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19/04/2023

USA, tempesta in arrivo

Apriamo ringraziando il professor Francesco Sylos Labini per aver segnalato su Facebook questo articolo di Douglas Macgregor, apparso sulla rivista di destra statunitense The American Conservative.

L’autore era uno dei consiglieri del Segretario alla Difesa nell’amministrazione Trump * (del ministro della difesa, insomma), quindi molto “interno” alle dinamiche che caratterizzano ogni amministrazione degli Stati Uniti. È stato anche un militare, anche se poi ha preferito affinare le sue “competenze” scrivendo libri molto letti ai vertici.

Si sa fin dall’inizio della guerra in Ucraina che le posizioni di Biden e Blinken (il Segretario di Stato casualmente di origine ucraine) non sono condivise da tutti i settori dell’elefantiaca amministrazione Usa. E tanto meno lo sono tra i conservatori, che siano o meno seguaci di “The Donald”, rappresentanti di settori industriali e sociali decisamente diversi dal capitalismo finanziario che da decenni domina. E non solo negli Usa.

L’invito è a leggere le argomentazioni di Macgregor senza le lenti deformanti dei “democratici” guerrafondai di casa nostra, incapaci ormai persino di farsi o accettare domande sull’evidente fallimento della “strategia” statunitense.

Con il piglio “brutalone” tipico della sua area politica, infatti, Macgregor prende le mosse – comunque – dai dati oggettivi: la crisi economica e finanziaria Usa, la crescita dei concorrenti sul piano globale, la “resilienza” della Russia (l’ironia della Storia colpisce sempre...), la divaricazione interna all’“opinione pubblica” casalinga, il suicidio delle sanzioni (ritortesi contro chi le ha adottate), lo svuotamento degli arsenali occidentali (fermi alla “guerra asimmetrica”, dunque a corto di armi e munizioni adoperabili contro un avversario “simmetrico” come la Russia, boots on the ground insomma), ecc.

“Fatti, non pugnette”, direbbe quel comico di qualche anno fa...

Fatti che militano a favore di una ricerca urgente della pace, sulla base del realismo e della situazione sul campo (che potrebbe a breve volgere ancor più dalla parte di Mosca), senza troppi riguardi per il derelitto “servente ucraino”, palesemente depauperato – ormai – sia di mezzi (che chiede a ogni piè sospinto) che, soprattutto, di uomini.

Le stime sulle perdite di Kiev, fatte evidentemente dal Pentagono, oscillano tra i 150.000 e i 250.000 soldati morti. Cui vanno aggiunti, come in ogni guerra condotta con mezzi convenzionale, almeno il triplo di feriti “fuori combattimento”.

Detto in estrema sintesi: gli ucraini hanno già ora bruciato un’intera generazione, e ben difficilmente i milioni di uomini e donne “in età militare” fuggiti all’estero torneranno indietro (e anche se lo facessero in quantità significativa il loro addestramento richiederebbe mesi...).

La domanda è: quanto tempo ci metterà l’amministrazione Biden (o la sua parte che ha preso questa decisione) a prendere atto della situazione e fare il passo indietro che la realtà consiglia?

I nostri “opinion maker” un tanto al chilo – dai Riotta ai Rampini, ai Giannini – ci metteranno come sempre un solo minuto ad allinearsi all “novità” proveniente da Washington.

*****

La tempesta in arrivo

La crisi del potere nazionale americano è iniziata. L’economia americana si sta rovesciando e i mercati finanziari occidentali sono silenziosamente nel panico. Minacciati dall’aumento dei tassi d’interesse, i titoli garantiti da ipoteca e i Treasury statunitensi (i titoli di stato, ndr) stanno perdendo valore. Le proverbiali “vibrazioni” del mercato – sensazioni, emozioni, credenze e desideri psicologici – suggeriscono che è in corso una svolta oscura nell’economia americana.

La potenza nazionale americana è misurata tanto dalla capacità militare quanto dal potenziale e dalle prestazioni economiche. La crescente consapevolezza che la capacità militare-industriale americana ed europea non può tenere il passo con le richieste ucraine di munizioni ed equipaggiamenti è un segnale inquietante da inviare durante una guerra per procura che Washington insiste che il suo surrogato ucraino stia vincendo.

Le operazioni di economia di forza russe nel sud dell’Ucraina sembrano essere riuscite a bloccare le forze ucraine attaccanti con un dispendio minimo di vite e risorse russe. Mentre l’implementazione della guerra di logoramento da parte della Russia ha funzionato brillantemente, la Russia ha mobilitato le sue riserve di uomini ed equipaggiamenti per mettere in campo una forza che è di diverse dimensioni e significativamente più letale di quella di un anno fa.

Il massiccio arsenale russo di sistemi di artiglieria, tra cui razzi, missili e droni collegati a piattaforme di sorveglianza aerea, ha trasformato i soldati ucraini che combattono per mantenere il confine settentrionale del Donbas in bersagli a comparsa. Non si sa quanti soldati ucraini siano morti, ma una stima recente prevede che dall’inizio della guerra siano stati uccisi in azione tra i 150.000 e i 200.000 ucraini, mentre un’altra stima ne conta circa 250.000.

Data l’evidente debolezza delle forze di terra, aeree e di difesa aerea dei membri della NATO, una guerra indesiderata con la Russia potrebbe facilmente portare centinaia di migliaia di soldati russi al confine polacco, frontiera orientale della NATO. Questo non è un risultato che Washington aveva promesso ai suoi alleati europei, ma ora è una possibilità reale.

A differenza della politica estera dell’Unione Sovietica, che era un’esecuzione ostinata e ideologicamente guidata, la Russia contemporanea ha coltivato abilmente il sostegno alla sua causa in America Latina, Africa, Medio Oriente e Asia meridionale.

Il fatto che le sanzioni economiche dell’Occidente abbiano danneggiato l’economia statunitense ed europea, trasformando al contempo il rublo russo in una delle valute più forti del sistema internazionale, non ha certo migliorato la posizione globale di Washington.

La politica di Biden di spingere con forza la NATO ai confini della Russia ha creato una forte comunanza di interessi di sicurezza e commerciali tra Mosca e Pechino che sta attirando partner strategici in Asia meridionale, come l’India, e partner come il Brasile in America Latina.

Le implicazioni economiche globali per l’emergente asse russo-cinese e la rivoluzione industriale pianificata per circa 3,9 miliardi di persone nella Shanghai Cooperation Organization (SCO) sono profonde.

In sintesi, la strategia militare di Washington per indebolire, isolare o addirittura distruggere la Russia è un colossale fallimento e il fallimento mette la guerra per procura di Washington con la Russia su un percorso veramente pericoloso.

L’insistenza imperterrita di fronte alla discesa dell’Ucraina nell’oblio ignora tre minacce in metastasi:
1. Il persistere di un’inflazione elevata e l’aumento dei tassi di interesse che segnalano la debolezza economica. (Il primo fallimento di una banca americana dal 2020 ci ricorda la fragilità finanziaria degli Stati Uniti).
2. La minaccia alla stabilità e alla prosperità delle società europee, già provate da diverse ondate di rifugiati/migranti indesiderati.
3. La minaccia di una guerra europea più ampia.

All’interno delle amministrazioni presidenziali, ci sono sempre fazioni in competizione che spingono il presidente ad adottare una determinata linea d’azione. Gli osservatori esterni raramente sanno con certezza quale fazione eserciti la maggiore influenza, ma nell’amministrazione Biden ci sono figure che cercano di uscire dal coinvolgimento in Ucraina.

Persino il Segretario di Stato Antony Blinken, un convinto sostenitore della guerra per procura con Mosca, riconosce che la richiesta del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky che l’Occidente lo aiuti a riconquistare la Crimea è una linea rossa per Putin che potrebbe portare a una drammatica escalation da parte di Mosca.

Fare marcia indietro rispetto alle richieste maligne e asinine dell’amministrazione Biden di un umiliante ritiro della Russia dall’Ucraina orientale prima di poter convocare i colloqui di pace è un passo che Washington si rifiuta di fare. Eppure deve essere fatto.

Più aumentano i tassi di interesse e più Washington spende in patria e all’estero per portare avanti la guerra in Ucraina, più la società americana si avvicina al tumulto politico e sociale interno. Sono condizioni pericolose per qualsiasi repubblica.

Da tutto il disastro e la confusione degli ultimi due anni, emerge una verità innegabile. La maggior parte degli americani ha ragione ad essere sfiduciata e insoddisfatta del proprio governo. Il Presidente Biden appare come un ritaglio di cartone, una controfigura dei fanatici ideologici della sua amministrazione, persone che vedono nel potere esecutivo il mezzo per mettere a tacere l’opposizione politica e mantenere il controllo permanente del governo federale.

Gli americani non sono sciocchi. Sanno che i membri del Congresso scambiano palesemente azioni sulla base di informazioni privilegiate, creando conflitti di interesse che porterebbero la maggior parte dei cittadini in prigione. Sanno anche che dal 1965 Washington li ha condotti in una serie di interventi militari falliti che hanno gravemente indebolito il potere politico, economico e militare americano.

Troppi americani credono di non avere più una vera leadership nazionale dal 21 gennaio 2021. È giunto il momento che l’amministrazione Biden trovi una via d’uscita che permetta a Washington di uscire dalla sua guerra per procura contro la Russia. Non sarà facile.

L’internazionalismo liberale o, nella sua veste moderna, il “globalismo moralizzatore”, rende ardua una diplomazia prudente, ma ora è il momento. In Europa orientale, le piogge primaverili presentano alle forze di terra russe e ucraine un mare di fango che ostacola gravemente i movimenti.

Ma l’Alto Comando russo si sta preparando per garantire che quando il terreno si asciugherà e le forze di terra russe attaccheranno, le operazioni raggiungeranno una decisione inequivocabile, rendendo chiaro che Washington e i suoi sostenitori non hanno alcuna possibilità di salvare il regime morente di Kiev. Da quel momento in poi, i negoziati saranno estremamente difficili, se non impossibili.

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