Incredibile. Venerdì il ministro dell’economia Roberto Gualtieri ha confermato quanto da noi sostenuto la settimana scorsa.
Il debito e il deficit sono inferiori a quelli preventivati nel Def di aprile 2019 e nella Nadef del settembre 2019 (135% contro previsioni 135,7%).
Lo stesso Cottarelli conferma i dati contenuti nel comunicato di ieri di Bankitalia sul debito delle amministrazioni centrali: 28,7 miliardi contro i 35,2 preventivati dalla Nadef.
Ancora il ministro Gualtieri conferma che le entrate tributarie 2019 sono andate meglio del previsto (si saprà la prossima settimana il dato preciso). Ma la cosa più sconvolgente è che il ministro dell’economia non solo conferma “Quota 100”, che i liberisti del Pd vorrebbero eliminare, ma ritiene che il “reddito di cittadinanza” in fondo va bene e incide positivamente sui consumi. La stessa cosa che ha dichiarato ieri la Commissione Europea.
Quel che bisogna “migliorare”, a detta di Gualtieri, sono le politiche attive per il lavoro ma, come giustamente afferma anche il presidente dell’Inps Tridico, per questo occorrono investimenti.
Non è un problema di risorse, ma di competenze. Il blocco ventennale del turnover nella Pubblica Amministrazione ha svuotato gli uffici tecnici degli enti pubblici, non c’è personale.
Dunque i cavalli di battaglia del Movimento 5 stelle, seppur molto deficitari rispetto alle promesse (e alle rivendicazioni ex post), hanno avuto un impatto positivo sull’economia italiana e non hanno inciso né sul deficit né sul debito. Quel che occorrerebbe, ora, è semmai rafforzarli e renderli veramente universali.
Ancora, ieri è stata pubblicata la bilancia commerciale 2019: altro record di surplus, 53 miliardi di euro, con esportazioni in crescita del 2,3% nonostante i dazi, la frenata del commercio mondiale, il buco dell’auto, e la frenata tedesca.
L’industria italiana è dunque competitiva sui mercati esteri, al contrario di quel che raccontano gli opinion maker di stretta obbedienza liberista.
Il 2020 si annuncia però su questo fronte pieno di incertezza, a partire dal coronavirus. Occorreva comunque spostare l’attenzione sulla domanda interna, ma ora diventa assolutamente indispensabile: investimenti, assunzioni di 600 mila lavoratori nella PA, internalizzazioni e stabilizzazioni negli uffici pubblici, aumenti contrattuali, ristabilimento delle garanzie per i lavoratori distrutti da vent’anni di precarizzazioni. È scappato detto persino ad un personaggio come Cesare Damiano, tra i massimi responsabili del Jobs Act e non solo...
Bisogna invertire la rotta. Il tasso di natalità è pari a quello del 1918, ossia alla fine della Prima Guerra mondiale, che aveva bruciato un’intera generazione nelle trincee.
Il proletariato italiano in questi 20 anni è stato mandato, non metaforicamente, in “guerra per onorare gli impegni assurdi dell’Unione Europea”, la quale sembra ora avvitarsi, per sua stessa colpa, in una crisi senza fine.
Rompere la gabbia, difendere salari e occupazione: questa è la strategia per ritornare dopo più di 20 anni verso sentieri di crescita.
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