Alcuni album acquisiscono lo status di epocali con il trascorrere degli anni, perché inizialmente relegati all'underground o frutto di una rivalutazione critica successiva. Nell'elenco delle pietre miliari, decine di titoli sono classici che hanno guadagnato il loro spazio nella storia grazie ad appassionati e critica, capaci negli anni di portare la lieta novella anche alle orecchie dei più disattenti: non erano semplici album, ma capolavori che hanno segnato un'epoca. In altri casi, come per il terzo album di Eminem, "The Marshall Mathers Lp", fu subito chiaro che ci si trovava dinanzi a un album che avrebbe segnato un periodo, quello tra i due millenni, e un genere, quello dell'hip-hop, in modo indelebile. Con il trascorrere degli anni, è diventato anche qualcosa di più, per motivi imprevedibili ai tempi della pubblicazione. Anche lo stesso Eminem, che all'epoca doveva ancora compiere ventotto anni, ha ottenuto un'importanza e un ruolo che non era facile prevedere a inizio millennio, nonostante fosse già uno dei più grandi rapper viventi. Di questo tratterà questa pietra miliare, raccontando a chi non c'era o era impegnato in altri ascolti quale importanza ha avuto un album che, per contenuti, impatto sulla pop culture e trasversalità, sembra ancora oggi sostanzialmente irripetibile.
Il terzo album del rapper (bianco) più famoso del mondo
L'hip-hop
non era una novità, quando Eminem pubblica il primo album "Infinite"
(1996). Negli Stati Uniti lo mastica un pubblico ampio già dagli anni Ottanta, con propaggini in Europa che hanno portato allo sviluppo delle scene nazionali. In Italia i primi album arrivano a inizio anni Novanta, il capostipite è "Terra di nessuno" degli Assalti Frontali (1992). In generale, l'hip-hop ha già avuto i suoi miti globali: gli anni Novanta sono quelli di Tupac e Notorious B.I.G., gli stessi in cui Nas ha pubblicato l'album che forse raccoglie il maggior consenso di critica, "Illmatic"
(1994). Nel 1990 Mc Hammer ha inaugurato il decennio con un successo
globale come "U Can't Touch This", un singolo da 4 milioni di copie
vendute solo negli Stati Uniti e arrivato al #1 in Australia, Belgio,
Canada, Olanda, Nuova Zelanda, Svezia, Finlandia e al #8 nella Billboard
Hot 100.
Gli anni Novanta non avevano bisogno di riscoprire l'hip-hop in assoluto, perché avevano già avuto le rapstar,
sul versante più pop e ballabile ma anche su quello più legato al rap
in senso più tradizionale, alla strada, alla cultura hip-hop.
Certamente, qua in Italia arriva un'eco lontana e il succitato
"Illmatic" non ottiene certificazioni (negli Usa è doppio platino), così
come "Ready To Die"
(1994) o "Life After Death" di Biggie raccolgono assai poco
(rispettivamente sei platini in patria contro lo zero assoluto in Italia
e un disco d'oro qui da noi contro undici platini negli Stati Uniti);
va appena meglio a Tupac,
il cui "All Eyez On Me" (1996) ha raggiunto il disco d'oro anche da
noi, certo ben poco rispetto al raro disco di diamante ottenuto in
patria, oltre ad altri platini in altri mercati nazionali.
L'hip-hop,
insomma, è ancora una faccenda principalmente statunitense, e qui ai
confini dell'Impero è conosciuto, persino imitato e localizzato, ma
rimane qualcosa di un po' esotico, eccentrico, estraneo alla tradizione e
alla cultura locale. Certamente abbiamo avuto anche noi la nostra bella
esplosione commerciale di canzoni in rima, con il 1996 dominato da Articolo 31 e Sottotono,
ma è un po' esagerato dire che fa parte della cultura musicale
dell'ascoltatore medio, alla fine del millennio. L'album che poi
diventerà quello riconosciuto come il capolavoro del nostro hip-hop,
"SxM" (1994) dei Sangue Misto, rimane sostanzialmente una faccenda per iniziati fino agli anni Dieci. Servirà il coma di fine anni Novanta e la rinascita dei primi anni Zero per dare spessore a una scena che è cresciuta velocemente in modo disordinato, tra troppe contraddizioni.
Nel
1996 in Italia i singoli di maggior successo comprendono molta
elettronica (come "Children" di Robert Miles e "Born Slippy" degli Underworld) mentre l'hip-hop arriva nel formato crossover dei Fugees
di "Killing Me Softly" e tutt'al più attraverso il singolo più ruffiano
dell'intera carriera di Tupac, "California Love" (insieme a un'altra rapstar, Dr. Dre).
L'hip-hop è presente, certamente, ma non impatta granché sulla dieta
musicale della maggior parte degli italiani. Con Eminem, invece, le cose
sono destinate a cambiare. "The Marshall Mathers Lp" non solo
raggiungerà anche in Italia il disco di platino (oltre al "diamante" in
patria e un'infinità di altri traguardi commerciali nel mondo), ma
contribuirà a trasformare per sempre la percezione di cosa l'hip-hop
possa essere negli Stati Uniti e in molti altri mercati nazionali,
compreso il nostro. L'album successivo, "The Eminem Show" otterrà un
totale di quattro platini in Italia (!), diventando anche l'album
hip-hop più venduto di tutti i tempi nonché il più venduto in patria
nell'anno di pubblicazione, il 2002.
Il presupposto di questo
successo clamoroso risiede nel cambiamento di paradigma causato proprio
da "The Marshall Mathers Lp". Il secondo album di Eminem, "The Slim
Shady Lp" (1999), è anch'esso un grande successo di pubblico, ma a
confronto dei due successivi i suoi traguardi in termini di copie
vendute sono assai più modesti. "Infinite" (1996) non fu, invece,
esattamente un successo, così Eminem decise di affidare il secondo album
a un alter ego al contempo violento e cartoonesco. Un
personaggio, più che una persona, che poi sarà definitivamente (?)
ucciso solo in "The Death Of Slim Shady" (2024), quasi trent'anni dopo.
Espediente narrativo e grandiosa trovata comunicativa, lo Slim Shady
buca lo schermo, ottiene l'attenzione di un pubblico enorme e
attecchisce anche presso una platea internazionale che prima ha
osservato l'hip-hop mantenendo una certa distanza.
La
musica di fine anni Novanta, però, ha attirato verso il rap (stile di
canto) e l'hip-hop (la cultura) un pubblico più trasversale che mai,
anche bianco e anche rock. Il nu metal (Korn, Limp Bizkit, Slipknot, Deftones ecc.) è uno stile di musica heavy metal
che ottiene grande successo intorno alla metà degli anni Novanta e
sdogana rap e hip-hop presso un pubblico molto ampio e trasversale, di
giovani e giovanissimi di quel periodo: sono i millennials, e
hanno un ruolo fondamentale nel successo e nel culto di Eminem, nonché
nel successo di "The Marshall Mathers Lp". È lo stesso pubblico che
aiuta nel 2003 l'album d'esordio dei Linkin Park,
"Hybrid Theory" (2000), a vendere più di trenta milioni di copie e
diventare uno dei più grandi successi di inizio secolo. Non è secondario
il fatto che la musica della band statunitense unisse elementi pop,
rock e hip-hop e che il contributo vocale di Mike Shinoda fosse
ascrivibile al rap.
Come accade in molti fenomeni complessi, a un
certo punto sembrano allinearsi tutte le variabili: i pezzi del puzzle
combaciano magicamente, perfettamente. Eminem in versione Slim Shady ha
chiuso il secolo con uno stile spregiudicato e ultraviolento, attirando
molte attenzioni importanti, in primis quella di un sempre più
coinvolto Dr. Dre, già produttore nel secondo album e galvanizzato
dall'incredibile e coevo successo di "2001" (1999; 6 platini in patria,
uno in Italia tra le altre certificazioni).
Il successo di "The Slim
Shady Lp" ha già sfondato i confini dell'hip-hop, attirando le
attenzioni di un pubblico pop. Il seguito è composto e registrato con
ritmi di lavoro febbrili, in due mesi di fuoco che comprendono session
lunghe anche venti ore, nella Detroit in cui Eminem è cresciuto. Anche
grazie all'influenza di Dr. Dre, l'elenco degli ospiti è notevole e
contribuisce alla grandiosità del progetto: compaiono anche i pupilli
dell'ex-N.W.A. Snoop Dogg e Xzibit, a fianco della cantautrice inglese Dido e molti altri.
"The
Marshall Mathers Lp" trasforma la maschera di Slim Shady in una figura
assai più sfaccettata e contraddittoria, abbracciando una complessità
che rifugge lettura semplicistiche e che allontana il rischio di
intendere il tutto solo come una provocazione. Il successo ottenuto con
il secondo album ha reso Eminem
più critico nei confronti della fama, del mondo della musica e in
generale delle relazioni con gli altri, compresi i familiari. È un album
vasto, in cui convivono aspetti diversi del rapper e in cui il confine
tra popstar e rapstar viene sfumato fino quasi a
scomparire. Totalizza 72 minuti di musica, mentre il precedente si
fermava sotto i 60 e l'esordio sotto i 40 minuti totali.
Eminem ha
tante cose da dire, a volte urticanti e altre commoventi, a volte
profonde e altre demenziali. "The Marshall Mathers Lp" può far piangere
quando mette a nudo i sentimenti e incazzare quando gioca con la
misoginia e l'omofobia, ma più spesso costringe l'ascoltatore a vivere
forti contrasti nello stesso brano: una strofa dal flow geniale che afferma delle cose inaccettabili; un beat
che farà epoca unito a una provocazione irritante; un prestito dal pop
un po' ruffiano che colpisce però dritto al cuore con precisione
chirurgica.
Eminem si fa spesso amare e odiare allo stesso tempo e,
nonostante l'album prenda il titolo dal nome di battesimo del rapper, in
contrapposizione all'alter ego protagonista di "The Slim Shady
Lp", non si tratta semplicemente di mostrare l'altra faccia, ma di
svelare invece in una panoramica la complessità di un animo tormentato,
la ricchezza espressiva di un musicista che possiede tecnica e cuore,
cervello e istinto.
La pressione prima della pubblicazione era
insostenibile ed Eminem la affronta come può: si isola e chiede il
massimo a se stesso. Quando l'album è praticamente finito, ma
apparentemente senza un singolo valido per il lancio, scrive "The Way I
Am", quasi a giustificarsi di non poter ripetere il successo della hit
"My Name Is". Non contento, torna ancora a modificare la scaletta e
aggiunge "The Real Slim Shady", che diventerà il suo singolo di maggior
successo fino a quel momento.
"The Marshall Mathers Lp" vende quasi
1,8 milioni di copie nella prima settimana, doppiando "Doggystyle" di
Snoop Dogg. In quattro settimane arriva a quota 3,65 milioni di copie
vendute. A fine anno a 8 milioni. Nel mondo arriverà a superare quota 25
milioni di copie. La critica lo accoglie positivamente, pur con qualche
riserva, alla pubblicazione, ma negli anni l'album assurge al ruolo di
classico: Rolling Stone e Melody Maker lo considerano il migliore album
alla fine dell'anno, Pitchfork lo valuterà 9.4/10, AllMusic con il
massimo dei voti in buona compagnia di, tra gli altri, Sputnikmusic e
XXL.
Attecchisce soprattutto presso gli adolescenti, i già citati millennials, perché, come dice Dan Ozzi su "Vice":
"Eminem era l'unico artista con cui sembrava che tutti i ragazzi delle
superiori si connettessero unanimemente. Certo che lo era. Rappresentava
tutto ciò che caratterizza gli anni della scuola: rabbia cieca,
ribellione mal direzionata, frustrazione adolescenziale. Era come un
dito medio umano. Come un Dennis la Minaccia vietato ai minori per la
generazione del modem a 56k".
La sua influenza sul mondo dei rapper,
soprattutto bianchi, fu enorme, perché dimostrò che era possibile
confrontarsi con i grandi nomi del genere senza timore, a patto di avere
le cose da dire, l'estro e la tecnica necessari. "The Marshall Mathers
Lp" è stato inserito nei 500 album migliori di tutti i tempi secondo
Rolling Stone: prima al #302, poi al #244 e infine al #145 nel 2020, a
testimoniare una sempre maggiore considerazione critica anche per una
testata dall'anima pop e rock. Compare anche nell'analoga lista dei 100
migliori album di tutti i tempi del Time, nonché in numerose liste del
decennio. Lo troviamo anche nel celebre "1001 Albums You Must Hear
Before You Die" di Robert Dimery.
"The Marshall Mathers Lp" ha
quindi subito conquistato un pubblico molto vasto e internazionale,
anche grazie a un mercato della musica sempre più globalizzato e alla
forza propulsiva di una rete internet in grande espansione (la
connessione ad alta velocità, chiamata all'epoca "banda larga", arriva
in Italia proprio a inizio 2000). Una generazione di adolescenti
dell'epoca aveva già avuto contatti con l'hip-hop e il rap, anche
attraverso contaminazioni con il rock, l'heavy metal
e il pop, così considerò abbastanza naturale integrare nella propria
dieta musicale anche un rapper controverso, dallo stile poliedrico, che
stava facendo scalpore all'epoca anche come personaggio mediatico
eccezionalmente problematico. Esattamente quel tipo di artista che
entusiasma gli adolescenti: difficilmente comprensibile per la
generazione precedente, scorretto e pieno di contraddizioni.
Irricevibile per i conservatori, che non guasta mai quando si è nella
fase più ribelle della propria vita.
Nel 2000 molti teenager nati nella seconda metà degli anni Ottanta scoprono le meraviglie di Internet e hanno la fortuna di ascoltare in diretta il terzo album di Eminem: è un pubblico di millennials
che lo seguirà anche nei decenni successivi e che, quando inizierà a
scrivere di musica sui blog (prima) e i social network (poi) indicherà
spesso in Eminem una figura centrale della propria formazione musicale,
quando non il più grande rapper di tutti i tempi tout court. La venerazione dei millennials
per Eminem è diventata persino un argomento di discussione e
incomprensione con la Gen Z, come riassunto da alcuni video su YouTube (questo o quest'altro, per esempio).
Negli
anni successivi una progressiva crisi dell'industria discografica e la
frammentazione dell'esperienza musicale, culminata nell'attuale
suddivisione in nicchie spesso impermeabili, ha reso sempre più
difficile pubblicare un album in grado davvero di segnare una
generazione di ascoltatori e di critici. Quando nel 2000 "The Marshall
Mathers Lp" arriva sul mercato, mette in moto una macchina mediatica che
travolge una platea di ascoltatori che si abbevera ancora alle radio e a
Mtv, che legge riviste musicali comprate in edicola e che visita i
negozi di dischi di quartiere. La varietà infinita di oggi, che permette
a ognuno di approfondire liberamente qualsiasi anfratto della storia
della musica, era all'epoca ancora limitata da un'informazione e
un'esperienza d'ascolto sostanzialmente omogeneizzate da alcuni mass media
dominanti. Se anche qualcuno pubblicasse oggi un nuovo "The Marshall
Mathers Lp", non riceverebbe mai le stesse attenzioni e qualcuno
finirebbe per scrivere un commento sprezzante su Facebook per farci
sapere di non conoscerlo e non voler in alcun modo colmare la lacuna. A
inizio millennio, invece, non era praticamente possibile scansare
Eminem. Nel 2001 arriverà persino sul palco di Sanremo,
al cospetto di una Raffaella Carrà disorientata e anche un po'
contrariata: un momento, anche quello oggi irripetibile, in cui globale e
nazionale si sono incontrati, un prodotto dell'entertainment che sembra provenire da un'altra epoca e un altro mondo.
Oltre al traino di "The Slim Shady Lp", un pubblico più ricettivo di millennials
adolescenti e la diffusione di Internet, "The Marshall Mathers Lp" è
comunque stato un album epocale anche grazie all'incredibile stato di
forma di Eminem al momento della sua pubblicazione e alla forza delle 18
tracce che raccoglie. È arrivato il momento di parlarne più nello
specifico.
Il killer, il rapper, il clown, il poeta: le tante anime di The Marshall Mathers Lp
L'introduzione
di "Public Service Announcement 2000" replica quella ascoltata sul
secondo album, in una versione più aggressiva: 27 secondi che si
chiudono con il proposito di uccidere l'ascoltatore formulato dalla voce
profonda e impostata di Jeff Bass dei Bass Brothers, un duo di
produttori che ha firmato molti brani di Eminem. È un modo per
presentare l'album ma anche un gancio per la prima canzone, "Kill You",
un bagno di sangue misogino posto in apertura appositamente per irritare
chi ne contestava i testi violenti e diseducativi. Questo significa
essere, insomma, "un dito medio umano". Il brano centra il bersaglio e
attira le critiche anche di Lynne Cheney, Second Lady durante la
presidenza di Bush Jr. Il testo è effettivamente un concentrato di
cattivo gusto che Eminem
conduce fino al ridicolo, sfruttando un gusto per il macabro e il
demenziale che è una delle sue principali abilità come narratore e
rapper. Il ritornello è una filastrocca da bambini avvelenata dal black humour.
You don't wanna fuck with ShadyLe strofe sono una dimostrazione delle sue capacità di usare registri diversi, sviluppando nelle strofe il tema del successo e delle sue trappole, il tutto mentre continua a esplorare il tema della personalità multipla e a mischiare persona e personaggio.
'Cause Shady will fuckin' kill you
I said you don't wanna fuck with Shady
'Cause Shady will fuckin' kill you
A seguire, un altro capolavoro e (non è scontato) uno dei brani pop-rap più importanti degli anni Zero: il terzo singolo "Stan", con un campionamento di Dido e la sua "Thank You". La produzione di "Kill You" lascia tutto lo spazio a Eminem con un beat con una pausa vistosa e melodie essenziali, mentre quella di "Stan" supporta l'intero racconto: il suono della pioggia, la penna che scrive nervosa, i tuoni minacciosi che si accoppiano al basso cupo e ossessivo; la voce di Dido è un fantasma che compare nella notte, dolcissima e fragile. Ma a fare la differenza è l'incredibile prova di Eminem come autore e rapper: il testo racconta la storia angosciante di un fan maniacale e squilibrato, che scrive ripetutamente al rapper senza ricevere risposta e infine, in un crescendo delirante, uccide la propria ragazza incinta e se stesso. Eminem interpreta il femminicida nelle prime tre strofe, in un crescendo di tensione che è un saggio di come un rapper possa mutare pelle lavorando su delivery e flow. Nella quarta strofa Eminem torna se stesso, o meglio quello che noi riconosciamo come tale, e risponde tardivamente alle numerose lettere, per realizzare che lo Stan che è suo fan è proprio l'omicida di cui ha letto sui giornali. Superando l'immagine del provocatore e del clown, mettendosi nei panni del killer ma anche in quella del cittadino scioccato, Eminem si dimostra poliedrico e complesso, persino poetico. Il fatto che riesca in tutto questo con un brano melodico, dal ritornello pop ma anche con delle lunghe e drammatiche strofe, è un'altra dimostrazione della sua capacità di contaminare, reinterpretare e sovvertire le aspettative. E "The Marshall Mathers Lp" è appena iniziato.
Schiacciata tra due skit, "Who Knew" prosegue sul tema dell'influenza negativa di cui Eminem è accusato dalla stampa e da alcuni politici, e sfocia naturalmente nella dichiarazione identitaria "The Way I Am", un brano lugubre tra campane funebri e un ritornello che affronta di nuovo il tema della personalità multipla, o quantomeno moltiplicata, del rapper: al centro delle attenzioni dei media, vittima di una pressione con pochi precedenti nel gossip internazionale, Eminem contrattacca difendendo la propria identità complessa. "The Way I Am" sarebbe dovuto essere il singolo di lancio, scritto per compiacere i discografici, ma finirà per essere il secondo brano estratto dall'album. Il ruolo di hit utile al lancio spetta alla successiva "The Real Slim Shady", più scanzonata e affine allo stile del secondo album. Supportata da un celeberrimo video tra il comico e lo scorretto, che ha superato il miliardo di visualizzazioni su YouTube, diventerà uno degli inni di Eminem e uno dei singoli di maggiore successo del decennio. Tra il comico e il caustico, il rapper si dichiara imitato ma inimitabile.
And there's a million of us just like meNonostante in apparenza sia un brano immediato, è comunque una dimostrazione di classe e tecnica nel rap. Oltre al solito schema di rime complesso, il brano è notevole anche per la precisione nel flow, per il delivery mutante e per la chiarezza di ogni singolo termine pronunciato: Eminem è un virtuoso del rap, ma rimane accessibile, anche grazie a un profluvio di riferimenti alla cultura pop, soprattutto televisiva e musicale, del periodo. Da Christina Aguilera al Burger King, passando per il programma televisivo "To Tell The Truth" da cui prende spunto il ritornello e per il rap senza parolacce di Will Smith, Eminem costruisce il brano sul vissuto quotidiano dei suoi concittadini, parlando la loro lingua e riferendosi a ciò che già conoscono.
Who cuss like me, who just don't give a fuck like me
Who dress like me, walk, talk and act like me
And just might be the next best thing, but not quite me
A bilanciare un brano squisitamente orientato al grande pubblico, la più cupa "Remember Me?" è segnata dai featuringdi RBX e Sticky Fingaz, resi famosi soprattutto dalla presenza sul "The Chronic" di Dr. Dre. È un altro schema metrico da studiare, pieno di rime multiple e interne, con alcuni versi sensazionali sul piano tecnico come:
Six sick dreams of picnic scenes
Two kids, sixteen, with M-16s and ten clips each
And them shits reach through six kids each
And Slim gets blamed in Bill Clint's speech to fix these streets?
Ritorna
quindi il caustico clown assassino Slim Shady nel quarto singolo
dell'album, "I'm Back", prima di un momento più intimo e personale come
"Marshall Mathers", costruita intorno a un campionamento di chitarra
acustica e un carillon e chiusa da un assolo di chitarra elettrica. È
un'altra dimostrazione delle potenzialità di Eminem anche come rapper
emotivo e intenso, in un registro più amaro e desolante di quanto
ascoltato in "Stan". A contrastare, ma anche completare il racconto di
un rapper doppio o addirittura multiforme lo skit scurrile di
"Ken Kaniff". Nel gioco di opposti e scarti improvvisi, la canzone
d'amore diventa un inno alla tossicodipendenza come "Drug Ballad" (feat.
Dina Rae) e "Amityville" (feat. Bizarre) è in realtà una cronaca rap di
Detroit.
C'è spazio anche per un brano di gruppo come "Bitch
Please II" (con Dr. Dre, Snoop Dogg, Xzibit e Nate Dogg), in questo
contesto poco più di una curiosità, prima di un notevole trittico
finale: l'incubo emotivo e relazionale di "Kim" è un brano lugubre e
asfissiante, pieno di urla e lacrime, con un ritornello cantato in modo
impreciso dallo stesso Eminem, per un (involontario) risultato
inquietante; "Under The Influence" insieme ai suoi D12 è, all'opposto,
un altro vaffanculo a chi ne critica i testi diseducativi e volgari, con
un motivetto demenziale che fatica a uscire dalla testa; "Criminal" ha
il difficile compito di riassumere l'intero album ma in realtà si
concentra soprattutto sulle critiche ricevute e sfoggia una tecnica
impressionante, con un flow e un delivery che cambiano vorticosamente, con improvvise trasformazioni a partire dalla parola, urlata, del titolo.
Eredità: imitazioni e ispirazioni
L'influenza di Eminem
sul rap statunitense e internazionale è difficile da sopravvalutare: la
combinazione di successo commerciale e di critica ne fa un caso più
unico che raro nel primo quarto di questo secolo. Buona parte di questa
consacrazione passa proprio per "The Marshall Mathers Lp". Il tema della
personalità multipla, o anche solo della distanza e commistione tra
persona e personaggio, trova qui un suo definitivo compimento nella
cultura hip-hop, e verrà ripreso da artisti diversissimi come Nicki Minaj e Tyler, The Creator a livello internazionale e in Italia da, per esempio, Fabri Fibra e Marracash.
La
possibilità di coniugare testi espliciti e ritornelli pop nello stesso
album, nonché tecnica e immediatezza nella stessa canzone, è stata una
dimostrazione ispirazionale per molti altri artisti. Con questa pietra
miliare si forma nella mente di milioni di ascoltatori una nuova idea di
album e di carriera musicale, capace di abbracciare contaminazioni
sostanziali e cambi di rotta anche bruschi. Per la generazione dei millennials,
quest'album e queste canzoni saranno di confronto per ciò che arriverà
nei decenni successivi. Anche troppo, forse, fino a farsi prendere in
giro dai più giovani o restare spesso incompresi da chi ha qualche anno
in più.
Attraverso "The Marshall Mathers Lp" un rapper bianco di Detroit, neanche trentenne e con un solo album di successo alle spalle, è stato in grado di pubblicare un album colossale, di oltre 72 minuti totali, che neanche lui replicherà mai. "The Eminem Show" (2002) sarà un trionfo commerciale ancora maggiore ma non ha la stessa forza dirompente e poco dopo la pressione e le dipendenze hanno presentato un conto salatissimo. Da vero fuoriclasse, Eminem ha poi reinventato la sua carriera e sfornato altre hit e saltuariamente anche altri brani degni dei suoi primi tempi, ma non ha mai replicato un album come questo. "The Marshall Mathers Lp 2" (2013) ha chiuso in qualche modo l'arco narrativo e, come abbiamo già scritto, Slim Shady è stato ucciso nel 2024. In mezzo, in questo quarto di secolo dalla prima pubblicazione del suo secondo album, "The Marshall Mathers Lp" ha continuato a essere citato tra i migliori album di questo secolo, resistendo alla difficilissima prova del tempo.
Il pronostico di chi vi scrive è che non cambierà granché neanche nel prossimo quarto di secolo, ma voi non fidatevi troppo di chi vi scrive su questo, perché si tratta di un millennial.

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