La mostra “Modigliani e l’avventura di Montparnasse” che,
ormai, sta per chiudere i battenti, ha provocato una vera e propria
“modiglianimania” in città. Dovunque ci si giri, in qualunque
negozio si entri, dal tabaccaio alla ferramenta, dal bar alla libreria,
si assiste a una proliferazione di immagini e gadget dedicati a
Modigliani (per gli appassionati di arte culinaria e degli imperversanti
chef, addirittura un ‘tortello’!). A tal punto che un amico, grande
appassionato ed esperto di arte contemporanea, mi ha detto, dopo aver
visto l’ennesimo allestimento dedicato all’artista in una libreria: “e
pensare che prima Modigliani mi piaceva...”.
Qui non si vuole certo criticare la mostra in sé (a nostro
avviso, comunque, troppo ‘pompata’ per essere un allestimento che ha già
girato, negli anni passati, diverse città italiane ed europee) né, ci
mancherebbe altro, la grandezza artistica di Modigliani. Anzi, ce ne fossero di mostre di questo tipo. Intendiamo
invece farci delle domande sulle modalità con le quali essa è stata
presentata dall’amministrazione e dagli organi di stampa locali.
Il grande spessore culturale di questo “evento unico e irripetibile”,
probabilmente, risiederebbe soprattutto nel fatto che Modigliani è nato a
Livorno. Si tratta quindi di un artista ‘locale’ anche se, neanche
ventenne, nel 1902 egli si spostò prima a Firenze e poi a Venezia (poco
attratto, probabilmente, dalla vita culturale labronica), per poi
trasferirsi definitivamente a Parigi. La grandezza dell’evento sarebbe
quindi legata alla sua dimensione locale. Ma di che stupirsi? Se
a Livorno si vuole riempire la sala dove viene presentato un libro,
fatta una conferenza, organizzato un qualsiasi evento culturale, basta
che tale evento sia in qualche modo legato alla città. Altrimenti, il
vuoto totale. Il pubblico, neanche a farlo apposta, abbocca
subito all’amo della livornesità, di Livorno come “isola felice”, come
patria di artisti incompresi, come simbolo della veracità e della
schiettezza e di altre baggianate simili. E così, anche questa mostra ha
conosciuto un vero e proprio record di presenze, a tal punto che
visitarla è stato quasi imbarazzante, tra code e affollamenti negli
(eccessivamente) stretti corridoi, con i visitatori che sostavano
lungamente davanti ai quadri per sciropparsi l’intera pappardella
spadellata dall’audioguida. La pompa magna con cui è stata presentata la
mostra e la “modiglianimania” che l'ha accompagnata, probabilmente,
risiede nella stessa logica con la quale il quotidiano locale scrive
“morto” a caratteri cubitali in prima pagina o sulla locandina esposta
alle edicole per accaparrarsi il più vasto pubblico possibile. In questo
senso, è stato fatto centro.
Insomma, c’è il sospetto che questo evento abbia provocato un
vero e proprio regresso culturale per la città di Livorno. Esso,
anziché sprovincializzarla culturalmente, l'ha provincializzata ancora
di più, la ha legata alle dinamiche della livornesità, del colore
locale, della cultura furbescamente legata al territorio. C’è
anche il sospetto che, dopo la chiusura della mostra e la dissoluzione
della “modiglianimania”, l’arte e la figura di Modigliani cadano di
nuovo nell’oblio (come prima della mostra e degli eventi ad essa
correlati).
Ci auspichiamo proprio di no. E ci auspichiamo anche
che vengano organizzate altre mostre di altri grandi artisti non per
forza legati al territorio livornese. Questa sarebbe veramente la prova
del nove per la cultura locale: organizzare mostre ed eventi senza un
legame diretto con il territorio non per svalorizzarlo, intendiamoci, ma
per attuare un’operazione di sprovincializzazione culturale. Sarebbe il
segnale che il regresso si è fermato.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento