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12/02/2023

Crimini di polizia. L’assurda morte di Aldo Bianzino

Tutto ebbe inizio la mattina del 12 ottobre 2007 quando le forze dell’ordine fecero irruzione in un casale a Pietralunga, vicino a Città di Castello.

Al termine delle operazioni di polizia furono sequestrate alcune piantine di marijuana e 30 euro.

Nel casale abitava Aldo Bianzino, falegname, 44 anni, incensurato.

Un uomo tranquillo che viveva con la fidanzata Roberta Radici e il figlio, Rudra.

I genitori condividevano la passione per l’India, motivo per il quale avevano scelto come nome Rudra, ovvero una delle più antiche divinità dell’induismo.

Ritorniamo agli eventi del 12 ottobre 2007. Aldo e Roberta furono portati al commissariato di Città di Castello poi in Questura, a Perugia, ed infine nel carcere di Capanne.

Aldo in isolamento, Roberta nel braccio femminile.

Aldo insistette nel sostenere che si trattava solo di erba per uso personale e terapeutico (la compagna Roberta aveva un tumore che la ucciderà un anno dopo gli eventi qui narrati).

Eppure, malgrado si trattasse solo di “qualche piantina”, Aldo morì.

Il giorno del decesso Roberta Radici fu chiamata a colloquio dal viceispettore del carcere che non la informò della morte del compagno ma le domandò a lungo se Aldo soffrisse di svenimenti, problemi di salute o avesse patologie pregresse. Nel rispondere di no la Radici chiese preoccupata dello stato di salute di Aldo e il dirigente rispose che era stato portato in ospedale, intubato e che gli era stata fatta una lavanda gastrica. Dopo il colloquio Roberta venne riportata in cella e alcune ore dopo fu scarcerata.

Prima di lasciare il carcere incontrò di nuovo il viceispettore e domandò quando avrebbe potuto rivedere il compagno.

La risposta fu lapidaria: “Martedì, dopo l’autopsia”.

È con questa modalità che Roberta venne informata della morte di Aldo.

Quali furono cause della morte?

Secondo la ricostruzione degli agenti, Bianzino fu ritrovato esanime nella sua cella e poi condotto all’infermeria dove gli fu praticata una rianimazione.

Purtroppo fallita.

L’autopsia rilevò ematomi cerebrali, lesioni al fegato e alla milza che vennero collegati a evenienze traumatiche legate al tentativo di rianimazione.

La morte sarebbe stata causata da un aneurisma cerebrale.

Secondo i periti nominati dalla famiglia di Aldo, invece, il corpo presentava ematomi, costole rotte e danni a fegato e milza. Un quadro incompatibile con un semplice malore che ipotizzava, invece, un quadro lesivo derivante da un pestaggio messo in atto con tecniche militari utilizzate per danneggiare gli organi vitali senza lasciare tracce.

Venne inoltre acclarato che la foto inserita nella perizia in cui fu mostrata la zona d’origine dell’aneurisma non fosse riconducibile a Bianzino.

Come si conclusero i procedimenti legali?

Nel 2009 l’indagine contro ignoti per omicidio è stata archiviata e nel 2015 l’agente Gianluca Cantoro è stato condannato in via definitiva a un anno di carcere per omissione di soccorso, perché il processo ha stabilito che i medici sono stati avvertiti in ritardo.

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