Benyamin Netanyahu parte per Bruxelles, dove stasera incontra
il Segretario di stato Usa Mike Pompeo, lasciandosi alle spalle, almeno
per qualche ora i suoi pesanti guai giudiziari. Guai
che potrebbero costringerlo a dimettersi e abbandonare la guida di
Israele nonostante gli ampi consensi popolari di cui il premier
israeliano di destra continua a godere grazie anche alla linea del pugno
di ferro contro i palestinesi e nelle questioni di sicurezza nazionale.
Netanyahu nega tutte le accuse, sostiene che contro di lui non c’è nulla, e punta il dito contro il capo della polizia uscente Roni Alsheich che ieri ha chiesto la
sua incriminazione, insieme alla moglie Sara, per corruzione e frode
nell’ambito del cosiddetto “Caso 4000”, relativo a sospetti scambi di
favori tra il primo ministro e il gigante delle telecomunicazioni Bezeq,
proprietario dell’importante portale d’informazione Walla. La
condizione del premier israeliano, di cui la polizia ha già chiesto il
rinvio a giudizio in altre due indagini, perciò si fa sempre più
precaria.
Secondo gli inquirenti Netanyahu è sospettato di aver aiutato in vari modi l’azionista di maggioranza di Bezeq, Shaul Elovitch, in cambio di un trattamento
favorevole per lui e la moglie da parte di Walla, seguito
quotidianamente da centinaia di migliaia di israeliani. Un reato
identico a quello che la polizia gli contesta in un’altra inchiesta. La
polizia afferma di avere le prove di cambiamenti normativi
promessi da Netanyahu a Elovitch che hanno garantito profitti alla Bezeq
per centinaia di milioni di dollari. Netanyahu avrebbe quindi ricevuto
da Walla una copertura molto positiva, per lui e la moglie anche lei
sotto inchiesta. La polizia ha già chiesto l’incriminazione di
Netanyahu in altri due casi di sospetta corruzione. Nel primo avrebbe
accettato regali molto costosi da ricchi imprenditori aiutati poi in
vari modi, nel secondo avrebbe fatto promesse all’editore del quotidiano
Yediot Ahronot in cambio, come nel caso di Walla, di una copertura favorevole.
I giornali israeliani questa mattina sottolineano che su Netanyahu
gravano come un macigno le decisioni del procuratore generale Avishai
Mandelblit intenzionato, si dice, a rinviarlo a giudizio. In quel caso avrebbe fine, almeno per alcuni anni, la carriera politica del primo ministro israeliano in carica dal 2009,
di cui l’opposizione vuole le dimissioni immediate poiché, spiega, un
capo di governo coinvolto in tanti casi di corruzione non può rimanere
al suo posto. Scalpitano inoltre i rivali nella maggioranza di governo
che mirano a prendere il posto di Netanyahu dopo le elezioni politiche
previste alla fine del 2019 ma che, con ogni probabilità, si terranno
prima dell’estate. Il mese scorso Netanyahu è stato quasi costretto ad
indire elezioni anticipate a causa delle dimissioni presentate dal
ministro della difesa Lieberman per protestare contro il cessate il
fuoco con il movimento islamista Hamas a Gaza. Netanyahu ora guida una
coalizione con una maggioranza di soli 61 seggi sui 120 della Knesset.
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