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08/12/2018

Macron ha i giorni contati? Cronaca di sabato 8 dicembre...


Nel mentre scriviamo continuano gli scontri nel centro di Parigi. Un apparato poliziesco assolutamente inedito è stato dispiegato in tutta la Francia: circa 89.000 uomini delle “forze dell’ordine”, di cui 8.000 solo nella capitale (erano 65.000 sabato scorso).

L’approccio previsto del Ministero dell’Interno, come espressamente è filtrato dai quotidiani in questa settimana, sarebbe stato più “offensivo” e “muscolare” rispetto a quello impiegato fino ad ora, con un maggiore filtraggio e controlli a tappetto sin dall’alba a Parigi.

Questo approccio “preventivo” si è risolto in circa 480 “interrogatori” prima dell’inizio della manifestazione, che alle 17:30 sarebbero diventati 673, con 551 fermi e 55 feriti.

I numeri forniti dal ministero dell’Interno sulla partecipazione complessivaalle mobilitazioni sono notevolmente inferiori alla realtà, confrontando le testimonianze, le foto e reportage delle varie manifestazioni in tutto l’Esagono, in cui si sono visti “sfilare insieme” a GJ e militanti ecologisti per la marcia sul clima, anche gli studenti delle medie superiori e gli universitari, che si sono mobilitati tutta la settimana come a Tolosa o a Marsiglia, ma non solo.

Per comprendere il “mai visto” della repressione nei confronti degli studenti medi, basta un dato: nella sola giornata di giovedì 700 giovani sono stati “interrogati”, circa un migliaio in tutta la settimana.

Le immagini da dittatura latino-americana degli studenti di Mantes-la-Jolie, dove 153 ragazzi sono stati messi in massa ginocchia a terra e mani dietro alla nuca, o posti con il volto di fronte ad un recinto prefabbricato sempre in ginocchio, con i polsi legati, ha suscitato lo sdegno e la rabbia generalizzata.

La giornata successiva infatti, la mobilitazione studentesca promossa dall’UNL – dopo quella di venerdì 30 novembre e lunedì 3 dicembre – si è trasformata in “vendetta studentesca”, dove le mobilitazioni hanno “mimato” quella scena, che è stata ricondotta alle immagini dei peggiori giorni dell’Occupazione nazi-fascista dell’Esagono. Oggi stesso numerose manifestazioni hanno riproposto questa “coreografia” di denuncia.

A Parigi gli scontri sono iniziati a metà mattinata, e sono intervenuti per la prima volta i blindati della Gendarmerie in funzione anti-barricata (la stessa tipologia di quelli usati in Kossovo) visti anche a Marsiglia, e la polizia a cavallo ha caricato i manifestanti del Terzo Arrondissement, in una sequenza che ricorda più una dinamica di piazza novecentesca che il moderno contenimento dei manifestanti, “alla francese”.

Lo sparare “pallottole di gomma” in faccia ai manifestanti è diventata ormai una pratica quotidiana, come mostrano alcuni filmati a Parigi – ma non solo – dopo i gravi ferimenti verificatisi questa settimana. Ricordiamo che le pallottole di gomma, o flash-ball hanno 40 millimetri di diametro e possono essere letali ad una distanza inferiore di 25 metri.

La marcia sul clima a Parigi si è conclusa positivamente, erano più di 140 in tutta la Francia, e alcune organizzatrici nei comizi finali hanno “ringraziato” i GJ, ed hanno ribadito – come Edwy Plenel – che “è più urgente che mai parlare dei problemi del mondo e della fine del mese“, riferendosi alla coniugazione necessaria ed alla falsa contrapposizione tra necessità della giustizia sociale e della transizione ecologica.

Nei prossimi giorni si potrà fare un bilancio delle mobilitazioni, qui preme ricordare la compenetrazione tra i soggetti sociali che si sono mobilitati nel corso di queste tre settimane e che si stanno “fondendo” in un unico blocco, che ha come matrice comune sia un inversione di tendenza delle politiche di austerity sia le dimissioni di Emmanuel Macron, che saranno oggetto di una mozione di sfiducia all’inizio della prossima settimana, su richiesta dell’opposizione di “sinistra”: FI, PCF e PS.

7.000 persone a Lione, circa il doppio a Marsiglia, più di un migliaio ad Arles, e poi Grenoble, Nizza, Mentone, Grasse... Sono la prova di vitalità del movimento d’Oltralpe.

Chi si “inquieta” per la violenza dovrebbe ricordarsi due cose.

La prima ce la suggerisce l’editoriale di “Libération” di oggi firmato da Laurent Joffrin: “In un Paese dove la festa nazionale evoca – indirettamente – la sanguinosa insurrezione del 14 luglio 1789, la violenza popolare è al cuore dell’identità francese“.

La seconda emerge da tutte le testimonianze giornalistiche raccolte dei vari protagonisti di questo composito e proteiforme movimento: se il dialogo sociale è nullo, i corpi intermedi esautorati, ed il potere è sordo, non rimane che un modo per farsi ascoltare. E se questo modo poi produce, nel giro di una settimana, due marce indietro sullo stesso soggetto governativo e delle contraddizioni tra i vari deputati della maggioranza e l'esecutivo, rispetto ad una maggiore soddisfazione delle richieste poste dai manifestanti, allora vuol dire che è quanto meno efficace.

Furono le giornate del Maggio ’68, che portarono ad un innalzamento del salario minimo intercategoriale – lo SMIC – del 35%, ed agli accordi di Grenelle, portatori tra l’altro di notevoli miglioramenti riguardo alla rappresentanza sindacali nei luoghi di lavoro.

Che uno dei portavoce dei GJ, Eric Drouet, abbia candidamente dichiarato in televisione che “questo sabato sarà l’obbiettivo finale: l’Eliseo” e che, se si fosse arrivati lì davanti, “Eh bene, allora si entrerebbe“, ci dice che la presa del potere politico e la “cacciata” di un monarca repubblicano, è nell’immaginario collettivo più di quanto vogliono farci credere.

Alla fine, questo terrorizza le oligarchie del Continente e i loro apparati mediatici: che si ponga la questione del potere, e che a porla sia un Jacques Bonne-Homme del XXIesimo secolo, uscito dall’anonimato circa un mese fa...

A Bruxelles, i Gilets Jaunes, hanno preso d’assalto il Parlamento Europeo.

Com’era quella cosa dello spettro che si aggira per l’Europa?

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