Un pezzo semplice e immediato, quindi, ma che grazie a un’interazione eccellente tra liriche e musica e a pochi e semplici accorgimenti è diventata uno degli inni di quell’era di transizione del pop britannico nei primi anni Novanta.Un arpeggio cristallino sulle prime due corde della chitarra disegna una figura circolare che si riavvolge al termine di ogni giro, non appena si conclude, prende forma il corpo della canzone. L’ennesima canzone su una ragazza? Il testo della strofa, accompagnato dalla sua melodia di accordi maggiori e da un clima sereno sembra confermarlo, introducendo come in una ballata classica l’immagine di una ragazza:
There she goes
There she goes again
Racing through my brain
There she goes again
Racing through my brain
Quell’ultimo verso, intonato in un falsetto delicato, fa però strada alla morbosità del refrain, dove il passaggio a un accordo minore e a un cantato roco e privato di vitalità ribalta la situazione, esplicitando in due soli versi un senso di impotenza.
And I just can't contain
This feeling that remains
This feeling that remains
Il sentimento sembra avere una connotazione solo negativa. Un amore intenso ma non corrisposto? Il seguito del testo sembra svelare l’arcano:
There she blows
There she blows again
Pulsing through my veins
La she del titolo è una droga quindi, l’eroina per la precisione: "There She Goes" è quindi una drug ballad che sceglie di mascherarsi da un altro pezzo-cliché della musica pop, la canzone d’amore sofferta (molto in voga nei primi anni Novanta, con lo spopolare dello shoegaze e le sue figure femminili intangibili e idealizzate). Nonostante la pesantezza del tema, però, i La’s sembrano danzare tra un accordo e l’altro con una leggerezza invidiabile da tantissimi gruppi – e per forza, con una sezione ritmica così potente e snella! – ma c’è qualcosa di più: a un ascolto attento si ha l’impressione che la musica si faccia più concitata in concomitanza dei punti più oscuri del testo, come se la band riuscisse a dosare il quantitativo di malinconia in ogni passaggio, a seconda di dove vogliano porre l’accento. Il segreto è tutto dovuto al gioco di pause e respiri della chitarra solista: briosa e sgambettante nella prima parte - più vaga e ambigua - martellante in battere su tre note nell’ultimo ritornello, proprio dopo un bridge di pura disperazione. Il risultato è un penultimo ritornello a dir poco opprimente e ansioso, finalmente in linea con il tema della tossicodipendenza.
Ma è un solo attimo, dato che il riff principale (possiamo dirlo, uno dei più belli di sempre) riattacca e rilancia un altro ritornello più arioso, che ci conduce per mano all’atmosfera solare del finale, con la batteria che sottolinea il ripetersi di ogni passaggio.
Una miscela così efficace di suggestioni e tocchi di classe non riuscirà più ai La’s, che pur col buon successo commerciale del loro album omonimo, non hanno mai registrato una canzone altrettanto catchy e memorabile quanto il capolavoro "There She Goes", che infatti resta il loro classico indiscusso.
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