Secondo le previsioni di Simon Wells, Chief European Economist della Hsbc Bank, riportate da Milano Finanza, l’entità della compressione dei redditi, insieme a una limitata propensione al risparmio, “significa che la recessione nell’Eurozona è probabilmente inevitabile”.
“Ora vediamo il Pil dell’Eurozona ristagnare nel terzo trimestre del 2022 e contrarsi dello 0,3% nei due trimestri successivi, prima di tornare a una crescita moderata nella seconda metà dell’anno prossimo. Ciò implica una crescita su anno pari a zero nel 2023, in calo rispetto all’1,5% stimato in precedenza, al di sotto del consenso di luglio dell’1,4% e della previsione della Banca centrale europea di una crescita del 2,1%, ma non così cupa come la contrazione dell’1% prevista dalla Banca d’Inghilterra”, ha sottolineato Wells, convinto, quindi, che la recessione dovrebbe essere piuttosto contenuta grazie alle misure fiscali previste e a un mercato del lavoro che sembra destinato a rimanere relativamente resistente.
Ma con il razionamento dell’energia ancora possibile, i rischi sono orientati al ribasso. “Non sorprende che la recessione sia guidata dai consumi. La compressione dei redditi fa sì che i consumi dovrebbero terminare il prossimo anno con un calo del 2,4% rispetto al livello del 2019. L’impatto combinato della pandemia e della crisi energetica probabilmente innescherà almeno un mezzo decennio di consumi persi nell’eurozona. Anche se questo presuppone che la crescita dei consumi si riprenda nella seconda metà del 2023 nonostante la disoccupazione in lieve aumento, grazie all’accelerazione della crescita dei salari in risposta all’aumento dell’inflazione e al recupero della fiducia dei consumatori”, precisa Wells.
Secondo l’analista di Hsbc tra le quattro grandi economie dell’Eurozona, la recessione colpirà più duramente la Germania, a causa del suo mix energetico e di un ulteriore ritardo nella ripresa del settore manifatturiero. Sebbene alcune interruzioni delle forniture si stiano attenuando, la domanda globale sta rallentando e ci sono nuovi rischi per l’approvvigionamento. Diversamente dalla Germania, Wells vede la Spagna capace di evitare del tutto la recessione per merita di una riuscita stagione turistica e l’aspettativa di un pieno ritorno ai livelli pre-pandemici nel 2023. Ma ciò sarebbe anche il riflesso del relativamente basso livello del pil dal crollo avvenuto con la pandemia di Covid-19.
Nel frattempo, secondo Wells, l’Unione Europea punta a una riduzione volontaria del 15% del consumo di gas. “In un certo senso, una riduzione del 15% del consumo di gas non deve avere un impatto enorme sul Pil. Se ci vestissimo tutti un po’ più caldi, se facessimo docce più brevi e spegnessimo le luci, l’impatto sul Pil potrebbe essere limitato alla riduzione diretta della distribuzione di energia”. Uno studio recente sostiene che la Germania potrebbe ridurre il suo consumo totale di gas nel breve periodo fino al 25% senza compromettere la produzione economica. “Uno scenario così ottimistico ci sembra improbabile” afferma però Wells “anche perché il solo contenimento dei consumi da parte delle famiglie non sarà sufficiente. L’industria rappresenta il 44% del consumo di gas in Europa, quindi anch’essa dovrà ridurre la domanda. E poi c’è l’impatto diretto da considerare. La distribuzione di gas ed elettricità rappresenta direttamente quasi il 2% del Pil della zona euro. Quindi una riduzione del 15% della fornitura di gas, anche attraverso un minor consumo di elettricità, potrebbe togliere lo 0,3% al Pil, anche nell’ipotesi irrealistica che non ci siano assolutamente implicazioni a catena in altri settori dell’economia”, sottolinea l’analista di Hsbc.
Wells ha inoltre calcolato che anche se si raggiungesse la riduzione del 15% prevista, lo stoccaggio di gas in Germania dovrebbe essere al 76% entro il 1° novembre per superare l’inverno senza ulteriori riduzioni o razionamenti. E questo presuppone irrealisticamente che la Germania sia disposta a esaurire le scorte per tutto l’inverno. Inoltre, un inverno particolarmente freddo potrebbe rendere la riduzione del consumo energetico ancora più impegnativa. Una notizia positiva, tuttavia, è che lo stoccaggio tedesco è già salito al 74% grazie alla riduzione del consumo di energia da parte delle famiglie e del passaggio al petrolio da parte dell’industria.
Se sarà necessario un razionamento, i piani di emergenza per l’industria assomigliano ai lockdown visti durante la pandemia con la chiusura temporanea di alcune aziende non essenziali (in particolare quelle a maggior consumo di energia). Le industrie più energivore sono quelle della carta, del ferro e dell’acciaio, chimica e, in misura minore, quelle dei prodotti in legno e dei minerali non metalliferi. Complessivamente, le imprese chimiche consumano circa il 6% dell’energia totale consumata nell’area dell’euro in un anno, mentre l’industria cartaria e siderurgica circa il 3% ciascuna.
Per valutare l’impatto, Wells ha ipotizzato che la produzione dei settori più energivori si riduca a circa la metà, mentre il consumo complessivo di elettricità e gas per uso domestico diminuisca di circa il 20%. In base a queste ipotesi, “la crescita del Pil dell’eurozona potrebbe ridursi di circa 2,5 punti percentuali, da poco più di 3 punti percentuali in Germania e 2,75 punti percentuali in Italia, a poco meno di 2 punti percentuali in Francia. Il calo sarà probabilmente avvertito soprattutto nel quarto trimestre di quest’anno e nel primo trimestre del 2023”.
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