Questo non è un articolo normale. Senza montarci la testa, cerchiamo di fare un po’ di debunking, ossia di smontare qualche fake news per aiutare il lettore – i nostri sanno che siamo “cattivi” – a orizzontarsi meglio nel mare di pessima informazione entro cui è costretto a nuotare, senza capire da dove venga la corrente e quanto inquinato sia il mare.
Siccome questo mare è sconfinato, ci limitiamo ad affrontare una sciocchezzuola che rischia di confondere le idee già non chiarissime di ciò che resta dell’elettorato “di sinistra”.
Sul blog di Micromega è apparsa, giovedì scorso, una lunga e interessante intervista a Stéphane Alliés, giornalista della francese Mediapart, che ha come competenza personale la conoscenza minuziosa della biografia politica di Jean-Luc Mélénchon, fondatore e leader de La France Insoumise. Formazione interessante, che rompe con lo schema del “partito di massa” novecentesco e si è strutturata come “movimento” piuttosto fluido e informale. Su contenuti in parte “classicamente socialdemocratici”, dunque assolutamente “estremisti” di questi tempi; con in più quel tocco di euroscetticismo che al giorno d’oggi consente di mantenere “a sinistra” consensi popolari che altrove – per esempio in Italia – sono evaporati a favore di legaioli e pentastellati.
Trattandosi di un blog del gruppo Debenedetti, non ci si poteva aspettare un endorsement entusiastico a favore di Jean-Luc, ma un tantino più di obbiettività, magari sì.
Siamo sinceri, non sappiamo chi sia il giornalista francese e perché Mélénchon gli stia un po’ antipatico (avrà i suoi buoni motivi, “il marsigliese” è spesso urticante), ma un paio di considerazioni ci sono sembrate decisamente fasulle. Invenzioni.
La prima. Il giornalista italiano chiede al collega francese; “Mélenchon è un convinto sovranista ma, veramente, vuole rompere con l’Unione Europea? Ha in mente il piano B o bluffa?”
Sovranista, si sa, è ormai un insulto che non ha bisogno di spiegazioni, “lo sanno tutti, no?”. E quello sta al gioco: “Questo è un grande mistero. La sua scommessa sul piano B è soprattutto un modo per installare un equilibrio di potere contro i liberal conservatori europei. Mélenchon crede che una volta eletto la Francia possa permettersi quello che altri paesi dell’Europa meridionale non hanno potuto fare, ovvero sottrarsi dalla «dominazione tedesca». Il suo intento è rovesciare il tavolo e minacciare di andarsene per davvero, finché non vengono ritrattati i vincoli di Maastricht. Più concretamente, non sappiamo com’è strutturato questo piano B, né se il suo progetto di Frexit sia realizzabile o meno”.
Sulla realizzabilità dei progetti politici umani, naturalmente, nessuno sa granché. Per lo meno prima... Ma sulla “struttura del piano B” ci risulta incomprensibile come un giornalista francese non sappia quel che persino noi, provincialissimi italici, sappiamo da oltre un anno: il “piano B” è stato infatti tradotto e pubblicato da diverse testate, noi tra i primi, più di un anno fa.
Non è l’unica domanda “a trucco”, che anticipa e imbocca la risposta, da parte del giornalista italiano. Insiste infatti a lungo riproponendo “i fantasmi” che il gruppo Repubblica-L’Espresso semina da anni contro chiunque – a sinistra, naturalmente – osi mettere in discussione i sacri dogmi della Ue.
Qualche esempio:
“In effetti si dice che nel 2014 Mélenchon abbia avuto una «svolta populista». Nel concreto, in cosa consiste?”
Il presidente Macron è in crisi dei consensi, quei voti a chi stanno andando? Soltanto alla destra di Marine Le Pen o anche a Mélenchon?
Mélenchon è un convinto sovranista ma, veramente, vuole rompere con l’Unione Europea? Ha in mente il piano B o bluffa?
Fino al provocatorio e ridicolo “sarebbe disposto [Mélénchon] anche a sostenere forze di destra (e xenofobe) pur di andare contro Maastricht e rompere con l’Unione Europea?”. Domanda, si fa per dire, che sintetizza in poche parole la poltiglia di cazzate sparse ad arte su questa forza politica, che effettivamente sfugge alle definizioni perbeniste del tardo Novecento italico.
Il collega francese, di fronte a tanto orrore, si ritrae (ha pur sempre un’etica professionale sconosciuta in Italia, che gli impedisce di aderire alle sciocchezze altrui), e smentisce seccamente: “Non penso, andrebbe contro la sua storia e le sue decennali lotte. Detto questo, è stato in grado di vedere il crollo della sinistra tra le fasce popolari, come a Hénin-Beaumont, dove Mélenchon ha gareggiato alle elezioni legislative del 2012 perdendo con un esponente del Fronte Nazionale di Marine Le Pen. Da lì, l’abbraccio col populismo fino a diventare un leader, maggiormente sovranista, che propone la rottura con l’Ue sulle questioni economiche e politiche di controllo dell’immigrazione. Ma Mélenchon non è mai stato ambiguo di fronte all’estrema destra. Mélenchon ha una formula, per spiegare a chi si rivolge: “Vanno intercettati gli arrabbiati della società, mai i fascisti”. Ruvido, “il marsigliese”, ma estremamente chiaro...
Questo non ferma il vero obiettivo dell’intervistatore: “Perché, allora, i sondaggi lo danno in leggero calo? Come mai?”.
Qui si ristabilisce l’unità di intenti tra di due, con il francese che concede quanto richiesto; “Finora si è rifiutato di strutturare il suo movimento, La France Insoumise, ed ora stanno nascendo le prime frizioni interne: una corrente difende la strategia chiaramente populista, un’altra – quella degli anticapitalisti e degli ecosocialisti – guarda con maggiore interesse all’unità delle sinistre. Il decisionismo di Mélenchon ha funzionato a livello nazionale, meno quando si tratta di redimere conflitti interni al partito. E ciò sta portando ad un’emorragia di voti. Infine, i casi giudiziari hanno fortemente influenzato la sua flessione nei sondaggi innanzitutto perché le indagini riguardano un finanziamento illecito – un tema non di poco rilievo – e poi perché la sua reazione, così rabbiosa, alla perquisizione è stata fin troppo scomposta. In passato era già uscito dai suoi canoni ed in seguito era riuscito a far digerire l’accaduto al suo elettorato”.
Non entriamo nel merito di quel che avviene nelle organizzazioni di altri paesi, le cui dinamiche interne conosciamo – com’è ovvio – fino ad un certo punto. Però siamo costretti a segnalare che il giornale Mediapart – quello per cui lavora il giornalista intervistato – ci dava ieri una notizia esattamente opposta. Citando sondaggi ufficiali, non impressioni personali, in un articolo titolato: “France Insoumise in testa ai sondaggi per le elezioni europee”.
Sorprendente che un redattore di quella stessa testata – per di più con una skill dedicata a Mélénchon – sia così fuori sincrono rispetto alla realtà, alle notizie, alle tendenze che riguardano il suo campo di specializzazione.
Può succedere...
Poi ci siamo ricordati di dover anche andare a vedere chi è il giornalista italiano che cercava di imboccarlo con domande così smaccatamente “orientate”.
Nessuna sorpresa: Giacomo Russo Spena, figlio che condivide poco del percorso paterno, ma che soprattutto lavora da alcuni anni come promoter delle ambizioni elettorali di Lugi De Magistris. Con libri, interviste, reportage, ecc. Tanto da essere incaricato di fare “il bravo presentatore” nell’assemblea di lancio di Demos, il 1 dicembre al Teatro Italia, a Roma. Tanto da esser citato come “comunicatore ombra” del sindaco di Napoli, al termine della non brillante “seconda tappa” napoletana del 15, perlomeno per ciò che concerne la dimensione politica nazionale.
De Magistris ha incontrato Mélénchon all’inizio di quest’anno, così come molti altri personaggi politici di un certo rilievo. Di sicuro, se davvero nutre ambizioni per le prossime elezioni europee, non è nel suo interesse “sminuire” mediaticamente o gettare ombre sul ruolo politico di quello che sarà comunque uno degli alleati più importanti che qualsiasi forza “di sinistra” può trovarsi al fianco a Bruxelles.
Perché, allora, un’operazione così sguaiata che rischia di compromettere possibili collaborazioni future? Ammesso e non concesso che Demos arrivi davvero a presentarsi alle europee...
Viene da pensare – ma noi siamo maligni, si sa... – che il ruolo di promoter abbia avuto la meglio su quello di giornalista, e che dunque Mélénchon vada dipinto con tratti sulfurei (sovranista, ambiguo, in calo, ecc.) soprattutto per contrastare il soggetto politico italiano che da tempo ha stabilito buone relazioni con La France Insoumise e non solo. Ossia Potere al Popolo, che in queste settimane sta discutendo con tutti gli aderenti se partecipare o meno a queste elezioni e, se sì, con quale programma.
Possibile che un professionista dell’informazione davvero non capisca che, così, dà la zappa sui piedi in primo luogo al suo “oggetto di promozione”? Possibile che l’amore per l’Unione Europea ideale impedisca di vedere quali disastri concreti ha prodotto l’Unione Europea “reale”, soprattutto “a sinistra”? Possibile che il settarismo di cordata faccia velo al punto da compromettere, probabilmente, il percorso futuro che si vorrebbe realizzare? Possibile che chi è incaricato di “fare la comunicazione” di un “soggetto largo, inclusivo, unificante” non si renda conto di star facendo l’esatto opposto?
Purtroppo siamo di lungo periodo, e abbiamo ancora nelle orecchie quell’aforisma per cui “a pensar male si fa peccato, ma...”
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