di Stefano Mauro
L’ottimismo sembra
essere tornato a Beirut. Dopo oltre 7 mesi senza governo, il presidente
della repubblica, il maronita Michel Aoun, ha espresso la sua
soddisfazione per “i recenti sviluppi tra i diversi partiti politici
libanesi” che porteranno, molto probabilmente, alla formazione di un
governo di unità nazionale nei prossimi giorni.
Ringraziamenti soprattutto nei confronti del Direttore
Generale della Sicurezza, Abbas Ibrahim, incaricato da Aoun di portare
avanti i colloqui, ad oltranza, tra i due diversi schieramenti:
l’”8 marzo” (Hezbollah, Amal, Partito Comunista Libanese, Corrente
Patriottica Libanese di Aoun ed il partito sunnita “Blocco
dell’Incontro”) e il “14 marzo” (i sunniti di Mustaqbal del primo
ministro Hariri, i maroniti delle Forze Libanesi di Samir Geagea e delle
Falangi ed i drusi di Jumblat).
Secondo la televisione libanese Al Mayadeen la formazione del prossimo governo dovrebbe arrivare, secondo fonti ministeriali, “durante le festività natalizie” grazie al superamento dell’impasse.
Uno stallo legato al rifiuto del premier Hariri di lasciare un
ministero ai sunniti “dissidenti” del “Blocco dell’Incontro”, dopo la
loro vittoria con l’assegnazione di sei seggi in parlamento.
In quest’ultima settimana, infatti, il mediatore Ibrahim, è riuscito a trovare un
accordo secondo il quale i rappresentanti sunniti indipendenti hanno
accettato la possibilità di far nominare ministro “un rappresentante
sunnita da una lista di nomi graditi” al Blocco dell’Incontro.
“Se le cose procedono come concordato, il governo si formerà in pochi
giorni” – ha affermato Abdel Rahim Mrad ex ministro e capo-gruppo del
Blocco – “visto che ci sarà qualcuno che ci rappresenterà nel prossimo
esecutivo”. Vittoria politica da parte di Hezbollah che rivendicava
l’assegnazione di almeno un ministero ai rappresentanti indipendenti
sunniti, presenti nella coalizione “8 marzo”, vincitrice delle ultime
elezioni.
Il principale fattore che ha portato alla formazione del governo è sicuramente la grave crisi economica del paese. Senza un esecutivo in grado di attuare riforme per far ripartire la fragile economia libanese, infatti, Beirut rischierebbe il default a causa del proprio debito nazionale che raggiunge il 150% del PIL e dei danni causati dal vicino conflitto in Siria.
Molto probabilmente l’accelerazione nella formazione del
governo è stata causata anche dal concreto rischio di un nuovo conflitto
con Tel Aviv, dopo il lancio dell’operazione “Scudo difensivo
settentrionale” e la scoperta di almeno quattro tunnel costruiti da
Hezbollah verso il territorio israeliano.
L’effetto di una possibile nuova guerra ha portato quasi tutte le formazioni politiche libanesi ad un riavvicinamento,
come spesso è avvenuto in passato nei periodi di crisi, per l’unità del
paese. In quest’ottica vanno viste le dichiarazioni dello stesso
premier Hariri che, riguardo alla scoperta dei tunnel, ha affermato:
“Sentiamo in questi giorni parlare dei tunnel, ma non abbiamo mai
sentito nessuno reclamare riguardo alle continue violazioni israeliane
contro il nostro territorio o il nostro spazio aereo e marittimo (…)
chiediamo di conseguenza che la Risoluzione 1701 venga applicata da
entrambe le parti”.
Tensione palpabile lungo la linea di confine dove,
nei giorni scorsi, i caschi blu dell’Unifil sono intervenuti per
interrompere una controversia tra i militari libanesi che impedivano
all’esercito di Tel Aviv di posizionare ulteriori protezioni di filo
spinato in territorio libanese. Da parte sua, alle dichiarazioni ed
all’allarmismo di Netanyahu, Hezbollah ha risposto con un video che
indicava l’esatta posizione di tutti gli obiettivi sensibili in
territorio israeliano, mettendo in mostra tutte le sue capacità
tecnologiche con l’utilizzo di droni di ultima generazione. In una
recente intervista lo stesso vice segretario del partito, Naim Qassem,
ha ribadito che, in caso di aggressione, “tutto il territorio
israeliano, compresa Tel Aviv, verrà attaccato dalla potenza balistica e
dai missili di Hezbollah”.
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