La Germania era la locomotiva d’Europa, ma sembra sia incappata su un scambio bloccato, tipo quello del deragliamento di Ospedaletto...
L’ultima brutta notizia era ampiamente attesa: nel quarto trimestre del 2019 il pil tedesco è rimasto fermo su base congiunturale ed è salito dello 0,4% su base tendenziale. Una conferma di tendenze che ormai sono ampiamente leggibili come recessione alle porte. Sul Sole24Ore di oggi Mr. Doom, ossia Nouriel Roubini, l’economista diventato famoso per aver visto con qualche anticipo il “grande botto” del 2008 (non è stato l’unico, ma è stato venduto così...), è come sempre molto drastico. Anche perché, ricorda, “ormai siamo senza rete”.
La “rete”, come dovrebbe esser noto, è stata rappresentata per un decennio dall’azione delle banche centrali (Federal Reserve Usa, Bce, Bank of Japan, Banca Popolare Cinese, Bank of England), che hanno azzerato i tassi di interesse, elargito liquidità in quantitativi straordinari, comprato titoli e obbligazioni spazzatura.
Era stato lo stesso Mario Draghi, negli ultimi interventi prima di lasciare la presidenza della Bce, ad avvertire che quegli strumenti non erano più efficaci né sufficienti. “Il cavallo non beve” è la metafora usata in genere per sintetizzare un’apparente paradosso: l’economia è ferma, la liquidità (necessaria per gli investimenti) non costa nulla (anzi, in molti casi è “negativa”), eppure gli investitori privati nell’economia reale non la usano.
Da una situazione del genere, keynesianamente, se ne esce con investimenti pubblici miranti a promuovere produzione, crescita dei salari e dei consumi. Ossia ad allargare la platea degli operatori economici reali, consumatori in testa, stemperando un po’ la chiarissima “sovrapproduzione” che inchioda da almeno due decenni il mondo capitalistico occidentale.
Ma questa è una bestemmia, nell’Unione Europea disegnata dall’ordoliberismo teutonico. “Il mercato” è solo degli investitori privati, e gli Stati debbono soltanto fare in modo che questi possano agire “senza lacci e lacciuoli”. Anzi, debbono tagliare la spesa pubblica e pratica l’”austerità”...
Il guardiano dell’austerità europea è stato per tutti questi anni proprio la Germania, che ora però rischia di pagare cara lei per prima questa follia che l’ha resa ricca quando imposta agli altri paesi (ha potuto infatti eliminare concorrenti industriali e ridisegnare le filiere produttive europee intorno ai grandi gruppi tedeschi).
E la crisi incipiente genera contraddizioni prima impensabili...
Il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz – ex governatore della città-stato di Amburgo e autore della oscena proposta tedesca sul Mes – sta considerando l’ipotesi di sospendere, almeno temporaneamente, il limite al debito pubblico fissato nella Costituzione. È l’esatto corrispettivo dell’”obbligo al pareggio di bilancio” inserito praticamente all’unanimità da un Parlamento criminale nella Costituzione italiana, all’art. 81, perché “lo chiede l’Europa”.
Lo scopo immediato di questa sospensione sarebbe quello di permettere ai Länder maggiori margini di spesa, uscendo dal “congelamento” che impedisce di compensare positivamente l’arretramento generale della dinamica economica.
È altrettanto ovvio che una misura del genere, fatta dalla Germania, avrebbe due conseguenze immediate:
a) un maggiore sostegno pubblico per la maggiore economia europea, con effetti su tutte le filiere collegate (in pratica per tutta l’Unione);
b) un sostanziale “via libera” per tutti i Paesi altrettanto bisognosi di finanziare in deficit politiche economiche espansive. Con buona pace dei parametri di Maastricht e dei vincoli di bilancio.
Non sarebbe infatti tollerabile per nessun governo europeo il dover obbligare a ulteriori “sacrifici” le proprie popolazioni mentre il Paese che sta relativamente meglio – la Germania, appunto – fa l’esatto opposto.
Ma Scholz è dell’Spd, ossia della gamba più debole che tiene insieme il governo di Berlino. E dalla Cdu della cancelliera Merkel è arrivato un ruvidissimo Nein: «La Costituzione non è un negozio di artigianato», ha detto Eckhardt Rehberg, rappresentante della Cdu nella commissione Bilancio, secondo cui l’idea equivale a una «dichiarazione di bancarotta del ministro delle Finanze. Non daremo mai il nostro appoggio».
La cosa interessante, al momento, non è se l’idea di Scholz abbia o no la forza di passare nella maggioranza del Bundestag, ma che venga posto il problema in una sede istituzionale tedesca.
Significa, senza dubbio, che l’intero meccanismo di controllo dell’economia e delle dinamiche europee, in funzione ormai da trenta anni (il trattato di Maastricht è del 1992) appare ormai come un “tappo” a qualsiasi possibilità di espansione economica.
E una cosa è che lo dica un redattore di Contropiano, tutt’altra che a farlo sia il ministro dell’economia di Berlino. Pensando a Cottarelli e Fornero, diteglielo piano, con i cardiotonici in mano...
Il convoglio europeo sta deragliando. E non è il solo, in questa congiuntura mondiale.
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