Lo scontro di potere negli Usa cresce di tono. Con una operazione piuttosto clamorosa gli agenti dell’Fbi si sono presentati, a sorpresa, nella residenza di Donald Trump a Palm Beach in Florida. È stato lo stesso Trump a rivelarlo con un lungo comunicato, che contiene un atto d’accusa a Washington, alla “corruzione della burocrazia”, in cui Trump ha parlato di “persecuzione politica”, di “attacco alla sua candidatura” alle presidenziali del 2024 e ha indicato nei “democratici radicali di sinistra” i mandanti di quello che è stato definito un atto da “Paese del terzo mondo”.
L’intervento dell’Fbi, autorizzato dal dipartimento della Giustizia, sarebbe legato al trasferimento di centinaia di scatole contenenti documenti prelevati da Trump dalla Casa Bianca e che dovevano, invece, essere consegnati agli Archivi di Stato.
In gennaio l’ex presidente aveva restituito 15 casse di documenti nel tentativo di evitare un procedimento, che è stato invece avviato ugualmente a febbraio e ha portato alla perquisizione di oggi. Per il New York Times è una svolta che giunge “mentre il Dipartimento della Giustizia ha accelerato la separata inchiesta sugli sforzi di Trump per restare in carica dopo la sconfitta elettorale del 2020, e mentre l’ex presidente deve anche affrontare la velocizzazione di un’indagine penale in Georgia e cause civili a New York”.
Il trasferimento di qualsiasi documento dalla Casa Bianca è considerato un reato federale. Gli agenti, secondo la CNN, hanno portato via dalla casa di Trump scatoloni pieni di documenti.
L’intervento è arrivato poche ore dopo l’incontro tra l’ex procuratore John Rowley, difensore di Trump, e uomini del dipartimento Giustizia. Gli agenti dell’Fbi cercavano prove dei documenti nascosti dall’ex presidente durante le operazioni di trasloco dalla Casa Bianca.
La perquisizione dell’Fbi nella residenza di Mar-a-Lago di Trump “segna un momento storico nel tormentato rapporto di Trump con il Dipartimento di Giustizia, sia dentro che fuori dalla Casa Bianca”, sottolinea il Washington Post. “L’ex presidente, senza prove, ha accusato i Democratici di usare il sistema giudiziario come arma contro di lui”, e molti repubblicani “hanno fatto coro”. Il Washington Post ricorda però che l’attuale capo dell’Fbi, Christopher Wray, è stato nominato nel 2017 dallo stesso Trump, e che l’indagine è di lunga data.
Per il Wall Street Journal la perquisizione di questa mattina ha segnato un’escalation delle indagini del Dipartimento di Giustizia sui suoi ultimi giorni in carica e agiterà il periodo che precede le elezioni di midterm a novembre. La perquisizione, rileva il Wsj, “avviene mentre il sostegno all’ex presidente, e in particolare all’idea che possa ricandidarsi nel 2024, è in calo anche all’interno del suo stesso partito. Ma la mossa dell’Fbi è diventata rapidamente un grido di battaglia per molti repubblicani”, e li ha ricompattati attorno a Trump.
Quella che appare una operazione tesa a indebolire Trump e la sua candidatura – alla vigilia delle elezioni di medio termine di novembre – potrebbe rivelarsi però un boomerang per Biden e i Democratici in un paese ormai fortemente polarizzato sul piano politico e sociale.
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