Sabato si è svolto un voto particolare a Taiwan, che segna una dura sconfitta per la linea dura verso Pechino. La tornata elettorale indetta per rimuovere 24 deputati appartenenti al partito del Kuomintang (KMT), che si trova su posizioni più concilianti nel rapporto con la Cina, non ha portato alla destituzione di alcun parlamentare.
Alle elezioni presidenziali svoltesi l’anno scorso nell’arcipelago, considerato dalla Cina come una provincia separatista e non riconosciuto come paese indipendente da quasi nessun governo al mondo, a risultare vincitore era stato Lai Ching-te, del DPP, il Partito Progressista Democratico. La maggioranza relativa del Parlamento era però andata al KMT.
Il DPP aveva dunque cominciato immediatamente una campagna per denunciare la volontà dell’opposizione di paralizzare la vita politica del paese. E anche quella di indebolire gli sforzi per assicurarsi una deterrenza adeguata alla spesso sbandierata ‘minaccia’ cinese, poiché il KMT, insieme ai deputati di un altro partito, il TPP, volevano congelare dei fondi destinati alla difesa.
Per mesi si è sviluppato un movimento di protesta contro queste due forze, che insieme detengono la maggioranza assoluta dell’Aula di Taipei. In questo contesto è stata lanciata una raccolta firme per indire il voto di revoca di 24 parlamentari. Principale promotore di questa iniziativa è stato Robert Tsao.
Tsao è un miliardario famoso per aver dato vita al colosso dei chip United Microelectronics Corporation (UMC). In passato c’era stata qualche tensione tra lui e il governo di Taiwan, poiché aveva deciso di portare alcune attività nella Cina continentale. Negli ultimi anni, invece, si è impegnato nettamente in iniziative finalizzate alla lotta contro Pechino e alla militarizzazione della società del paese.
La raccolta firme è stata un’altra mossa in questa direzione. Ovviamente, la rimozione dei parlamentari aveva trovato il sostegno del presidente Lai. In un recente discorso aveva affermato: “attraverso le elezioni e i voti di revoca, volta dopo volta, elimineremo le impurità come si fa con il ferro per ottenere l’acciaio, ed è così che difenderemo Taiwan”.
Una retorica dai tratti autoritari e bellicisti, che aveva suscitato reazioni di critica anche sui media statali cinesi. Il DPP ha giocato la carta di una serrata della dialettica politica interna, usando la questione dell’atteggiamento verso la Repubblica Popolare Cinese quale terreno su cui raccogliere forze.
In nessuno dei 24 casi, però, questa strategia ha funzionato, con qualche sorpresa anche per lo stesso KMT. Il 23 agosto ci sarà un’altra tornata elettorale contro altri 7 parlamentari, ma è evidente che la sconfitta di sabato potrebbe far desistere da questa iniziativa. Il voto ha mostrato una società polarizzata e, comunque, non una grande volontà a esacerbare i rapporti con Pechino.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento