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16/02/2020

We want to believe

di Alessandra Daniele

Una pandemia apocalittica, causata da un virus creato e diffuso per sterminare l’umanità, favorendo così l’invasione aliena: è questo l’elemento della mitologia di X Files che oggi fa della storica serie la candidata ideale per la nuova rubrica di Carmilla AltroQuando.

In Italia X Files andava in onda la domenica sera su Italia 1. Se ne parlava il lunedì mattina a scuola, e sulla rete, che era ancora giovane. Si parlava specialmente degli episodi sulla cospirazione umano-aliena. X Files ha allevato almeno tre generazioni di complottisti.

Senza, probabilmente non ci sarebbe stato il Movimento 5 Stelle.

The X Files di Chris Carter debutta nel 1993, quando il Word Wide Web non esiste ancora, e i cellulari somigliano ai vecchi comunicatori di Star Trek TOS. La guerra nell’ex Jugoslavia continua, l’Italia è percorsa da attentati politico-mafiosi, il trattato di Maastricht sta entrando in vigore, e George Bush Sr. ha da poco ceduto il posto a Bill Clinton.

Le ascendenze della serie, che ibrida efficacemente poliziesco, horror e fantastico, sono ben riconoscibili fin dai protagonisti: Fox Mulder è praticamente un collega dell’agente Cooper di Twin Peaks, e Dana Scully della Clarice del Silenzio degli Innocenti. Fra i due “investigatori dell’impossibile”, la tipica dinamica conflitto-complicità inesorabilmente destinata a diventare amore.

Se il motto di Mulder è I want to Believe, a Scully tocca il ruolo della scettica positivista, almeno all’inizio.

X Files si distingue però fin dal pilot soprattutto per la vocazione complottista.

All’inizio, la cospirazione fra poteri forti e alieni invasori (i classici misteriosi omini grigi) è adoperata come trasparente metafora di orrori ben più reali della storia degli Stati Uniti, dagli accordi coi nazisti prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, alle proxy war e ai golpe orchestrati dalla CIA in giro per il mondo, dagli omicidi politici degli anni ’60-'70, agli esperimenti con la radioattività subiti da migliaia di cittadini ignari durante la corsa agli armamenti nucleari della Guerra Fredda.

Col passare degli anni e delle stagioni però la trama complottista deraglia, in un proliferare di espedienti da feuilleton, parentele improbabili, gravidanze mistiche, supercazzole eugenetiche, e derive vagamente assolutorie, finendo per rivelare che il diabolico Uomo che Fuma, cospiratore capo, killer di Kennedy, nonché padre segreto sia di Mulder che del telecinetico figlio in provetta di Scully, starebbe in realtà collaborando con gli invasori alieni col segreto proposito di sviluppare un vaccino per il virus alieno.

Mentre la trama orizzontale si deteriora, gli episodi autoconclusivi – la maggior parte – continuano però a fornire una collezione di godibili Weird Tales, fra le quali spiccano quelle firmate dal Vince Gilligan di Breaking Bad, che proprio sul set d’un suo memorabile episodio, Drive, conoscerà Bryan Cranston.

Nelle ultime stagioni, quando una nuova sbiadita coppia di agenti FBI subentra in parte a Mulder e Scully, la trama complottista precipita definitivamente, spegnendosi in un finale raffazzonato che nel 2002 annuncia l’avvento degli alieni per il famigerato 12 dicembre 2012.

14 anni dopo la cancellazione della serie (e 4 anni dopo l’appuntamento mancato) X Files ritorna brevemente in onda, mettendo in scena la pandemia ritardataria per poi rimangiarsela nell’episodio successivo, rimandandola di nuovo a data da destinarsi, nel vano tentativo fuori tempo massimo di resuscitare la serie nell’era in cui ormai il complottismo è diventato mainstream, ufologi e terrapiattisti sono al governo, e nelle generazioni allevate da X Files, Resident Evil, The Walking Dead, la comparsa di ogni nuovo virus scatena sempre, immancabilmente, paranoie – ed entusiasmi – da apocalisse imminente.

È questo il Big One che stiamo aspettando?

Potremo finalmente saccheggiare i supermercati e sparare ai vicini di casa?

Alla tagline di X Files “La verità è là fuori” si potrebbe oggi replicare parafrasando Corrado Guzzanti: la risposta è là fuori. Però è sbagliata.

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