Una decina di giorni fa è stato annunciato un memorandum firmato dalla Banca Popolare Cinese, ovvero la banca centrale della Repubblica Popolare Cinese, e dalla Banca Centrale del Brasile. Al suo interno venivano stabiliti accordi di compensazione dello yuan – o renminbi – cinese in Brasile, così da facilitare le transazioni di imprese e istituti finanziari tra i due paesi con la moneta del Dragone.
Questa notizia arriva poco dopo le dichiarazioni intorno all’intenzione di Brasile e Argentina di avanzare sulla strada della creazione di una valuta comune, che da Brasilia suggeriscono di chiamare Sur, che vorrebbe poi essere proposta a tutta l’America Latina e andrebbe così a rappresentare circa il 5% del PIL mondiale attuale.
È risaputo che la moneta non è solo un’unità di conto, ma svolge una serie di funzioni che si sono rese ancora più complesse nell’epoca della finanziarizzazione sfrenata. La moneta è – e lo è da tempo – anche uno strumento di potere e di controllo, e lo sperimentiamo da decenni con il ruolo del dollaro nell’economia internazionale.
Tramite la sua valuta, richiesta ormai più all’esterno che all’interno del paese, gli USA hanno potuto sostenere un alto deficit, commerciale e di spesa, esternalizzando le contraddizioni del proprio modello di sviluppo.
Per questo per i paesi che cercano – se non di rompere totalmente – almeno di rendersi più indipendenti dalle costrizioni dell’imperialismo statunitense, la riduzione del peso del dollaro nelle proprie transazioni è un tema primario.
Persino l’Unione Europea, con l’euro, ha provato a sviluppare un’area valutaria concorrente, con ambizioni non nascoste. Ma oggi sono le realtà del Sud del mondo a rappresentare un’alternativa – con valore politico progressivo – nel processo di de-dollarizzazione che sta procedendo, lentamente ma inesorabilmente.
In particolare, anche in questo settore il principale “nemico strategico” della Casa Bianca è la Cina, guidata dal più grande partito comunista del mondo, che della de-dollarizzazione è ovviamente protagonista.
Lo yuan nel 2016 è entrato nel paniere di valute che compongono i Diritti Speciali di Prelievo del Fondo Monetario Internazionale, cioè le monete che possono essere usate come riserva valutaria oltre che per scambi commerciali.
È l’unica moneta di questo paniere che non appartiene a un paese ascrivibile allo schieramento occidentale e sta evidentemente diventando un punto di riferimento nei pagamenti internazionali (per cui sono stati creati circuiti alternativi allo Swift statunitense).
Documenti simili a quello col Brasile erano stati firmati con 25 paesi già alla fine del 2021, evidenziando l'inizio di un processo di internazionalizzazione dello yuan. La dichiarazione di Samarcanda, nella riunione del settembre 2022 dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai, che riunisce gran parte dell’Asia, spinge per l’incremento degli scambi nelle valute nazionali.
Dopo l’incontro avvenuto nel dicembre 2022 con Xi Jinping, re Salman dell’Arabia Saudita ha parlato della possibilità di ricevere yuan in cambio del petrolio, assestando un altro colpo al ruolo internazionale del dollaro. L’Arabia Saudita, così come Indonesia ed Egitto, ha espresso la volontà di entrare a far parte dei BRICS, a cui hanno già formalmente fatto domanda di adesione Algeria, Iran e Argentina.
Si chiude così il cerchio partito con gli accordi in ambito monetario che hanno riguardato il Brasile in queste ultime settimane (segnaliamo anche la resurrezione degli accordi commerciali tra Venezuela e Colombia, sempre meno “caposaldo della reazione” filo-Usa).
Gli stessi BRICS hanno ipotizzato di poter lanciare una valuta di riferimento comune, e dunque questa area economica in espansione si candida a rappresentare davvero un’alternativa geo-economica all’imperialismo yankee.
La vicenda palesa come la competizione monetaria sia oggi un elemento cruciale della più generale competizione globale. Chi vuole costruire un’alternativa di sistema non può più esimersi dal ragionare sul come sganciarsi dalle catene delle monete imperiali.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento