Il grande mito della Brexit prevedeva, almeno per
chi lo guardava da fuori, la sostituzione dei migranti coi nativi per
quanto riguarda i posti di lavoro. Certo, con un mercato del lavoro
vicino al pieno impiego, per quanto in molti settori i salari siano
davvero bassi, immaginare questa sostituzione era un po' curioso. Come è,
e resta curioso, cosa sia applicabile del “take control” del ritorno alla piena sovranità
promesso dai sostenitori della Brexit agli elettori. Accade però che
in questi giorni sono emersi i lineamenti del piano del governo UK in
materia di immigrazione dopo la Brexit (la cui data reale è del 31
dicembre almeno fino ad oggi). Ammesso e non concesso che la Scozia non
provi davvero a praticare la strada del secondo referendum e quindi della secessione come sta continuando a predicare il primo ministro del parlamento di Edimburgo.
In ogni caso in materia di immigrazione il governo di Londra ha dei
piani piuttosto precisi: un permesso di immigrazione a punti (modello
australiano) che tende ad escludere particolarmente i lavoratori delle
fasce più basse, una serie di requisiti di integrazione (tra cui la
lingua), il reddito e lo stop all’immigrazione in ricerca di lavoro per
una serie di lavoratori artigianali (tra cui l’idraulico o muratore). Per paesi come l’Italia e la Francia è previsto il ripristino del passaporto.
Ma, come sempre, il diavolo si annida nei dettagli. Sia le
organizzazioni datoriali inglesi sia il partito laburista hanno
protestato, una volta venuti a conoscenza di questi piani del governo,
affermando che si tratta di un colpo all’economia britannica largamente
dipendente, in materia di prestazioni da lavoro, proprio dalle figure
professionali immigrate che si vuol tener fuori dal Regno Unito. La
risposta del governo? Nello stesso paper sull’immigrazione c’è
una frase che chiarisce le sue intenzioni” “l’immigrazione non può
essere usata”, afferma il governo britannico, come surrogato per
impedire “piu’ vasti investimenti in automazione e tecnologie”.
Ma come? La Brexit non doveva servire per ridare lavoro all’onesto
lavoratore inglese spiazzato dall’immigrazione e dal turboliberismo? In
Inghilterra tanti ci hanno creduto, come tanti ci credono in Italia. In
realtà blocco dell’immigrazione e desiderio di sostituzione di questi
lavoratori con le tecnologie sono una realtà degli anni ’20, quelli della data-driven economy dove Ai e robotica cercano di impossessarsi il più possibile dei lavori ripetitivi e manuali.
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