Nelle regioni ucraine in cui è stata introdotta la legge marziale, è iniziato il richiamo dei riservisti, a livello di brigata, di centri di addestramento e dei battaglioni della difesa territoriale. Il Ministero della difesa ha tenuto a precisare che il richiamo non significa vera e propria mobilitazione: questa avverrà solo “in caso di aperta aggressione” e coinvolgerà allora tutti i riservisti.
Intanto, Petro Porošenko ha dato ulteriore conferma del carattere nazigolpista della junta, dichiarando al canale ICTV che la legge marziale è stata introdotta per la “tutela legislativa delle azioni dei militari ucraini”: come dire, chiosa topwar.ru, che la junta ammette il carattere illegale delle azioni che le forze armate stanno conducendo dal 2014 contro il proprio popolo e ha deciso di “legittimarle”.
Questo il “ragionamento” integrale di Porošenko: “A che scopo in Ucraina è stata introdotta la legge marziale? Ci sono due modelli. Il primo: limitare i diritti costituzionali e le libertà. Così agiscono i dittatori. Ci sia o meno motivo per agire così, essi cominciano da questo. Il secondo modello è quello di tutelare per legge i militari ucraini, conferendo loro il diritto di usare le armi al di fuori delle operazioni in cui esse sono previste dalla legge sulla de-occupazione del Donbass”. In sostanza, l’esercito è ora “legittimato” a usare le armi, al di fuori del Donbass, contro tutte le minoranze linguistiche (Kiev sta da tempo concentrando truppe, sempre più apertamente, anche al confine con la Transnistria e sta ora procedendo allo stesso modo anche nella Transcarpazia, abitata da una forte minoranza ungherese), gli oppositori, gli antifascisti, anche nelle regioni più ostili al presidente e in cui vige la legge marziale.
Che infatti l’incidente di Kerč del 25 novembre non fosse altro che una provocazione organizzata fuori dall’Ucraina e che Kiev ne approfitti anche per motivi interni è risultato evidente sin dall’inizio. Per quanto riguarda la situazione interna, il giornalista ucraino Dmitrij Gordon ha dichiarato al canale NewsOne che, prima di inviare alla Rada il progetto di legge marziale, la settimana scorsa, Porošenko ne aveva parlato al telefono con Angela Merkel e Jens Stoltenberg, che lo avevano “convinto” a limitarne l’applicazione a sole 10 regioni e ridurne la durata da due mesi a uno.
Gordon ha anche detto che il presidente pensava alla legge marziale già alcuni mesi prima del 25 novembre, dato che gli era necessaria quale “scenario pre-elettorale di riserva. Vorrei dirvi anche qualcos’altro” ha detto Gordon, “ma sono sottoposto a censura, sotto forma di famiglia, che non mi permette di dire troppo”. Oltre che alla propria, di pelle, Gordon deve preoccuparsi prima di tutto di quella dei propri congiunti, per non fare e non far fare anche a loro la fine di Oles Buzina, Pavel Sheremet o del povero Andrea Rochelli.
Nel corso della discussione al Parlamento europeo sull’incidente di Kerč , è stata sollevata la questione se la missione di monitoraggio OSCE in Ucraina possa estendersi al mar d’Azov. Secondo il tedesco Dirk Schuebel, il mandato della missione copre il territorio da Berdjansk a Mariupol, ma non il mare antistante; ci sarebbe dunque bisogno di un mandato specifico, che richiede il consenso di tutti i paesi aderenti all’organizzazione e questo, ha detto, sarà difficile da ottenere. Da parte sua, il rappresentante NATO, Robert Pszczel, che prende parte ai dibattiti dell’europarlamento (!), ha dichiarato che nemmeno l’Alleanza dispone di un tale mandato, ma ciò non impedisce a singoli paesi di fornire autonomamente aiuto a Kiev in armi e munizioni: cosa che stanno apertamente facendo sin dal 2014 Paesi baltici, Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Polonia, Germania, Norvegia, Danimarca...
E, effettivamente, il segretario generale NATO, Jens Stoltenberg, parla francamente della crescente presenza dell’Alleanza atlantica nel mar Nero, confermando quanto dichiarato già nei giorni scorsi dalla portavoce Oana Lungescu, secondo cui, solo nel 2018, vascelli di paesi NATO hanno incrociato nel mar Nero per 120 giorni, rispetto agli 80 giorni del 2017. “Ecco perché” ha detto Stoltenberg, “siamo ricorsi alle più estese manovre di adattamento e di trasporto delle nostre forze dalla fine della guerra fredda e rafforzeremo ancor più la nostra pressione nei confronti della Russia”. Più chiaro di così!
Anche da parte yankee, in relazione ai fatti del 25 novembre, si punta a una “risposta univoca” da dare a Mosca, da concordarsi nell’incontro dei Ministri degli esteri NATO, che si conclude oggi a Bruxelles. “Nell’ultima settimana” ha detto un funzionario del Dipartimento di stato, “ci siamo strettamente coordinati con i nostri alleati europei, sia NATO che UE, e in questo momento ci stiamo concentrando su una risposta univoca proporzionata dell’Alleanza”.
Nei giorni scorsi, il politologo Sergej Mikheev aveva dichiarato a Ukraina.ru di esser convinto che Washington fosse perfettamente al corrente del fatto che Kiev stesse preparando una provocazione nel mar Nero. L’unico interrogativo che rimane, ha detto Mikheev, è in quale forma la cosa fosse stata più o meno concordata e ne fosse stato messo al corrente in anticipo Donald Trump.
Mikheev ritiene possibile che Washington e diverse capitali europee non abbiano impartito alcun ordine preciso a Porošenko, ma sapessero bene cosa si stesse preparando: lo dimostra la reazione coordinata da parte di pressoché tutti gli alleati europei degli USA, che hanno prontamente collegato l’incidente di Kerč alla realizzazione del “Nord stream 2”. Un progetto, questo, contro cui gli USA si stanno muovendo sempre più platealmente, nel tentativo di coinvolgere gli “alleati” europei nella guerra del gas contro Mosca: proprio in questi giorni i deputati lettoni al Parlamento europeo hanno presentato un progetto di risoluzione “Sulla situazione dei rapporti tra Russia e UE”, in cui si sostiene che “Russia e UE rimarranno partner economici chiave nel prossimo futuro, ma il “Nord stream-2” aumenta la dipendenza dell’Unione dalle forniture di gas russo, minaccia il mercato interno, non è conforme alla politica energetica UE e deve quindi essere fermato”. Altrimenti, ne va del gas di scisto che gli yankee vogliono a ogni costo vendere a caro prezzo all’Europa.
E se non bastasse la legge marziale, ecco che ieri il capo dell’Unione dei giornalisti ucraini, Sergej Tomilenko, scriveva sulla propria pagina feisbuc che la frazione parlamentare del presidente “Blocco Petro Porošenko” e quella del “Fronte popolare” dell’ex primo ministro Arsenij Jatsenjuk hanno presentato una mozione che autorizzi la Rada a chiedere al Consiglio nazionale di sicurezza di chiudere i canali televisivi sospettati di “supporto informativo al terrorismo”. Tipo NewsOne e Dmitrij Gordon, per intendersi. Con buona pace dei liberal-fascisti nostrani, che si stracciano le vesti in difesa della nazi-“democrazia” golpista.
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