quarto episodio: Milano o Amity Island?
Nello storico primo film della serie Lo squalo
ci sono tanti episodi che attirano attenzione da decenni. Non a caso si
tratta del film che ha fatto conoscere Spielberg al mondo con un lavoro
che è anche una grande allegoria dei timori della crisi economica
dell’epoca. Allegoria che si accende con la ragazza trascinata a fondo
dallo squalo, all’inizio del film, che rappresenta l’inizio dell’era delle grandi paure
dopo la stagione spensierata degli anni ’60 (con i giovani del falò
notturno sulla spiaggia come allusione proprio a quell’epoca). Nello
squalo c’è una celeberrima situazione che rappresenta bene i dilemmi che
si ripropongono oggi ai tempi del coronavirus. Le autorità di Amity Island,
dopo aver capito della presenza e della pericolosità dello squalo che
si era mangiato la ragazza, dichiarano l’emergenza finita una volta che
uno squalo più piccolo era stato catturato. E questo giusto in tempo per
poter autorizzare l’inizio della stagione balneare di punta.
Naturalmente l’arrivo dei turisti altro non è che l’inizio del grande
pasto dello squalo, quello vero: l’emergenza economica, ovvero la fretta
di avviare la grande stagione dei guadagni turistici, non aveva fatto i
conti con la realtà.
In queste ore in Lombardia si sono visti diversi segnali: “Milano reagisce“, “si rialza“, “dichiara finita la stagione dell’emergenza”
(meno di una settimana ndr) sui media principali assieme alle
richieste di ripresa dell’attività produttiva, di sgravi fiscali,
finanziamenti etc. da parte dell’impresa per “ripartire subito” perchè “un fine settimana di shopping è un messaggio d’amore per Milano“.
Insomma, l’isolamento dei focolai lombardi è considerato a Milano, per
quanto i casi di infezione aumentino e gli ospedali investiti abbiano
diverse criticità, qualcosa di utile e sufficiente per “la ripresa“.
Intanto possiamo dire che i crolli delle borse per la “ripresa” non
promettono niente di buono. Poi vedremo se si tratterà di Milano che si
rialza dopo aver isolato i focolai oppure se saremo nella nostra Amity Island.
Un paio di cose sono certe: la prima è che le filierie produttive,
dell’export e della globalizzazione, possono restare ferme solo per
pochi giorni, la seconda è che la confusione regna sovrana in una
società a differenti velocità, con esigenze fortemente differenziate,
così marcate da far perdere al primo sguardo l’impressione di un
qualcosa di unitario.
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