Chiaravalloti, la necessità di escludere “le persone potenzialmente pericolose“, per garantire la sicurezza degli altri passeggeri.
Invece si ha l’impressione che le aziende si preoccupano, in realtà, soprattutto dei loro profitti: cercare di capire i problemi particolari dei clienti – e di escogitare soluzioni adeguate – costa tempo e quindi danaro. Non vogliono saperne. I passeggeri devono essere soldatini ubbidienti, pagare e seguire gli ordini. Punto.
Infatti, quale sarebbe la “potenziale pericolosità” rappresentata dall’imprenditore (!) lombardo che, per motivi medici, doveva rifare pipì prima della discesa dell’aereo, anche se lo steward aveva già pulito il bagno? Nei fatti ha ottenuto ragione grazie alla sua insistenza, senza portare alcun pregiudizio per il volo. Ma poi è finito sulla “lista nera” lo stesso, a causa della sua insistenza.
E quale sarebbe la “potenziale pericolosità” posta in essere da chi scrive, finita sulla lista nera della Ryan anche lei lo scorso 30 gennaio?
Io avevo insistito, al check in, sul mio diritto di portare un certo trolley a bordo di un volo Fuerteventura-Bergamo Orio al Serio. Eccedeva di 2 cm, ma ho informato gli impiegati di una sentenza del tribunale di Madrid (no. 373/2019) che aveva condannato proprio Ryanair per un caso simile, in quanto chiedere il supplemento per una minuscola eccedenza violava l’articolo 97 della legge spagnola sui trasporti.
La mia argomentazione non ha fatto breccia e quindi ho dovuto accettare di pagare il supplemento... per scoprire poi che dagli impiegati non lo accettavano più in quanto avevo fatto loro “perdere” troppo tempo.
In pratica, il mio contestare aveva creato un pericolo reale – non per il volo, ma per i profitti aziendali, basati su imbarchi e sbarchi con zero inceppi. Ed io ero diventata un inceppo.
Essendo il volo l’ultimo della serata, ho dovuto poi pagare un albergo per pernottare e un biglietto aereo a prezzo pieno con una compagnia diversa l’indomani: per me un salasso. E non parlo dello stress mentale e fisico, dovuto all’arrogante e sprezzante trattamento degli impiegati davanti ad una donna sola in un aeroporto che chiudeva di notte.
La mia contestazione legale avrebbe costituito, dunque, una “potenziale pericolosità“? Quando mai! Il rifiuto d’imbarco è legittimo nei confronti di chiunque ponga un reale pericolo al volo, ma non per punire chi chiede il rispetto di una legge vigente nel paese in cui opera una linea aerea.
Purtroppo, con certi vettori niente da fare. Devi essere, come dicevo, un soldatino pronto a credere, ubbidire e... pagare senza fiatare e senza discutere. Altrimenti, se apri bocca, diventi una minaccia per la sicurezza del volo e finisci sulla lista nera, senza giustificazione né appello.
Questa prepotenza delle linee aeree, quelle low cost in particolare, deve finire. Speriamo in un intervento chiarificatore da parte della magistratura.
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28/03/2023
Germania paralizzata dallo sciopero dei trasporti
Ci sono paesi in cui ti pagano 500 euro al mese e ti dicono pure che sei un ingrato a non ringraziare (è l’Italia, come sapete da soli). Altri dove, giustamente, si chiedono 500 euro di aumento salariale per far fronte all’inflazione.
Sono entrambi paesi dell’Unione Europea e, per somma ingiuria, quello in cui si chiedono questi aumenti è addirittura quello in cui il costo della vita è inferiore al nostro. È la Germania.
Lì, ieri, si è tenuto uno dei più grandi scioperi dei trasporti pubblici degli ultimi decenni è stato indetto per ottenere aumenti per tenere il passo con l’aumento dell’inflazione.
I lavoratori dei trasporti hanno scioperato per 24 ore, il che ha naturalmente portato alla sospensione della maggior parte dei servizi di treni, tram, autobus e traghetti e ha costretto alla cancellazione della maggior parte dei voli.
I lavoratori delle ferrovie, del trasporto pubblico locale, del personale di terra degli aeroporti e di altri settori hanno iniziato a scioperare nella tarda serata di domenica per fare pressione sul governo nel tentativo di negoziare aumenti salariali superiori al 10% per tenere il passo effettivo dell’inflazione (intorno a quella soglia).
Il “mega-sciopero”, come è stato descritto dai media tedeschi, è stato indetto da due dei maggiori sindacati del Paese: Verdi, che rappresenta i lavoratori del settore pubblico, ed EVG, che rappresenta i lavoratori delle ferrovie.
Lo sciopero, che ha visto la partecipazione di 155.000 lavoratori, è stata la più grande azione dei lavoratori dei trasporti dagli anni ’90 ad oggi, ma soprattutto è stato un avvertimento su ciò che potrebbe accadere nel caso i negoziati continuino a segnare il passo.
Lo sciopero “ha lo scopo di rendere ancora una volta inequivocabilmente chiaro ai datori di lavoro che i lavoratori sostengono chiaramente le nostre richieste”, ha dichiarato Frank Werneke, responsabile dei Verdi.
La natura generale dello sciopero tedesco è ancora ben lontana da quella degli scioperi nella vicina Francia, dove centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza regolarmente, a volte scontrandosi con la polizia, in risposta alla decisione del governo di innalzare l’età legale di pensionamento a 64 anni da 62. Oltralpe, insomma, si tratta di una battaglia politica contro il governo Macron.
Come avviene gli scioperi dei lavoratori postali, dei macchinisti, degli infermieri e degli insegnanti in Gran Bretagna, le agitazioni sindacali in Germania sono invece ancora “solo” una risposta all’aumento del costo della vita a causa dell’inflazione, che il mese scorso era all’8,7%, e agli aumenti dell’energia causato dalla guerra della Russia in Ucraina.
Il sindacato Verdi (solo un acronimo, niente a che vedere con il partito ultra-atlantista ora al governo con Scholz) chiede un aumento salariale del 10,5% – o almeno 500 euro – per 2,5 milioni di lavoratori del settore pubblico.
Il governo aveva offerto un aumento del 5% più un bonus una tantum di 2.500 euro quando l’ultima tornata di negoziati si è conclusa il mese scorso, e le trattative sono riprese lunedì mattina, in contemporanea con lo sciopero.
Il sindacato EVG, che rappresenta 230.000 lavoratori delle ferrovie, chiede invece un aumento del 12%, pari a 650 euro. La Deutsche Bahn, il principale operatore ferroviario tedesco, di proprietà pubblica, ha dichiarato di aver già offerto un bonus di 2.500 euro e un aumento graduale che potrebbe raggiungere l’11%.
Il sindacato deve negoziare anche con le altre compagnie ferroviarie, alcune delle quali non hanno fatto alcuna proposta. Il prossimo round di negoziati con Deutsche Bahn è previsto per la fine del mese prossimo.
“Continueremo a negoziare duramente, ma anche in modo equo e costruttivo“, ha dichiarato lunedì Nancy Feaser, ministro degli Interni tedesco, a proposito delle trattative con i dipendenti del settore pubblico, di cui è responsabile il suo ministero.
Lo sciopero ha lasciato vuoti le stazioni ferroviarie e gli aeroporti, mentre le strade e le piste ciclabili erano più congestionate.
La Deutsche Bahn ha cancellato tutti i suoi treni a lunga percorrenza e la maggior parte dei suoi servizi regionali e per pendolari.
Gli aeroporti internazionali di Francoforte, Monaco e Amburgo e molti altri aeroporti minori sono stati costretti a cancellare tutti i voli regolarmente programmati a causa dello sciopero del personale di terra e del personale di sicurezza.
L’aeroporto Brandeburgo di Berlino, nella capitale, è stato l’unico grande aeroporto a offrire una parvenza di servizio internazionale, perché il contratto dei lavoratori non è in scadenza, ma la maggior parte dei voli nazionali è stata annullata.
Lo sciopero ha rallentato anche la circolazione delle merci. Ad Amburgo, il porto più grande della Germania, i piloti hanno smesso di lavorare alle 6. Anche alcuni equipaggi che gestiscono le chiuse lungo i fiumi e i canali tedeschi hanno abbandonato il lavoro, costringendo le chiatte fluviali a fermarsi e ad aspettare fino a martedì.
I due sindacati ritengono chiaramente che un avvertimento ora potrebbe aiutarli durante le trattative e hanno suggerito che la loro pazienza si sta esaurendo. “Oggi scioperiamo perché nella contrattazione collettiva, nonostante la situazione finanziaria difficile per molti lavoratori, non ci è stato presentato nulla che sia degno di una seria negoziazione“, ha dichiarato Kristian Loroch, membro del comitato di negoziazione dell’EVG.
Lo sciopero tedesco, insomma, sarà pure stato “solo economico”, ma con queste premesse ci vuole poco a farlo diventare politico.
Fonte
Sono entrambi paesi dell’Unione Europea e, per somma ingiuria, quello in cui si chiedono questi aumenti è addirittura quello in cui il costo della vita è inferiore al nostro. È la Germania.
Lì, ieri, si è tenuto uno dei più grandi scioperi dei trasporti pubblici degli ultimi decenni è stato indetto per ottenere aumenti per tenere il passo con l’aumento dell’inflazione.
I lavoratori dei trasporti hanno scioperato per 24 ore, il che ha naturalmente portato alla sospensione della maggior parte dei servizi di treni, tram, autobus e traghetti e ha costretto alla cancellazione della maggior parte dei voli.
I lavoratori delle ferrovie, del trasporto pubblico locale, del personale di terra degli aeroporti e di altri settori hanno iniziato a scioperare nella tarda serata di domenica per fare pressione sul governo nel tentativo di negoziare aumenti salariali superiori al 10% per tenere il passo effettivo dell’inflazione (intorno a quella soglia).
Il “mega-sciopero”, come è stato descritto dai media tedeschi, è stato indetto da due dei maggiori sindacati del Paese: Verdi, che rappresenta i lavoratori del settore pubblico, ed EVG, che rappresenta i lavoratori delle ferrovie.
Lo sciopero, che ha visto la partecipazione di 155.000 lavoratori, è stata la più grande azione dei lavoratori dei trasporti dagli anni ’90 ad oggi, ma soprattutto è stato un avvertimento su ciò che potrebbe accadere nel caso i negoziati continuino a segnare il passo.
Lo sciopero “ha lo scopo di rendere ancora una volta inequivocabilmente chiaro ai datori di lavoro che i lavoratori sostengono chiaramente le nostre richieste”, ha dichiarato Frank Werneke, responsabile dei Verdi.
La natura generale dello sciopero tedesco è ancora ben lontana da quella degli scioperi nella vicina Francia, dove centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza regolarmente, a volte scontrandosi con la polizia, in risposta alla decisione del governo di innalzare l’età legale di pensionamento a 64 anni da 62. Oltralpe, insomma, si tratta di una battaglia politica contro il governo Macron.
Come avviene gli scioperi dei lavoratori postali, dei macchinisti, degli infermieri e degli insegnanti in Gran Bretagna, le agitazioni sindacali in Germania sono invece ancora “solo” una risposta all’aumento del costo della vita a causa dell’inflazione, che il mese scorso era all’8,7%, e agli aumenti dell’energia causato dalla guerra della Russia in Ucraina.
Il sindacato Verdi (solo un acronimo, niente a che vedere con il partito ultra-atlantista ora al governo con Scholz) chiede un aumento salariale del 10,5% – o almeno 500 euro – per 2,5 milioni di lavoratori del settore pubblico.
Il governo aveva offerto un aumento del 5% più un bonus una tantum di 2.500 euro quando l’ultima tornata di negoziati si è conclusa il mese scorso, e le trattative sono riprese lunedì mattina, in contemporanea con lo sciopero.
Il sindacato EVG, che rappresenta 230.000 lavoratori delle ferrovie, chiede invece un aumento del 12%, pari a 650 euro. La Deutsche Bahn, il principale operatore ferroviario tedesco, di proprietà pubblica, ha dichiarato di aver già offerto un bonus di 2.500 euro e un aumento graduale che potrebbe raggiungere l’11%.
Il sindacato deve negoziare anche con le altre compagnie ferroviarie, alcune delle quali non hanno fatto alcuna proposta. Il prossimo round di negoziati con Deutsche Bahn è previsto per la fine del mese prossimo.
“Continueremo a negoziare duramente, ma anche in modo equo e costruttivo“, ha dichiarato lunedì Nancy Feaser, ministro degli Interni tedesco, a proposito delle trattative con i dipendenti del settore pubblico, di cui è responsabile il suo ministero.
Lo sciopero ha lasciato vuoti le stazioni ferroviarie e gli aeroporti, mentre le strade e le piste ciclabili erano più congestionate.
La Deutsche Bahn ha cancellato tutti i suoi treni a lunga percorrenza e la maggior parte dei suoi servizi regionali e per pendolari.
Gli aeroporti internazionali di Francoforte, Monaco e Amburgo e molti altri aeroporti minori sono stati costretti a cancellare tutti i voli regolarmente programmati a causa dello sciopero del personale di terra e del personale di sicurezza.
L’aeroporto Brandeburgo di Berlino, nella capitale, è stato l’unico grande aeroporto a offrire una parvenza di servizio internazionale, perché il contratto dei lavoratori non è in scadenza, ma la maggior parte dei voli nazionali è stata annullata.
Lo sciopero ha rallentato anche la circolazione delle merci. Ad Amburgo, il porto più grande della Germania, i piloti hanno smesso di lavorare alle 6. Anche alcuni equipaggi che gestiscono le chiuse lungo i fiumi e i canali tedeschi hanno abbandonato il lavoro, costringendo le chiatte fluviali a fermarsi e ad aspettare fino a martedì.
I due sindacati ritengono chiaramente che un avvertimento ora potrebbe aiutarli durante le trattative e hanno suggerito che la loro pazienza si sta esaurendo. “Oggi scioperiamo perché nella contrattazione collettiva, nonostante la situazione finanziaria difficile per molti lavoratori, non ci è stato presentato nulla che sia degno di una seria negoziazione“, ha dichiarato Kristian Loroch, membro del comitato di negoziazione dell’EVG.
Lo sciopero tedesco, insomma, sarà pure stato “solo economico”, ma con queste premesse ci vuole poco a farlo diventare politico.
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24/03/2023
Germania - Lunedì 27 sciopero in tutti i trasporti
La Francia sta dando l’esempio, e anche in altri paesi il malessere sociale – per la crisi, la guerra, l’inflazione che accompagna la guerra, i salari che non si muovono (l’Italia è solo la peggiore d’Europa) – prende la via più logica: lo sciopero.
Lunedì 27 marzo la Germania sarà paralizzata da un maxi sciopero, annunciato nel settore dei trasporti pubblici. È solo il primo, probabilmente e sperabilmente.
Nulla sarà risparmiato: nella mobilitazione vengono coinvolte ferrovie, scali aerei, il trasporto urbano di ben sette Länder, le società autostradali e l’amministrazione navale. A convocare una protesta senza precedenti sono stati i sindacati del trasporto su ferro, Evg, e la sigla Verdi (un acronimo, niente a che vedere con il partito guerrafondaio ora al governo), che ha lanciato il suo appello per bloccare il traffico aereo.
L’obiettivo per entrambe le sigle è un cospicuo aumento dei salari. Verdi chiede un incremento del 10,5% e un minimo di 500 euro in più nelle buste paga. Evg vuole invece ottenere almeno 650 euro di aumento.
Il leader di Verdi, Frank Warneke – sigla che rappresenta 120 mila dipendenti – si aspetta “un effetto massiccio” dall’appello diffuso attraverso una dichiarazione congiunta alla stampa, e una forte adesione all’iniziativa. Evg rappresenta addirittura 230 mila impiegati di bus e ferrovie.
Le dimensioni dello sciopero annunciato sono obiettivamente inconsuete: una mobilitazione di tale portata risale a trenta anni fa, nel 1992, quando il trasporto pubblico fu paralizzato a tappe per diverse settimane. Lunedì muoversi nella Repubblica federale sarà dunque molto difficile.
La Deutsche Bahn ha già annunciato lo stop dei treni a lunga percorrenza, e di gran parte dei convogli regionali. Ritardi e disagi nella circolazione potranno essere avvertiti già domenica sera, e fino a martedì mattina.
Gli scali aerei di Francoforte e Monaco di Baviera hanno preannunciato che all’inizio della settimana prossima i voli non saranno regolari. Chi ha previsto di mettersi in viaggio è invitato a rivedere il programma. Lo sciopero inizia alle 24:00 del 26 marzo per finire esattamente 24 ore dopo.
“Circa 350 mila passeggeri, che dovrebbero volare per motivi privati e per lavoro, non potranno mettere piede in aereo“, ha annunciato l’associazione federale degli aeroporti ADV.
“Quella che vediamo è un’escalation sul modello francese“, ha commentato fra l’altro il direttore generale, Ralph Beisel. “I sindacati si stanno congedando dalla tradizione che in Germania le soluzioni si trovano al tavolo delle trattative. Si tenta con lo sciopero generale di far arrivare in questo Paese modalità francesi“.
Anche la Deutsche Bahn ha criticato con durezza lo sciopero, definendolo “immotivato e non necessario“. Per il responsabile del personale, Martin Seiler, il sindacato deve tornare a sedersi al tavolo, “abbiamo presentato un’offerta responsabile e siamo pronti a dialogare in ogni momento“, ha assicurato.
Ma sembra abbastanza evidente che tra l'”offerta responsabile” padronale e le necessità esistenziali di chi lavora lo scarto sia decisamente elevato. E le riunioni al tavolo, fin qui, non hanno per niente ridotto questa distanza...
Fonte
Lunedì 27 marzo la Germania sarà paralizzata da un maxi sciopero, annunciato nel settore dei trasporti pubblici. È solo il primo, probabilmente e sperabilmente.
Nulla sarà risparmiato: nella mobilitazione vengono coinvolte ferrovie, scali aerei, il trasporto urbano di ben sette Länder, le società autostradali e l’amministrazione navale. A convocare una protesta senza precedenti sono stati i sindacati del trasporto su ferro, Evg, e la sigla Verdi (un acronimo, niente a che vedere con il partito guerrafondaio ora al governo), che ha lanciato il suo appello per bloccare il traffico aereo.
L’obiettivo per entrambe le sigle è un cospicuo aumento dei salari. Verdi chiede un incremento del 10,5% e un minimo di 500 euro in più nelle buste paga. Evg vuole invece ottenere almeno 650 euro di aumento.
Il leader di Verdi, Frank Warneke – sigla che rappresenta 120 mila dipendenti – si aspetta “un effetto massiccio” dall’appello diffuso attraverso una dichiarazione congiunta alla stampa, e una forte adesione all’iniziativa. Evg rappresenta addirittura 230 mila impiegati di bus e ferrovie.
Le dimensioni dello sciopero annunciato sono obiettivamente inconsuete: una mobilitazione di tale portata risale a trenta anni fa, nel 1992, quando il trasporto pubblico fu paralizzato a tappe per diverse settimane. Lunedì muoversi nella Repubblica federale sarà dunque molto difficile.
La Deutsche Bahn ha già annunciato lo stop dei treni a lunga percorrenza, e di gran parte dei convogli regionali. Ritardi e disagi nella circolazione potranno essere avvertiti già domenica sera, e fino a martedì mattina.
Gli scali aerei di Francoforte e Monaco di Baviera hanno preannunciato che all’inizio della settimana prossima i voli non saranno regolari. Chi ha previsto di mettersi in viaggio è invitato a rivedere il programma. Lo sciopero inizia alle 24:00 del 26 marzo per finire esattamente 24 ore dopo.
“Circa 350 mila passeggeri, che dovrebbero volare per motivi privati e per lavoro, non potranno mettere piede in aereo“, ha annunciato l’associazione federale degli aeroporti ADV.
“Quella che vediamo è un’escalation sul modello francese“, ha commentato fra l’altro il direttore generale, Ralph Beisel. “I sindacati si stanno congedando dalla tradizione che in Germania le soluzioni si trovano al tavolo delle trattative. Si tenta con lo sciopero generale di far arrivare in questo Paese modalità francesi“.
Anche la Deutsche Bahn ha criticato con durezza lo sciopero, definendolo “immotivato e non necessario“. Per il responsabile del personale, Martin Seiler, il sindacato deve tornare a sedersi al tavolo, “abbiamo presentato un’offerta responsabile e siamo pronti a dialogare in ogni momento“, ha assicurato.
Ma sembra abbastanza evidente che tra l'”offerta responsabile” padronale e le necessità esistenziali di chi lavora lo scarto sia decisamente elevato. E le riunioni al tavolo, fin qui, non hanno per niente ridotto questa distanza...
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09/02/2023
Atitech Fiumicino, cigs per 400 dipendenti
Il 6 febbraio, a meno di tre mesi dall’acquisizione del ramo manutenzione di Alitalia, Atitech ha aperto le procedure di Cigs per ristrutturazione. Stiamo parlando della maggiore azienda di manutenzione aeronautica italiana, con sede a Napoli, che ha rilevato il ramo manutenzione di Alitalia assumendo circa 700 dipendenti, e acquisendo anche tutti gli asset produttivi dell’aeroporto di Fiumicino di questo settore come hangar, officine, etc .
USB durante la trattativa di cessione ha posto con forza la richiesta di conoscere e far emergere la questione degli assetti industriali, del piano di rilancio, dell’equilibrio nel sistema dei due siti di Roma e Napoli, senza però avere risposte né chiarezza su questi aspetti. Per tali motivi non ha sottoscritto gli accordi, unitamente al pessimo risultato di assunzioni insufficienti ed ingiustificate che hanno tagliato fuori circa 200 lavoratori.
Se l’obiettivo dichiarato da Atitech era quello di creare un grande polo nazionale di lavorazioni, siamo totalmente fuori strada. Il 1° novembre è iniziata l’attività ed ecco, dopo soli tre mesi una riorganizzazione che scarica i costi dell’operazione di acquisizione sullo Stato. Se questo è il primo risultato industriale dato dalla divisione e dalla cessione in tre rami di Alitalia dobbiamo tremare.
Ora è la volta dei lavoratori assunti da Atitech, che appena assunti entreranno in cassa a rotazione, nubi nere all’orizzonte per i dipendenti ITA di cui non si chiariscono i contorni della privatizzazione ed il piano industriale chiesto da Lufthansa. Infatti sembra che sia stato ritardato l’arrivo degli aeromobili A220 e non c’è chiarezza sulle assunzioni promesse dall’AD Lazzerini e si parla solo di salari, che erano stati accettati in accordi capestro.
Il management di Atitech insegna ancora una volta come comprare un’azienda sostenendosi con i soldi pubblici e come sostenere il costo di stipendi con il contributo del sostegno al reddito. Un sistema che evidentemente funziona nel silenzio generale ma che ha dell’incredibile.
Sono migliaia i lavoratori lasciati fuori dal reclutamento da ITA, da Swissport e dalla stessa Atitech.
Questo è il risultato della dissoluzione e della privatizzazione di una compagnia aerea, Alitalia Sai in A.S., con il beneplacito delle organizzazioni sindacali che senza mezzi termini stanno abbandonando il personale escluso.
È arrivato il momento di dire no a tutto questo, la prima risposta che serve è una mobilitazione unitaria per il futuro dei lavoratori e gli interessi dei cittadini.
USB invita i lavoratori di Alitalia, ITA, Swissport, Atitech ad unirsi al presidio il 16 febbraio a Roma in piazza Santi Apostoli dalle ore 10.
USB Lavoro Privato – Trasporto Aereo
Fonte
USB durante la trattativa di cessione ha posto con forza la richiesta di conoscere e far emergere la questione degli assetti industriali, del piano di rilancio, dell’equilibrio nel sistema dei due siti di Roma e Napoli, senza però avere risposte né chiarezza su questi aspetti. Per tali motivi non ha sottoscritto gli accordi, unitamente al pessimo risultato di assunzioni insufficienti ed ingiustificate che hanno tagliato fuori circa 200 lavoratori.
Se l’obiettivo dichiarato da Atitech era quello di creare un grande polo nazionale di lavorazioni, siamo totalmente fuori strada. Il 1° novembre è iniziata l’attività ed ecco, dopo soli tre mesi una riorganizzazione che scarica i costi dell’operazione di acquisizione sullo Stato. Se questo è il primo risultato industriale dato dalla divisione e dalla cessione in tre rami di Alitalia dobbiamo tremare.
Ora è la volta dei lavoratori assunti da Atitech, che appena assunti entreranno in cassa a rotazione, nubi nere all’orizzonte per i dipendenti ITA di cui non si chiariscono i contorni della privatizzazione ed il piano industriale chiesto da Lufthansa. Infatti sembra che sia stato ritardato l’arrivo degli aeromobili A220 e non c’è chiarezza sulle assunzioni promesse dall’AD Lazzerini e si parla solo di salari, che erano stati accettati in accordi capestro.
Il management di Atitech insegna ancora una volta come comprare un’azienda sostenendosi con i soldi pubblici e come sostenere il costo di stipendi con il contributo del sostegno al reddito. Un sistema che evidentemente funziona nel silenzio generale ma che ha dell’incredibile.
Sono migliaia i lavoratori lasciati fuori dal reclutamento da ITA, da Swissport e dalla stessa Atitech.
Questo è il risultato della dissoluzione e della privatizzazione di una compagnia aerea, Alitalia Sai in A.S., con il beneplacito delle organizzazioni sindacali che senza mezzi termini stanno abbandonando il personale escluso.
È arrivato il momento di dire no a tutto questo, la prima risposta che serve è una mobilitazione unitaria per il futuro dei lavoratori e gli interessi dei cittadini.
USB invita i lavoratori di Alitalia, ITA, Swissport, Atitech ad unirsi al presidio il 16 febbraio a Roma in piazza Santi Apostoli dalle ore 10.
USB Lavoro Privato – Trasporto Aereo
Fonte
03/02/2023
Lufthansa fa rubamazzo con ITA. Adesso il 40%, poi si prende tutto quanto
Entro due anni, Lufthansa punta a raggiungere l’acquisizione del 100% del capitale della compagnia italiana ITA. Lo rivela l’AGI basandosi su fonti vicine al dossier. Secondo il memorandum siglato tra il Tesoro e i vertici della compagnia, i tedeschi puntano per ora alla quota del 40% di ITA e sono disponibili a pagare tra i 200 e i 300 milioni.
Le stesse fonti precisano che quello delle risorse non rappresenta un ostacolo per un positivo esito della trattativa in quanto tali risorse andrebbero comunque a confluire nella società. Viene minimizzato l’allarme sulla richiesta dei sindacati di un aumento dei salari.
Una volta acquisito il 40%, l’operazione verrà sottoposta al vaglio delle autorità di Bruxelles, e quindi presumibilmente nella prossima stagione invernale i voli potrebbero essere operativi.
L’hub di Fiumicino sarà quello che Lufthansa ritiene fondamentale in quanto di raccordo con l’emisfero Sud. Al Nord, infatti, la compagnia tedesca può già contare sugli aeroporti di Bruxelles, Monaco, Zurigo, Francoforte e Vienna.
Per Lufthansa, il mercato italiano rappresenta quello più importante dopo quello domestico e statunitense. A noi resta il ruolo di colonia...
Fonte
Le stesse fonti precisano che quello delle risorse non rappresenta un ostacolo per un positivo esito della trattativa in quanto tali risorse andrebbero comunque a confluire nella società. Viene minimizzato l’allarme sulla richiesta dei sindacati di un aumento dei salari.
Una volta acquisito il 40%, l’operazione verrà sottoposta al vaglio delle autorità di Bruxelles, e quindi presumibilmente nella prossima stagione invernale i voli potrebbero essere operativi.
L’hub di Fiumicino sarà quello che Lufthansa ritiene fondamentale in quanto di raccordo con l’emisfero Sud. Al Nord, infatti, la compagnia tedesca può già contare sugli aeroporti di Bruxelles, Monaco, Zurigo, Francoforte e Vienna.
Per Lufthansa, il mercato italiano rappresenta quello più importante dopo quello domestico e statunitense. A noi resta il ruolo di colonia...
Fonte
05/01/2023
Il governo Meloni accelera sulla vendita di ITA
Continua il suicidio del trasporto aereo nazionale. USB in piazza il 10 gennaio al Ministero del Lavoro
L’ultimo DPCM deliberato dal Governo il 22 dicembre scorso e pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale rilancia la vendita/privatizzazione totale di ITA indicando un percorso di definizione dell’operazione attraverso criteri che sembrano andare decisamene verso Lufthansa, anche se in un possibile raggruppamento.
Questo atto, peraltro atteso, non aggiunge e non toglie nulla al suicidio in atto del mercato nazionale, un’operazione autolesionistica in un Paese a forte trazione commerciale e turistica come l’Italia con il terzo mercato continentale, iniziata alla fine dello scorso millennio e portata avanti da tutti i governi via via succedutisi sotto la ferrea egida della UE.
L’apoteosi è stata raggiunta nell'estate 2022 di boom del trasporto aereo con meno del 7% del mercato presidiato da ITA e il resto nelle salde mani di low cost e vettori tutti con sede (e profitti) all’estero.
La nazionalizzazione di Alitalia è stata una grande opportunità perduta per costruire un autentico vettore nazionale, di dimensioni adeguate al mercato italiano, che drenasse una parte del traffico e dei profitti che al momento prendono ineluttabilmente la strada esterna ai nostri confini.
Forse Lufthansa potrà portare stabilità e interrompere l’infinità stagione delle perdite nel vettore nazionale, ma non potrà andare oltre il rapporto ancillare con la casa madre e non potrà costruire quel progetto industriale di cui il Paese e i lavoratori e le lavoratrici hanno bisogno.
Per questi motivi non possiamo essere d’accordo con la vendita di ITA, anche nell’eventualità – tutta da dimostrare – che venga rattoppata qualche falla.
Dopo le nefaste esperienze di Etihad e Qatar e dei tappeti rossi stesi dal governo Renzi, chiediamo che, per una volta, a chi viene a fare shopping di asset industriali in Italia venga chiesto di assumersi anche gli oneri oltre che gli onori: un piano di sviluppo credibile e non sulla carta, peraltro come previsto dallo stesso DPCM insieme al presidio in tutta l’operazione da parte del MEF, ma anche quelli delle garanzie di recupero occupazionale di cui c’è un dannato bisogno dopo il massacro sociale operato al momento della nascita di ITA.
Per questo, con preoccupazione vediamo l’assenza di qualsiasi riferimento agli aspetti sociali nel DPCM del 22 dicembre, e chiediamo un incontro al governo per fare chiarezza su questi aspetti, sui quali abbiamo registrato nei giorni scorsi rassicurazioni da parte di alcuni esponenti della maggioranza.
La mattina del 10 gennaio saremo in piazza al Ministero del Lavoro insieme ai cassaintegrati a 0 ore di Alitalia e Cityliner e ai dipendenti, per chiedere al governo le prime risposte concrete a quelle problematiche su reddito e lavoro che al momento sono rimaste sospese.
Fonte
L’ultimo DPCM deliberato dal Governo il 22 dicembre scorso e pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale rilancia la vendita/privatizzazione totale di ITA indicando un percorso di definizione dell’operazione attraverso criteri che sembrano andare decisamene verso Lufthansa, anche se in un possibile raggruppamento.
Questo atto, peraltro atteso, non aggiunge e non toglie nulla al suicidio in atto del mercato nazionale, un’operazione autolesionistica in un Paese a forte trazione commerciale e turistica come l’Italia con il terzo mercato continentale, iniziata alla fine dello scorso millennio e portata avanti da tutti i governi via via succedutisi sotto la ferrea egida della UE.
L’apoteosi è stata raggiunta nell'estate 2022 di boom del trasporto aereo con meno del 7% del mercato presidiato da ITA e il resto nelle salde mani di low cost e vettori tutti con sede (e profitti) all’estero.
La nazionalizzazione di Alitalia è stata una grande opportunità perduta per costruire un autentico vettore nazionale, di dimensioni adeguate al mercato italiano, che drenasse una parte del traffico e dei profitti che al momento prendono ineluttabilmente la strada esterna ai nostri confini.
Forse Lufthansa potrà portare stabilità e interrompere l’infinità stagione delle perdite nel vettore nazionale, ma non potrà andare oltre il rapporto ancillare con la casa madre e non potrà costruire quel progetto industriale di cui il Paese e i lavoratori e le lavoratrici hanno bisogno.
Per questi motivi non possiamo essere d’accordo con la vendita di ITA, anche nell’eventualità – tutta da dimostrare – che venga rattoppata qualche falla.
Dopo le nefaste esperienze di Etihad e Qatar e dei tappeti rossi stesi dal governo Renzi, chiediamo che, per una volta, a chi viene a fare shopping di asset industriali in Italia venga chiesto di assumersi anche gli oneri oltre che gli onori: un piano di sviluppo credibile e non sulla carta, peraltro come previsto dallo stesso DPCM insieme al presidio in tutta l’operazione da parte del MEF, ma anche quelli delle garanzie di recupero occupazionale di cui c’è un dannato bisogno dopo il massacro sociale operato al momento della nascita di ITA.
Per questo, con preoccupazione vediamo l’assenza di qualsiasi riferimento agli aspetti sociali nel DPCM del 22 dicembre, e chiediamo un incontro al governo per fare chiarezza su questi aspetti, sui quali abbiamo registrato nei giorni scorsi rassicurazioni da parte di alcuni esponenti della maggioranza.
La mattina del 10 gennaio saremo in piazza al Ministero del Lavoro insieme ai cassaintegrati a 0 ore di Alitalia e Cityliner e ai dipendenti, per chiedere al governo le prime risposte concrete a quelle problematiche su reddito e lavoro che al momento sono rimaste sospese.
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25/11/2022
Fine della storia: Lufthansa rileva a due soldi la ex Alitalia
Come prevedibile e previsto, la tedesca Lufthansa acquisirà la compagnia aerea Ita Airways, la ex Alitalia.
La voluta, programmata, perseguita mandata in malora della compagnia di bandiera italiana – una prova evidente: la decisione di cancellare i voli da e per la Cina... alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino! – è arrivata all’ultima tappa.
Con il rifiuto di procedere con una nazionalizzazione, che sarebbe stata il minimo sindacale come soluzione migliore per mantenere un asset strategico in un paese che vive di turismo, alla fine si vede l’operazione di svendita pianificata sin dall’inizio.
Le lavoratrici e i lavoratori di Alitalia si sono battuti duramente per scongiurare questo esito, ma sono stati traditi dalla politica in ogni passaggio decisivo.
Lufthansa ha “buone possibilità” di acquisire Ita Airways, dopo un primo tentativo fallito con Msc. È quanto affermano fonti vicine ai negoziati tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e il gruppo che fa capo all’omonima compagnia di bandiera tedesca.
Secondo quanto riferisce il quotidiano economico tedesco Handelsblatt, Lufthansa non ha voluto commentare, ma ha ribadito di essere “molto interessata al mercato italiano” del trasporto aereo (e chi non lo è, con il traffico turistico che c’è?).
Il governo Draghi aveva ricevuto due offerte per la privatizzazione del successore di Alitalia, dopo il fallimento di altre due privatizzazioni (i “capitani coraggiosi” guidati da Colaninno e poi Etihad). Da un lato, vi erano Msc e Lufthansa, dall’altro il fondo d’investimento statunitense Certares, che agiva per conto di Air France-Klm e Delta Air Lines.
L’esecutivo avviò trattative in esclusiva con questa seconda cordata, ma i negoziati si sono conclusi senza esito alla scadenza dei termini. I colloqui sono stati quindi annullati dall’esecutivo di Giorgia Meloni, che ha riaperto la gara per l’acquisto di Ita Airways, da cui Msc si è ritirata perché non più interessata.
Ora l’ex Alitalia deve essere venduta “in fretta” perché ha ottenuto l’ultima tranche degli aiuti di Stato approvati dalla Commissione europea, pari a 400 milioni di euro. Secondo Handelsblatt è probabile che questi fondi si esauriscano presto e “sarà molto difficile” far approvare all’Ue un ulteriore intervento statale per Ita Airways.
Intanto, il valore di mercato dell’azienda sarebbe crollato da 1,2 miliardi a 450 milioni di euro. Tutto ciò rende ovviamente “molto più facile” per Lufthansa acquisire la compagnia aerea italiana, pratica pagandola un terzo del suo già molto ridotto valore.
In questi anni di calvario per l’Alitalia l’unica incertezza è stata se l’acquisizione la dovesse fare la francese Air France o la tedesca Lufthansa, ma che il trasporto aereo in Europa dovesse finire spartito tra pochi monopoli era il destino segnato che le classi dominanti – dai liquidatori ai “capitani coraggiosi”, dai governi di destra a quelli piddini – avevano indicato per Alitalia fin dagli anni ’90 (quando, dopo gli accordi di Maastricht, l’Unione Europea decise che c’erano troppi vettori in Europa e quindi ne sarebbero dovuti restare soltanto tre: Lufthansa, Air France e British Airways).
La svendono al capitale tedesco dopo averla spolpata, taglieggiata, averne ridotto le rotte e il valore e magari ne canteranno le lodi perché in fondo è una operazione “tutta europea”.
Altro che interesse nazionale, sono dei vendipatria, come dicono in America Latina.
Fonte
La voluta, programmata, perseguita mandata in malora della compagnia di bandiera italiana – una prova evidente: la decisione di cancellare i voli da e per la Cina... alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino! – è arrivata all’ultima tappa.
Con il rifiuto di procedere con una nazionalizzazione, che sarebbe stata il minimo sindacale come soluzione migliore per mantenere un asset strategico in un paese che vive di turismo, alla fine si vede l’operazione di svendita pianificata sin dall’inizio.
Le lavoratrici e i lavoratori di Alitalia si sono battuti duramente per scongiurare questo esito, ma sono stati traditi dalla politica in ogni passaggio decisivo.
Lufthansa ha “buone possibilità” di acquisire Ita Airways, dopo un primo tentativo fallito con Msc. È quanto affermano fonti vicine ai negoziati tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e il gruppo che fa capo all’omonima compagnia di bandiera tedesca.
Secondo quanto riferisce il quotidiano economico tedesco Handelsblatt, Lufthansa non ha voluto commentare, ma ha ribadito di essere “molto interessata al mercato italiano” del trasporto aereo (e chi non lo è, con il traffico turistico che c’è?).
Il governo Draghi aveva ricevuto due offerte per la privatizzazione del successore di Alitalia, dopo il fallimento di altre due privatizzazioni (i “capitani coraggiosi” guidati da Colaninno e poi Etihad). Da un lato, vi erano Msc e Lufthansa, dall’altro il fondo d’investimento statunitense Certares, che agiva per conto di Air France-Klm e Delta Air Lines.
L’esecutivo avviò trattative in esclusiva con questa seconda cordata, ma i negoziati si sono conclusi senza esito alla scadenza dei termini. I colloqui sono stati quindi annullati dall’esecutivo di Giorgia Meloni, che ha riaperto la gara per l’acquisto di Ita Airways, da cui Msc si è ritirata perché non più interessata.
Ora l’ex Alitalia deve essere venduta “in fretta” perché ha ottenuto l’ultima tranche degli aiuti di Stato approvati dalla Commissione europea, pari a 400 milioni di euro. Secondo Handelsblatt è probabile che questi fondi si esauriscano presto e “sarà molto difficile” far approvare all’Ue un ulteriore intervento statale per Ita Airways.
Intanto, il valore di mercato dell’azienda sarebbe crollato da 1,2 miliardi a 450 milioni di euro. Tutto ciò rende ovviamente “molto più facile” per Lufthansa acquisire la compagnia aerea italiana, pratica pagandola un terzo del suo già molto ridotto valore.
In questi anni di calvario per l’Alitalia l’unica incertezza è stata se l’acquisizione la dovesse fare la francese Air France o la tedesca Lufthansa, ma che il trasporto aereo in Europa dovesse finire spartito tra pochi monopoli era il destino segnato che le classi dominanti – dai liquidatori ai “capitani coraggiosi”, dai governi di destra a quelli piddini – avevano indicato per Alitalia fin dagli anni ’90 (quando, dopo gli accordi di Maastricht, l’Unione Europea decise che c’erano troppi vettori in Europa e quindi ne sarebbero dovuti restare soltanto tre: Lufthansa, Air France e British Airways).
La svendono al capitale tedesco dopo averla spolpata, taglieggiata, averne ridotto le rotte e il valore e magari ne canteranno le lodi perché in fondo è una operazione “tutta europea”.
Altro che interesse nazionale, sono dei vendipatria, come dicono in America Latina.
Fonte
01/09/2022
ITA - La trattativa con Delta ed Air France premia i vettori che hanno soffocato Alitalia
Leggiamo il comunicato stampa del Mef che ha sciolto la riserva indicando come l’offerta del “consorzio Certares, Delta, Air France” per la privatizzazione di ITA corrisponda alle esigenze del DPCM.
Evidentemente non pago dei tre fallimenti negli ultimi 15 anni di Alitalia, il governo ha ritenuto di scegliere di nuovo un cavallo che in passato si è dimostrato perdente. Air France, insieme a Delta, è partner di Alitalia sin dal 2002 con l’allora AD Mengozzi, che poi ha ricevuto la Legion d’Onore dalla Francia per indiscussi meriti nei confronti dei cugini d’Oltralpe, che gli fruttò un bel rinvio a giudizio insieme a Giancarlo Cimoli nonché la condanna per dissipazione del patrimonio aziendale nel 2015.
È importante ricordare come l’accordo Delta Air France in tutti questi anni ha inibito l’espansione di Alitalia verso il ricco mercato del Nord America e, mentre Mengozzi e i suoi successori mettevano gli aerei di lungo raggio a terra, ha condannato milioni di passeggeri a passare da e per Parigi; verrebbe da chiedersi quanti dei miliardi di perdita accumulati da allora da Alitalia siano stati travasati nei profitti dichiarati da Air France nello stesso periodo.
Volendo entrare nel merito della decisione del Mef, ci dobbiamo chiedere quale sia l’impegno dei due vettori della cordata.
Ancora una volta si tratta di un accordo commerciale sostenuto, sì, dal fondo Certares, ma senza che le due compagnie entrino ora nel capitale di Ita. Che cosa garantirà che questo accordo si trasformi in una partnership vera e reale in futuro? Nulla.
Tutto è estremamente aleatorio mentre è certa la distruzione inutile e suicida della compagnia di bandiera attraverso uno spezzatino che sta producendo migliaia di esuberi nelle cessioni dei rami d’azienda. A questo si sommi il calcolo delle perdite accumulate negli anni per effetto degli accordi con Delta-Air France e il gioco è fatto.
Altro che Tafazzi, un vergognoso gioco al massacro pagato da migliaia di lavoratori per niente.
Fonte
Evidentemente non pago dei tre fallimenti negli ultimi 15 anni di Alitalia, il governo ha ritenuto di scegliere di nuovo un cavallo che in passato si è dimostrato perdente. Air France, insieme a Delta, è partner di Alitalia sin dal 2002 con l’allora AD Mengozzi, che poi ha ricevuto la Legion d’Onore dalla Francia per indiscussi meriti nei confronti dei cugini d’Oltralpe, che gli fruttò un bel rinvio a giudizio insieme a Giancarlo Cimoli nonché la condanna per dissipazione del patrimonio aziendale nel 2015.
È importante ricordare come l’accordo Delta Air France in tutti questi anni ha inibito l’espansione di Alitalia verso il ricco mercato del Nord America e, mentre Mengozzi e i suoi successori mettevano gli aerei di lungo raggio a terra, ha condannato milioni di passeggeri a passare da e per Parigi; verrebbe da chiedersi quanti dei miliardi di perdita accumulati da allora da Alitalia siano stati travasati nei profitti dichiarati da Air France nello stesso periodo.
Volendo entrare nel merito della decisione del Mef, ci dobbiamo chiedere quale sia l’impegno dei due vettori della cordata.
Ancora una volta si tratta di un accordo commerciale sostenuto, sì, dal fondo Certares, ma senza che le due compagnie entrino ora nel capitale di Ita. Che cosa garantirà che questo accordo si trasformi in una partnership vera e reale in futuro? Nulla.
Tutto è estremamente aleatorio mentre è certa la distruzione inutile e suicida della compagnia di bandiera attraverso uno spezzatino che sta producendo migliaia di esuberi nelle cessioni dei rami d’azienda. A questo si sommi il calcolo delle perdite accumulate negli anni per effetto degli accordi con Delta-Air France e il gioco è fatto.
Altro che Tafazzi, un vergognoso gioco al massacro pagato da migliaia di lavoratori per niente.
Fonte
17/07/2022
Personale sottopagato, ritmi stressanti. Esplode la “bolla” dei voli low cost
Questa estate presenta il conto dell’irrazionalità del mercato anche nel settore del trasporto aereo. Con la pandemia infatti negli aeroporti sono state licenziate tante persone, soprattutto tra i servizi di terra, e nonostante i flussi siano ripresi in maniera sostanziosa, si pensava di poter continuare a risparmiare. Il risultato è la vera e propria esplosione della bolla dei voli low cost.
È il fondatore stesso di Ryanair, Michael O’Leary, ad aver dichiarato che il low cost non è sostenibile nel medio periodo. Le varie compagnie dei cieli si sono trovate impreparate al periodo estivo, con il risultato che migliaia e migliaia di voli hanno subito ritardi o sono stati addirittura cancellati. Le proteste per i salari troppo bassi e per i turni massacranti portate avanti persino dai piloti hanno poi esposto un’ulteriore fragilità del sistema.
Questa domenica sarà un momento cruciale, con i lavoratori di varie sigle sindacali che incroceranno le braccia. Lo sciopero chiamato oggi palesa le storture create da privatizzazioni ed esternalizzazioni, e fa tornare alla mente lo smantellamento progressivo della compagnia di bandiera in favore di pochi campioni continentali. Bisogna tornare ad avere una politica industriale seria su questo settore di importanza strategica, per tutelare davvero lavoratori e passeggeri.
Fonte
È il fondatore stesso di Ryanair, Michael O’Leary, ad aver dichiarato che il low cost non è sostenibile nel medio periodo. Le varie compagnie dei cieli si sono trovate impreparate al periodo estivo, con il risultato che migliaia e migliaia di voli hanno subito ritardi o sono stati addirittura cancellati. Le proteste per i salari troppo bassi e per i turni massacranti portate avanti persino dai piloti hanno poi esposto un’ulteriore fragilità del sistema.
Questa domenica sarà un momento cruciale, con i lavoratori di varie sigle sindacali che incroceranno le braccia. Lo sciopero chiamato oggi palesa le storture create da privatizzazioni ed esternalizzazioni, e fa tornare alla mente lo smantellamento progressivo della compagnia di bandiera in favore di pochi campioni continentali. Bisogna tornare ad avere una politica industriale seria su questo settore di importanza strategica, per tutelare davvero lavoratori e passeggeri.
Fonte
31/03/2022
ITA nel caos, 6 consiglieri dimissionari
Ennesima tappa negativa di un percorso iniziato malissimo. Assemblea nazionale il 5 aprile a Roma
Smottamento nel Consiglio di Amministrazione di ITA con le dimissioni di 6 consiglieri su 9 buttate sul tavolo, che di certo non appaiono come un viatico di unitarietà di vedute nella gestione della compagnia di bandiera.
Cosa significhino oggi le dimissioni dei consiglieri ancora non è chiaro anche se sembrano esserci questioni legate ai costi degli advisor per la cessione, con la compagnia e il MEF che hanno nominato propri consulenti, con una duplicazione suscettibile dell’intervento della Corte dei Conti. Di certo ci chiediamo se sia possibile che un CdA senza i due terzi dei propri componenti possa restare in carica.
Proseguono quindi i piccoli e grandi colpi di scena in negativo che hanno caratterizzato fin dall’avvio, le operazioni di start up di ITA, iniziate malissimo dopo lo spezzatino di Alitalia in tre segmenti.
Tutto è stato portato avanti in modo spregiudicato da Alfredo Altavilla, con la diminuzione del costo del lavoro fino al 30%, con assunzioni fuori da ogni controllo pubblico e di trasparenza e con discriminazioni che sono state già accertate verso le donne in maternità al momento delle selezioni e per questo scartate.
Ora la parte Aviation viene messa sul mercato, il passaggio conclusivo di un processo fatto di operazioni opache voluto dal governo Draghi tese all’azzeramento di una realtà industriale importante e strategica per il nostro Paese.
Tutto è iniziato grazie ad un investimento interamente pubblico di 700 milioni che difficilmente si recupereranno, visto che le perdite dei primi 6 mesi di operatività si avvicinano ai 200 mln di euro.
In questo quadro, un fritto misto di errori ed orrori a partire dall’occasione persa della nazionalizzazione per il rilancio unitario di Alitalia proposta nel 2020 dal secondo governo Conte, oggi rischia di svanire con il declino tutto il trasporto aereo nazionale.
Accertata la forte critica sul progetto industriale, gli scenari successivi ai bandi di cessione dei rami d’azienda di handling e manutenzione potrebbero comportare le stesse medesime sconfitte viste nella cessione della parte volo, con arbitrii nelle selezioni e nelle assunzioni, con ridimensionamento di attività e organici e perdita di migliaia di altri posti di lavoro.
Il governo deve rispondere pubblicamente di questa nuova situazione perché appare come minimo sorprendente lasciare ogni decisione nelle mani di pochissimi manager che pensano di essere i padroni del destino di quest’azienda e delle tante collegate nel settore.
In questa chiave, USB convoca l’assemblea nazionale del Trasporto Aereo martedì 5 a Roma, alle ore 10,30, in via Giolitti 5.
Fonte
Smottamento nel Consiglio di Amministrazione di ITA con le dimissioni di 6 consiglieri su 9 buttate sul tavolo, che di certo non appaiono come un viatico di unitarietà di vedute nella gestione della compagnia di bandiera.
Cosa significhino oggi le dimissioni dei consiglieri ancora non è chiaro anche se sembrano esserci questioni legate ai costi degli advisor per la cessione, con la compagnia e il MEF che hanno nominato propri consulenti, con una duplicazione suscettibile dell’intervento della Corte dei Conti. Di certo ci chiediamo se sia possibile che un CdA senza i due terzi dei propri componenti possa restare in carica.
Proseguono quindi i piccoli e grandi colpi di scena in negativo che hanno caratterizzato fin dall’avvio, le operazioni di start up di ITA, iniziate malissimo dopo lo spezzatino di Alitalia in tre segmenti.
Tutto è stato portato avanti in modo spregiudicato da Alfredo Altavilla, con la diminuzione del costo del lavoro fino al 30%, con assunzioni fuori da ogni controllo pubblico e di trasparenza e con discriminazioni che sono state già accertate verso le donne in maternità al momento delle selezioni e per questo scartate.
Ora la parte Aviation viene messa sul mercato, il passaggio conclusivo di un processo fatto di operazioni opache voluto dal governo Draghi tese all’azzeramento di una realtà industriale importante e strategica per il nostro Paese.
Tutto è iniziato grazie ad un investimento interamente pubblico di 700 milioni che difficilmente si recupereranno, visto che le perdite dei primi 6 mesi di operatività si avvicinano ai 200 mln di euro.
In questo quadro, un fritto misto di errori ed orrori a partire dall’occasione persa della nazionalizzazione per il rilancio unitario di Alitalia proposta nel 2020 dal secondo governo Conte, oggi rischia di svanire con il declino tutto il trasporto aereo nazionale.
Accertata la forte critica sul progetto industriale, gli scenari successivi ai bandi di cessione dei rami d’azienda di handling e manutenzione potrebbero comportare le stesse medesime sconfitte viste nella cessione della parte volo, con arbitrii nelle selezioni e nelle assunzioni, con ridimensionamento di attività e organici e perdita di migliaia di altri posti di lavoro.
Il governo deve rispondere pubblicamente di questa nuova situazione perché appare come minimo sorprendente lasciare ogni decisione nelle mani di pochissimi manager che pensano di essere i padroni del destino di quest’azienda e delle tante collegate nel settore.
In questa chiave, USB convoca l’assemblea nazionale del Trasporto Aereo martedì 5 a Roma, alle ore 10,30, in via Giolitti 5.
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16/03/2022
Pisa. I vertici civili e militari confermano il traffico di armi nascoste tra gli aiuti “umanitari”
Tutti alla manifestazione di sabato 19 all’aeroporto di Pisa!
Il presidente di Toscana aeroporti Marco Carrai dichiara alla stampa (Domani del 16.3.22) che il trasporto di armi dal G. Galilei non accadrà più: «Lo posso garantire».
Del traffico di armi si occupa il generale Paolo Figliuolo, del Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI), che sempre sulla stampa nazionale (Il Tirreno 16.3.22) in merito al rifiuto dei lavoratori di caricare le armi su un cargo civile precisa: “…Alcuni operatori si sono limitati a segnalare il mancato possesso dei requisiti necessari all’effettuazione del caricamento di materiali speciali, manifestando la necessità di specifiche autorizzazioni, caricati da altro personale. I materiali erano parte del sostegno militare per l’Ucraina deliberato dal parlamento, in attesa di essere caricati su un volo civile abilitato al trasporto di quella tipologia di merci».
Si tratta di un B-737 cargo appartenente a una compagnia aerea autorizzata dalla Nato a trasportare materiale bellico. «L’attività – conclude il COVI – è stata condotta presso una piazzola di parcheggio civile del Galilei anziché, come avviene usualmente, nei parcheggi aeroportuali militari, per l’eccezionale e contemporanea attività di trasporto richiesta dalla situazione in atto».
Di fronte a queste ammissioni, le domande che facciamo sono molte, alcune delle quali sono:
1) È così che il governo Draghi e le amministrazioni pubbliche locali intendono difendere la pace e mantenere aperti i canali della diplomazia?
2) Ci risulta che i voli dall’aeroporto G. Galilei siano molti di più di quelli dichiarati dal COVI e da Carrai. Che ci dicono COVI e Toscana Aeroporti dell’Antonov ucraino UR – 82029 atterrato lo scorso sabato 12.3 al Galilei e ripartito all’alba del 13.3?
3) Che dicono le pubbliche amministrazioni che siedono nel consiglio di amministrazione di Toscana Aeroporti (Regione Toscana, Comune di Pisa in primis) di questo traffico di armi su aerei civili che dovrebbero essere usati per il trasporto di aiuti umanitari?
4) Com’è possibile che una struttura del Ministero della Difesa chieda a dei lavoratori ignari del carico da maneggiare e senza alcuna competenza in tema di spostamento di armi ed esplosivi, di effettuare tale operazione?
5) Quali sono i rischi che stanno correndo il personale dell’aeroporto civile G. Galilei, i viaggiatori e gli abitanti di Pisa a causa di questo traffico clandestino di armi e di esplosivi?
6) È così che si intende rilanciare l’attività e l’immagine di un aeroporto fiaccato dagli ultimi anni di pandemia?
Domande alle quali se ne aggiungeranno altre nei prossimi giorni, nei quali come organizzazione sindacale valuteremo tutte le forme per garantire la sicurezza e i diritti dei lavoratori, dei viaggiatori e della popolazione circostante il sito aeroportuale.
Rimane lo sconcerto e la rabbia di fronte ad una decisione ponderata e coperta dai vertici militari del Ministero della Difesa e da Toscana Aeroporti, smascherata solo dalla coscienza civile di lavoratori che si sono rifiutati di caricare le armi sul cargo.
Contro questa cinica decisione di coprire i voli della morte sotto l’egida degli “aiuti umanitari” ci mobiliteremo sabato 19 marzo con la manifestazione “Dalla Toscana ponti di pace non voli di guerra”. Diamo appuntamento alle h. 15 nel piazzale del Galileo Galilei chiamando tutti i sinceri pacifisti a partecipare.
*****
La solidarietà dei portuali di Livorno ai lavoratori aeroportuali di Pisa
USB Porto Livorno, solidarietà ai lavoratori aeroportuali di Pisa. Tutti in piazza sabato 19 contro la guerra.
Massima solidarietà ai colleghi dell’aeroporto Galileo Galilei di Pisa che si sono rifiutati di caricare armi e munizioni dirette in Ucraina. Questa guerra la pagheranno solo i lavoratori, e ora di dire basta.
I lavoratori portuali iscritti a USB vogliono manifestare la propria vicinanza e solidarietà ai loro colleghi del trasporto aereo di Pisa che nella giornata di ieri, con coraggio, si sono rifiutati di essere complici di questa guerra.
Arrivati al Cargo Village di Pisa, pensando di dover caricare un volo “umanitario” si sono trovati di fronte ad armi e munizioni dirette nel teatro di guerra in Ucraina. Armi utili ad alimentare ancora di più una guerra che non accenna a finire. Armi che servono ad uccidere lavoratori come noi. Guerra che stiamo pagando direttamente con le conseguenze sull’economia e aumenti vertiginosi dei prezzi. Propaganda di guerra che ci vorrebbe far credere che per ottenere la pace dobbiamo inviare ancora più armi in Ucraina.
Noi lavoratori portuali rifiutiamo tutto ciò. Siamo a fianco delle popolazioni Ucraine, del Donbass e della Russia e non vogliamo essere complici di questo conflitto.
Ma non stiamo parlando solo di una questione politica ed etica. Così come successo nel nostro porto qualche mese fa, con un carico di materiale esplosivo diretto in Israele presso la Darsena Toscana, ci chiediamo quali protocolli di sicurezza esistano nel momento in cui avvengono queste movimentazioni di materiale bellico. È normale che dei lavoratori, e anche la popolazione, siano esposti a questi rischi?
Sabato USB Livorno sarà presente alla manifestazione contro la guerra di sabato 19 marzo alle 15 all’aeroporto di Pisa
Coordinamento USB lavoratori portuali Livorno
Fonte
Il presidente di Toscana aeroporti Marco Carrai dichiara alla stampa (Domani del 16.3.22) che il trasporto di armi dal G. Galilei non accadrà più: «Lo posso garantire».
Del traffico di armi si occupa il generale Paolo Figliuolo, del Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI), che sempre sulla stampa nazionale (Il Tirreno 16.3.22) in merito al rifiuto dei lavoratori di caricare le armi su un cargo civile precisa: “…Alcuni operatori si sono limitati a segnalare il mancato possesso dei requisiti necessari all’effettuazione del caricamento di materiali speciali, manifestando la necessità di specifiche autorizzazioni, caricati da altro personale. I materiali erano parte del sostegno militare per l’Ucraina deliberato dal parlamento, in attesa di essere caricati su un volo civile abilitato al trasporto di quella tipologia di merci».
Si tratta di un B-737 cargo appartenente a una compagnia aerea autorizzata dalla Nato a trasportare materiale bellico. «L’attività – conclude il COVI – è stata condotta presso una piazzola di parcheggio civile del Galilei anziché, come avviene usualmente, nei parcheggi aeroportuali militari, per l’eccezionale e contemporanea attività di trasporto richiesta dalla situazione in atto».
Di fronte a queste ammissioni, le domande che facciamo sono molte, alcune delle quali sono:
1) È così che il governo Draghi e le amministrazioni pubbliche locali intendono difendere la pace e mantenere aperti i canali della diplomazia?
2) Ci risulta che i voli dall’aeroporto G. Galilei siano molti di più di quelli dichiarati dal COVI e da Carrai. Che ci dicono COVI e Toscana Aeroporti dell’Antonov ucraino UR – 82029 atterrato lo scorso sabato 12.3 al Galilei e ripartito all’alba del 13.3?
3) Che dicono le pubbliche amministrazioni che siedono nel consiglio di amministrazione di Toscana Aeroporti (Regione Toscana, Comune di Pisa in primis) di questo traffico di armi su aerei civili che dovrebbero essere usati per il trasporto di aiuti umanitari?
4) Com’è possibile che una struttura del Ministero della Difesa chieda a dei lavoratori ignari del carico da maneggiare e senza alcuna competenza in tema di spostamento di armi ed esplosivi, di effettuare tale operazione?
5) Quali sono i rischi che stanno correndo il personale dell’aeroporto civile G. Galilei, i viaggiatori e gli abitanti di Pisa a causa di questo traffico clandestino di armi e di esplosivi?
6) È così che si intende rilanciare l’attività e l’immagine di un aeroporto fiaccato dagli ultimi anni di pandemia?
Domande alle quali se ne aggiungeranno altre nei prossimi giorni, nei quali come organizzazione sindacale valuteremo tutte le forme per garantire la sicurezza e i diritti dei lavoratori, dei viaggiatori e della popolazione circostante il sito aeroportuale.
Rimane lo sconcerto e la rabbia di fronte ad una decisione ponderata e coperta dai vertici militari del Ministero della Difesa e da Toscana Aeroporti, smascherata solo dalla coscienza civile di lavoratori che si sono rifiutati di caricare le armi sul cargo.
Contro questa cinica decisione di coprire i voli della morte sotto l’egida degli “aiuti umanitari” ci mobiliteremo sabato 19 marzo con la manifestazione “Dalla Toscana ponti di pace non voli di guerra”. Diamo appuntamento alle h. 15 nel piazzale del Galileo Galilei chiamando tutti i sinceri pacifisti a partecipare.
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La solidarietà dei portuali di Livorno ai lavoratori aeroportuali di Pisa
USB Porto Livorno, solidarietà ai lavoratori aeroportuali di Pisa. Tutti in piazza sabato 19 contro la guerra.
Massima solidarietà ai colleghi dell’aeroporto Galileo Galilei di Pisa che si sono rifiutati di caricare armi e munizioni dirette in Ucraina. Questa guerra la pagheranno solo i lavoratori, e ora di dire basta.
I lavoratori portuali iscritti a USB vogliono manifestare la propria vicinanza e solidarietà ai loro colleghi del trasporto aereo di Pisa che nella giornata di ieri, con coraggio, si sono rifiutati di essere complici di questa guerra.
Arrivati al Cargo Village di Pisa, pensando di dover caricare un volo “umanitario” si sono trovati di fronte ad armi e munizioni dirette nel teatro di guerra in Ucraina. Armi utili ad alimentare ancora di più una guerra che non accenna a finire. Armi che servono ad uccidere lavoratori come noi. Guerra che stiamo pagando direttamente con le conseguenze sull’economia e aumenti vertiginosi dei prezzi. Propaganda di guerra che ci vorrebbe far credere che per ottenere la pace dobbiamo inviare ancora più armi in Ucraina.
Noi lavoratori portuali rifiutiamo tutto ciò. Siamo a fianco delle popolazioni Ucraine, del Donbass e della Russia e non vogliamo essere complici di questo conflitto.
Ma non stiamo parlando solo di una questione politica ed etica. Così come successo nel nostro porto qualche mese fa, con un carico di materiale esplosivo diretto in Israele presso la Darsena Toscana, ci chiediamo quali protocolli di sicurezza esistano nel momento in cui avvengono queste movimentazioni di materiale bellico. È normale che dei lavoratori, e anche la popolazione, siano esposti a questi rischi?
Sabato USB Livorno sarà presente alla manifestazione contro la guerra di sabato 19 marzo alle 15 all’aeroporto di Pisa
Coordinamento USB lavoratori portuali Livorno
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12/03/2022
L’industria europea si prepara a soffrire per l’ultima impennata dei prezzi del petrolio e del gas
Questa volta è il Financial Times a fare una spietata disamina degli effetti della crisi energetica sul complesso dell’industria europea già alle prese con una uscita dalla recessione pandemica. Le “imprese zombie” che Draghi vuole sotterrare definitivamente in Italia subiranno una sorte analoga anche nel resto dell’Europa. Benvenuti nel mondo delle “sorti magnifiche e progressive del capitalismo”.
*****
L’ultima impennata dei prezzi del petrolio e del gas, mentre l’Occidente risponde all’invasione russa dell’Ucraina, minaccia un forte aumento dei costi per l’industria europea, danneggiando gravemente settori come l’acciaio e l’alluminio, i fertilizzanti e i trasporti.
Il greggio Brent è balzato ad un massimo di 14 anni a 139 dollari nel trading di lunedì, mentre il gas europeo è salito quasi dell’80% ad un nuovo record dopo che gli Stati Uniti hanno detto che stavano considerando un divieto sulle importazioni di petrolio russo.
Questo significa ancora più sofferenza per le compagnie aeree, le compagnie di navigazione, le case automobilistiche e altre industrie ad alta intensità energetica, che avevano già chiesto ai governi di affrontare “prezzi energetici insopportabilmente alti” prima della crisi attuale.
Produttori di metalli
Nicholas Snowdon, analista di Goldman Sachs, ha detto che il nuovo aumento dei prezzi ha creato un “ambiente molto opprimente” per ogni industria ad alta intensità energetica in Europa, con l’alluminio proprio in “cima alla lista“.
Il metallo leggero, usato in tutto, dalle lattine di birra ai veicoli elettrici, è conosciuto come “elettricità solida” a causa delle grandi quantità di energia richieste per trasformare il suo ingrediente chiave, l’allumina, in metallo raffinato. La prospettiva di una crisi dell’offerta ha spinto il prezzo dell’alluminio fino al record di più di 4.000 dollari a tonnellata lunedì. È aumentato di oltre il 100% nell’ultimo anno.
Secondo Goldman, i prezzi elevati dell’energia che risultano dall’impennata del prezzo del gas hanno già messo fuori servizio 900.000 tonnellate di alluminio e 700.000 tonnellate di capacità di fusione dello zinco in Europa.
Gli impianti che sono stati messi fuori servizio includono due terzi della capacità della fonderia di zinco Portovesme in Italia, mentre la produzione è stata tagliata del 60% nelle fonderie di alluminio Slovalco di Nyrstar e Norsk Hydro in Slovacchia.
La Alvance di Dunkerque, il più grande produttore europeo di alluminio, ha ridotto la produzione del 15%. Snowdon ha detto che si aspetta che questa capacità rimanga offline oltre la fine dell’anno e ha detto che c’è il potenziale per ulteriori chiusure di fonderie che non hanno contratti di energia a lungo termine.
Gli analisti hanno detto che questi impianti sarebbero “gravemente in perdita al momento“, anche se l’alluminio ha prezzi record. “L’impatto è molto cupo“, ha detto Cillian O’Donoghue, un direttore di Eurometaux, un gruppo industriale che rappresenta i produttori di metallo nella regione, tra cui Rio Tinto e Glencore.
“Ci aspettavamo un calo dei prezzi dell’energia dopo l’inverno, la riapertura di alcune fonderie e l’eliminazione delle limitazioni, ma questo non accadrà ora“, ha detto O’Donoghue. “Se i prezzi rimangono a questi livelli, dovremmo aspettarci ulteriori chiusure e una maggiore dipendenza dalle importazioni“.
I produttori di acciaio europei erano già alle prese con gli alti costi energetici e le interruzioni della catena di approvvigionamento, con alcuni produttori che hanno ridotto la produzione nei momenti di punta.
Matt Watkins, analista principale della società di consulenza sulle materie prime CRU, ha detto che l’impennata dei prezzi del gas e in particolare dell’elettricità “farà certamente salire i costi di produzione di un importo significativo” per gli operatori dei forni elettrici ad arco.
La più grande preoccupazione per i dirigenti, tuttavia, è l’interruzione della fornitura. L’Ucraina e la Russia sono esportatori chiave di acciaio, e sia ArcelorMittal che Metinvest la scorsa settimana hanno fermato la produzione nei loro impianti ucraini.
“Abbiamo appena avuto un enorme shock di fornitura in tutta la catena del valore dell’acciaio, eliminando due delle principali fonti di esportazione del mondo“, ha detto Watkins. “I compratori che hanno bisogno di acciaio ora devono cercare fonti alternative e nel breve termine questo sta spingendo i prezzi spot dell’acciaio molto più in alto“.
Le compagnie di trasporto
L’aumento dei prezzi del petrolio ha fatto scendere le azioni dei gruppi aerei lunedì, con un calo di oltre il 7% per Ryanair, portando le perdite mensili al 30%. Wizz Air, che aveva completamente smesso di coprirsi, ha detto lunedì che avrebbe invertito la sua politica e pagato un prezzo fisso per coprire il 40% del suo fabbisogno di carburante nei tre mesi fino alla fine di giugno.
L’aumento dei prezzi del greggio si ripercuote sul carburante per jet e bunker utilizzato per alimentare le gigantesche macchine del trasporto globale. Il jet fuel è più che raddoppiato in un anno, raggiungendo il livello più alto dal 2008 a 1.166 dollari per tonnellata metrica, secondo S&P Global Commodity Insights.
“L’alto costo del carburante e l’inflazione più alta sono qui per rimanere più a lungo“, ha detto Rico Luman, un senior economist specializzato in trasporti presso ING. Anche se il carburante rappresenta circa il 50% dei costi delle compagnie di navigazione, contro il 20-35% per l’aviazione, gli analisti hanno detto che le compagnie aeree sono più esposte all’aumento dei costi del carburante, mentre l’industria si riprende dalla pandemia a causa della sensibilità dei consumatori ai prezzi più alti dei biglietti.
Sathish Sivakumar, analista di Citigroup, ha detto che i vettori tradizionali potrebbero introdurre più facilmente supplementi di carburante di emergenza rispetto ai vettori low-cost che dovrebbero aumentare i prezzi dei biglietti. “Gli operatori a corto raggio avranno probabilmente un impatto con prezzi più alti e bilanci sotto pressione“, ha detto.
Produttori di automobili
Per le fabbriche di automobili europee, che già combattono contro l’aumento delle fatture dei pezzi di ricambio e le catene di fornitura in stallo, un ulteriore forte aumento dei costi energetici è l’ultimo di una lunga serie di colpi di martello alla competitività.
Dopo la manodopera e le materie prime, i costi dell’energia sono il conto più grande che i produttori di veicoli devono affrontare, anche se gli stabilimenti automobilistici europei hanno ridotto il loro uso di energia del 28% dal 2005.
I dirigenti di Mercedes-Benz, Stellantis e Renault hanno tutti recentemente avvertito dell’aumento dei costi dovuto all’aumento dei prezzi delle materie prime. Oltre all’elettricità usata per gestire le proprie fabbriche, le case automobilistiche saranno colpite anche dall’aumento dei costi di produzione tra i fornitori che producono di tutto, dall’acciaio all’alluminio, alla plastica e al vetro.
“Metalli, prodotti chimici, plastica e vetro dipendono molto dal gas per la lavorazione“, ha detto Dominic Tribe, un analista della catena di approvvigionamento di Vendigital. Ha aggiunto che circa la metà dell’uso industriale dell’energia si basa sul gas, mentre un quinto proviene dall’elettricità, che è anche in aumento.
“La lista è lunga perché così tanti processi di produzione nel settore automobilistico sono basati sul calore“, ha detto Philippe Houchois, analista di Jefferies.
Fonte
13/02/2022
La svendita di ITA: un enorme speculazione su un servizio pubblico essenziale
La decisione del Consiglio dei Ministri di ieri relativo alla vendita di ITA, ad appena 4 mesi dalla sua travagliata e contestata nascita, è la conferma di tutte le denunce che USB (e non solo) ha fatto negli ultimi mesi: questa operazione è un’enorme speculazione a favore di interessi privati fatta ai danni di un servizio pubblico, a spese dello Stato, delle tasche dei cittadini e di migliaia di lavoratori e lavoratrici.
Infatti, avevamo già ampiamente annunciato che questo sarebbe stato l’esito inevitabile di un progetto industriale nato con enormi limitazioni, sulla scorta del dogma della discontinuità auto-imposto in una falsa trattativa con la UE, con dimensioni e missione utili solo a diventare ancillari ai grandi vettori stranieri che da 20 anni spadroneggiano nel nostro ricco mercato aereo nazionale, il terzo in Europa.
Un progetto che al momento sembra essere servito solo per cancellare un marchio storico conosciuto in tutto il mondo e per eliminare una volta per tutte un asset produttivo che, per quanto massacrato da 20 anni di malagestione, poteva riappropriarsi di importanti quote di mercato. Un progetto che è stato utilizzato anche per liquidare un patrimonio professionale enorme, licenziando migliaia di lavoratori, eliminando diritti previsti dalla legge e tagliando i salari del 30%, collocando questi ultimi sotto i livelli delle low cost.
Tutto questo portato avanti a spese dei contribuenti italiani, per poi vedere le compagnie straniere presentarsi immediatamente alla porta per riscuotere il loro interesse.
Un’operazione che era nata con un’altra missione nel 2020, ma completamente trasformata da un governo sempre più lobby di interessi finanziari che niente hanno a che fare con il bene della nazione, avallata da una classe politica oramai irrilevante ma che ha potuto essere conclusa grazie anche alla complicità di quei sindacati che hanno incredibilmente sottoscritto gli accordi del 2 dicembre scorso.
USB non si limita a rivendicare le proprie ragioni ma da subito lancia un appello affinché tutte le forze coinvolte comprendano la posta in palio: il presidio del terzo mercato continentale, il controllo e la gestione dei flussi turistici e commerciali e la limitazione della connettività intercontinentale del nostro Paese.
Occorre fermare questa enorme speculazione e ripensare, riprogettare e realizzare un diverso sistema del trasporto aereo nazionale.
Fonte
Infatti, avevamo già ampiamente annunciato che questo sarebbe stato l’esito inevitabile di un progetto industriale nato con enormi limitazioni, sulla scorta del dogma della discontinuità auto-imposto in una falsa trattativa con la UE, con dimensioni e missione utili solo a diventare ancillari ai grandi vettori stranieri che da 20 anni spadroneggiano nel nostro ricco mercato aereo nazionale, il terzo in Europa.
Un progetto che al momento sembra essere servito solo per cancellare un marchio storico conosciuto in tutto il mondo e per eliminare una volta per tutte un asset produttivo che, per quanto massacrato da 20 anni di malagestione, poteva riappropriarsi di importanti quote di mercato. Un progetto che è stato utilizzato anche per liquidare un patrimonio professionale enorme, licenziando migliaia di lavoratori, eliminando diritti previsti dalla legge e tagliando i salari del 30%, collocando questi ultimi sotto i livelli delle low cost.
Tutto questo portato avanti a spese dei contribuenti italiani, per poi vedere le compagnie straniere presentarsi immediatamente alla porta per riscuotere il loro interesse.
Un’operazione che era nata con un’altra missione nel 2020, ma completamente trasformata da un governo sempre più lobby di interessi finanziari che niente hanno a che fare con il bene della nazione, avallata da una classe politica oramai irrilevante ma che ha potuto essere conclusa grazie anche alla complicità di quei sindacati che hanno incredibilmente sottoscritto gli accordi del 2 dicembre scorso.
USB non si limita a rivendicare le proprie ragioni ma da subito lancia un appello affinché tutte le forze coinvolte comprendano la posta in palio: il presidio del terzo mercato continentale, il controllo e la gestione dei flussi turistici e commerciali e la limitazione della connettività intercontinentale del nostro Paese.
Occorre fermare questa enorme speculazione e ripensare, riprogettare e realizzare un diverso sistema del trasporto aereo nazionale.
Fonte
26/01/2022
Tutto come previsto. L’ex Alitalia finisce nelle mani di Lufthansa
Alla fine il prevedibile scenario si è palesato. La messa in crisi di Alitalia – ora ITA – doveva spianare il terreno alla sua acquisizione da parte di uno dei grandi monopoli del trasporto aereo nell’Unione Europea: la tedesca Lufthansa. Nella prima fase era sembrata prevalere l’opzione dell’altro monopolio – Air France – ma poi ha prevalso la “zampata” tedesca.
La privatizzazione del 2007, i “capitani coraggiosi”, l’arrivo degli sceicchi etc. etc. avevano lasciato intravedere sin dall’inizio il progetto di creazione di due soli monopoli a livello europeo. Negli anni Lufthansa e Air France avevano già acquisito Sabena, Klm, Iberia. L’altro player era British Airways ma con la Brexit del 2016 era uscito dallo scenario di concentrazione monopolistica all’interno della Ue.
Poi c’è stata la demolizione definitiva di Alitalia nel 2021 e la nascita di Ita Airways.
Adesso la notizia è ufficiale e la stessa Commissione Europea ha spianato la strada a Lufthansa. Il Sole 24 Ore riferisce che da Bruxelles è arrivata la conferma che Lufthansa è libera di comprare partecipazioni azionarie di altre compagnie, perché ha restituito oltre il 75% degli aiuti di Stato ricevuti durante la crisi per il Covid. La Commissione europea ha risposto così a una domanda sulle voci di un’eventuale acquisizione di una quota di Ita Airways. La portavoce di Bruxelles non ha commentato l’ipotesi Ita, ma ha precisato che secondo le regole Ue il divieto di fare acquisizioni per il vettore tedesco è revocato.
Dal canto suo Ita Airways ha confermato di aver ricevuto la manifestazione di interesse da parte del gruppo MSC e Lufthansa per acquisire la maggioranza della compagnia. “Il gruppo MSC ha concordato con Lufthansa la sua partecipazione alla partnership a termini da definire durante la due diligence. Sia il gruppo MSC sia Lufthansa hanno espresso il desiderio che il Governo Italiano mantenga una quota di minoranza all’interno della società. Il cda di Ita esaminerà in una prossima riunione i dettagli della manifestazione d’interesse stessa”.
Dal canto suo l’altro monopolio Air France-Klm ha preso atto della lettera di interesse di Msc-Lufthansa per acquisire una partecipazione di maggioranza in Ita. Un portavoce del gruppo francese ha spiegato al Corriere della Sera che “Air France-Klm seguirà da vicino gli sviluppi nelle prossime settimane e rimane impegnata a creare una forte partnership con Ita Airways”.
La strategia di MSC e Lufthansa poggia su tre pilastri: trasporto passeggeri, trasporto merci e trasporto charter (in questo caso sia passeggeri che cargo) basandosi sugli scali italiani di Roma Fiumicino, Milano Linate e Milano Malpensa.
In primavera si potrebbe quindi concludere la studiata, voluta, costruita agonia di Alitalia sull’altare della concentrazione monopolistica in Europa. L’unica alternativa a tale scenario di totale subalternità era proprio quella nazionalizzazione che lavoratrici e lavoratori hanno chiesto per anni, senza risposte e con la complicità nella svendita da parte di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi quindici anni.
Fonte
La privatizzazione del 2007, i “capitani coraggiosi”, l’arrivo degli sceicchi etc. etc. avevano lasciato intravedere sin dall’inizio il progetto di creazione di due soli monopoli a livello europeo. Negli anni Lufthansa e Air France avevano già acquisito Sabena, Klm, Iberia. L’altro player era British Airways ma con la Brexit del 2016 era uscito dallo scenario di concentrazione monopolistica all’interno della Ue.
Poi c’è stata la demolizione definitiva di Alitalia nel 2021 e la nascita di Ita Airways.
Adesso la notizia è ufficiale e la stessa Commissione Europea ha spianato la strada a Lufthansa. Il Sole 24 Ore riferisce che da Bruxelles è arrivata la conferma che Lufthansa è libera di comprare partecipazioni azionarie di altre compagnie, perché ha restituito oltre il 75% degli aiuti di Stato ricevuti durante la crisi per il Covid. La Commissione europea ha risposto così a una domanda sulle voci di un’eventuale acquisizione di una quota di Ita Airways. La portavoce di Bruxelles non ha commentato l’ipotesi Ita, ma ha precisato che secondo le regole Ue il divieto di fare acquisizioni per il vettore tedesco è revocato.
Dal canto suo Ita Airways ha confermato di aver ricevuto la manifestazione di interesse da parte del gruppo MSC e Lufthansa per acquisire la maggioranza della compagnia. “Il gruppo MSC ha concordato con Lufthansa la sua partecipazione alla partnership a termini da definire durante la due diligence. Sia il gruppo MSC sia Lufthansa hanno espresso il desiderio che il Governo Italiano mantenga una quota di minoranza all’interno della società. Il cda di Ita esaminerà in una prossima riunione i dettagli della manifestazione d’interesse stessa”.
Dal canto suo l’altro monopolio Air France-Klm ha preso atto della lettera di interesse di Msc-Lufthansa per acquisire una partecipazione di maggioranza in Ita. Un portavoce del gruppo francese ha spiegato al Corriere della Sera che “Air France-Klm seguirà da vicino gli sviluppi nelle prossime settimane e rimane impegnata a creare una forte partnership con Ita Airways”.
La strategia di MSC e Lufthansa poggia su tre pilastri: trasporto passeggeri, trasporto merci e trasporto charter (in questo caso sia passeggeri che cargo) basandosi sugli scali italiani di Roma Fiumicino, Milano Linate e Milano Malpensa.
In primavera si potrebbe quindi concludere la studiata, voluta, costruita agonia di Alitalia sull’altare della concentrazione monopolistica in Europa. L’unica alternativa a tale scenario di totale subalternità era proprio quella nazionalizzazione che lavoratrici e lavoratori hanno chiesto per anni, senza risposte e con la complicità nella svendita da parte di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi quindici anni.
Fonte
03/01/2022
Air Italy. Arrivate 1350 lettere di licenziamento. Il governo si assuma le proprie responsabilità
Come previsto dal 9 dicembre, ai 1350 lavoratori e lavoratrici di Air Italy sono arrivate le lettere di licenziamento firmate dai commissari liquidatori Laghi e Lagro.
Un’iniziativa scontata da parte di una proprietà che da tempo ha manifestato la più totale noncuranza degli effetti sociali prodotti dalla propria malagestione per quella che era la storica seconda compagnia aerea italiana, nonché la prima ed unica in Sardegna.
A rendere non meno amaro questo epilogo è stata la complessiva debolezza del sistema politico e istituzionale, che non ha saputo imporre agli azionisti soluzioni alternative al licenziamento.
Ma la storia non finisce di certo qui! Anzi, riteniamo che adesso il Governo italiano debba assumersi l’onere e la responsabilità del futuro di questi lavoratori, come di tutto il settore, abbandonato a sé stesso durante la più grave crisi mondiale dal dopoguerra ad oggi.
Le lettere di licenziamento fanno di fatto cadere gli alibi fino a qui utilizzati per giustificare la propria impotenza e l’imbarazzante scaricabarile al quale abbiamo assistito fino a questo momento.
Al Governo chiediamo di affrontare un vero e proprio disastro sociale e politico, adoperando tutti gli strumenti in suo possesso, non ultimo il potere di salvaguardia degli interessi nazionali e sociali che la stessa Costituzione italiana gli conferisce con l’articolo 41.
Ci aspettiamo a brevissimo la convocazione del tavolo annunciato durante l’ultima riunione con i tre ministeri coinvolti, ai quali chiediamo risposte immediate su area di crisi complessa, bacino di riqualificazione e ricollocazione e la copertura degli ammortizzatori sociali fino a tutto il 2025.
A tutti i lavoratori e lavoratrici Air Italy colpiti dai licenziamenti, in particolare ai tanti che da sempre si battono contro lo sfacelo industriale e gli accordi sbagliati che hanno caratterizzato gli ultimi anni, vogliamo inviare la nostra solidarietà e l’invito a non mollare, mai.
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Un’iniziativa scontata da parte di una proprietà che da tempo ha manifestato la più totale noncuranza degli effetti sociali prodotti dalla propria malagestione per quella che era la storica seconda compagnia aerea italiana, nonché la prima ed unica in Sardegna.
A rendere non meno amaro questo epilogo è stata la complessiva debolezza del sistema politico e istituzionale, che non ha saputo imporre agli azionisti soluzioni alternative al licenziamento.
Ma la storia non finisce di certo qui! Anzi, riteniamo che adesso il Governo italiano debba assumersi l’onere e la responsabilità del futuro di questi lavoratori, come di tutto il settore, abbandonato a sé stesso durante la più grave crisi mondiale dal dopoguerra ad oggi.
Le lettere di licenziamento fanno di fatto cadere gli alibi fino a qui utilizzati per giustificare la propria impotenza e l’imbarazzante scaricabarile al quale abbiamo assistito fino a questo momento.
Al Governo chiediamo di affrontare un vero e proprio disastro sociale e politico, adoperando tutti gli strumenti in suo possesso, non ultimo il potere di salvaguardia degli interessi nazionali e sociali che la stessa Costituzione italiana gli conferisce con l’articolo 41.
Ci aspettiamo a brevissimo la convocazione del tavolo annunciato durante l’ultima riunione con i tre ministeri coinvolti, ai quali chiediamo risposte immediate su area di crisi complessa, bacino di riqualificazione e ricollocazione e la copertura degli ammortizzatori sociali fino a tutto il 2025.
A tutti i lavoratori e lavoratrici Air Italy colpiti dai licenziamenti, in particolare ai tanti che da sempre si battono contro lo sfacelo industriale e gli accordi sbagliati che hanno caratterizzato gli ultimi anni, vogliamo inviare la nostra solidarietà e l’invito a non mollare, mai.
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18/10/2021
Politica industriale? Il test di Alitalia
Cos’è una buona politica industriale? E che cosa vuol dire avere in mente quali sono i settori strategici di un’economia? Qualcuno penserà che questo Governo, e l’operazione ITA che ha rilevato Alitalia, dia una risposta.
La verità però sembra un’altra: ITA vola con i velivolo e con il marchio Alitalia, ed ha promesso acquisto di nuovi velivoli nei prossimi mesi. E allora cosa c’è che non va, se addirittura ITA riutilizza le risorse esistenti di Alitalia, e il marchio? Quello che non va è che gli unici a pagare per questo passaggio sono stati i lavoratori. Da 12.000 a 2.500, assunti con il Jobs act e quindi con meno tutele che in passato, con salari minori.
Ci si dirà, ma se era l’unico modo per salvare la compagnia di bandiera allora era un sacrificio necessario! E allora ci viene da rispondere: ma perché a fare sacrifici in questo paese devono sempre essere i lavoratori?
Perché a pagare della cattiva gestione delle imprese sia di Stato sia private (Alitalia era stata già privatizzata da Berlusconi e oggi se la deve riprendere secondo regole dettate dall’Unione Europea) devono essere i dipendenti, che per definizione non ne hanno responsabilità?
Ecco quale sarebbe un buon approccio di politica industriale: quello che mettesse almeno sullo stesso piano la sostenibilità economica e la vita delle persone.
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La verità però sembra un’altra: ITA vola con i velivolo e con il marchio Alitalia, ed ha promesso acquisto di nuovi velivoli nei prossimi mesi. E allora cosa c’è che non va, se addirittura ITA riutilizza le risorse esistenti di Alitalia, e il marchio? Quello che non va è che gli unici a pagare per questo passaggio sono stati i lavoratori. Da 12.000 a 2.500, assunti con il Jobs act e quindi con meno tutele che in passato, con salari minori.
Ci si dirà, ma se era l’unico modo per salvare la compagnia di bandiera allora era un sacrificio necessario! E allora ci viene da rispondere: ma perché a fare sacrifici in questo paese devono sempre essere i lavoratori?
Perché a pagare della cattiva gestione delle imprese sia di Stato sia private (Alitalia era stata già privatizzata da Berlusconi e oggi se la deve riprendere secondo regole dettate dall’Unione Europea) devono essere i dipendenti, che per definizione non ne hanno responsabilità?
Ecco quale sarebbe un buon approccio di politica industriale: quello che mettesse almeno sullo stesso piano la sostenibilità economica e la vita delle persone.
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10/09/2021
Brancaccio - Alitalia: il doppio standard sugli aiuti di Stato
Il caso Alitalia è l'ennesima prova delle iniquità del "quadro temporaneo" di regole europee sugli aiuti di Stato. Ma è anche frutto di un vecchio dilemma amletico, che gli amministratori dell'azienda non hanno mai saputo risolvere.
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