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12/10/2023

Perché Hamas è popolare nella Striscia di Gaza

Tutto risale al piano di spartizione delle Nazioni Unite per la Palestina del 1947, scrive Haaretz, quotidiano israeliano. Quella tormentata decisione venne quasi imposta dagli Stati Uniti. Risoluzione 181, che assegnò agli ebrei il 55% della Palestina. A quel tempo, secondo stime di massima, gli ebrei probabilmente occupavano meno del 10% del territorio considerato. Dopo il primo conflitto, l’area controllata dagli israeliani si allargò al 78%. Il resto è attualità.

Il peso della storia su una realtà lacerata

Da quegli inizi e quelle forzature del 1947 si è sviluppata la superiorità militare dello Stato ebraico e la sua politica di assorbimento di nuova popolazione, proveniente soprattutto dall’est Europa. Nel tempo, i territori arabi occupati sono diventati, in pratica, luoghi di espansione per nuovi coloni ebrei. Stracciando, di fatto, tutti gli accordi sottoscritti. L’organo ufficiale di rappresentanza dei palestinesi, l’ANP di Abu Mazen, che ha preso il timone della mitica OLP di Arafat, a questo punto ha scelto di non scegliere.

Ebraismo onnivoro, parte araba corrotta

Tutto lo stato maggiore, gli alti funzionari e la macchina burocratica dell’èlite palestinese campano con le laute prebende (aiuti, sostegni a pioggia, programmi mirati e chi più ne ha più ne metta) che arrivano, in primis, dai ricchi Paesi arabi e dall’Occidente. Con questo, non vogliamo dire che l’Autorità Palestinese si sia solo imborghesita per soldi. Ma certamente, pur apprezzando le sue ‘prudenze diplomatiche’, a molti sembra che Abu Mazen sia più preoccupato di difendere l’esistente che di sdoganare alcune situazioni, come quella di Gaza, ormai diventate veramente insostenibili per i palestinesi.

C’è obiettivamente il rischio che Israele, gli Stati Uniti e l’Europa parlino con l’interlocutore sbagliato. E a lui facciano arrivare finanziamenti, che poi fanno fatica a ‘spalmarsi’ tra i milioni di diseredati arabi che affollano la Terrasanta.

Quanta Palestina rappresenta ancora l’ANP?

La domanda allora diventa un’altra: ma quanti palestinesi rappresenta veramente l’Autorità Nazionale Palestinese e Al Fatah che la comanda? Ed è a questo punto entra in scena Hamas. Nato nel 1988, dopo la prima ‘Intifada’, il gruppo si è subito contraddistinto nella rivolta per la sua ‘purezza religiosa’, e la sua durezza militare e ideologica, tanto da mettere nella sua costituzione l’obiettivo della distruzione dello ‘Stato di Israele’. Ferocemente contrario agli accordi di Oslo, sottoscritti dall’OLP di Arafat, Hamas ha poi costituito un braccio militare molto temuto: le brigate al-Qassam. Ma la carta vincente del movimento – etichettato come terroristico in Occidente – è quella che potremmo definire la sua ‘politica sociale’.

Hamas sociale non corrotta

Lo sottolinea anche il progressista Haaretz: «La seconda caratteristica distintiva, che contribuisce notevolmente alla sua popolarità tra i palestinesi, è lo sviluppo di un’organizzazione di assistenza che ha aperto scuole e cliniche, che si sono rivelate più efficaci ed efficienti di quelle dell’OLP e del suo partito politico Fatah». Questa straordinaria presa di Hamas sugli abitanti di Gaza (oltre 2 milioni) è venuta clamorosamente a galla nel 2006, con le elezioni nelle quali fu sconfitta seccamente l’OLP. Il voto aveva seguito il ritiro israeliano dalla Striscia, nel 2005, ordinato da Sharon. Così, nel 2007, cacciati gli esponenti di Fatah, Hamas è rimasto padrone incontrastato di Gaza. Con gli abitanti prigionieri, come ammette Haaretz.

La maledizione su Gaza

Un governo ‘di terroristi‘ è stato sigillato assieme a tutta la popolazione. Elettricità, acqua, cibo, carburante, medicine: insomma, qualsiasi cosa dipendeva e dipende da rifornimenti esterni, perché i ‘gaziani’ sono, in pratica, un’intera popolazione ostaggio. Ma da allora, Gaza è diventata una ferita aperta nel costato d’Israele. Contrasti interni al mondo palestinese accortamente usati da Tel Aviv. E l’intransigenza di Hamas è stata la migliore garanzia per evitare di intavolare trattative serie su un vero Stato palestinese. Che Netanyahu e la sua nuova compagine ultra ortodossa esorcizzano. Tuttavia, negli ultimi due anni, la ‘resistenza armata spicciola’, le piccole reazioni armate alla repressione quotidiana, è stata appaltata da Hamas alla Jihad islamica, evitando, di conseguenza, le ritorsioni israeliane.

Hamas nell’ombra tra sunniti e sciiti

Hamas ha lavorato politicamente e militarmente nell’ombra, ingannando i Servizi segreti israeliani e americani, i quali, forse, non pensavano che un movimento strettamente sunnita, potesse diventare la cinghia di trasmissione degli sciiti di Hezbollah e, transitivamente, dell’Iran. La clamorosa piega che hanno preso gli avvenimenti geopolitici, di sicuro, ha spostato, facendole fallire, le valutazioni di molti analisti occidentali. In fondo, un po’ tutti, a Gerusalemme, pensavano che sarebbero bastati i permessi di lavoro trans-frontalieri, per tenere buoni migliaia di palestinesi. Varcavano la mattina il confine, guadagnavano i loro soldi, e la sera tornavano nella Striscia. Ma ci sono cose che i dollari non possono comprare. Ha scritto il più apprezzato editorialista di Haaretz, Gideon Levy: «Israele non può imprigionare due milioni di abitanti di Gaza, senza pagare un prezzo crudele».

L’ebraismo di coscienza

Ancora Haaretz: «Sabato si parlava già di spazzare via interi quartieri della Striscia, di occuparla e di punire Gaza, come non è stata mai punita prima. Ma Israele non ho mai smesso di punirla, a partire dal 1948, nemmeno per un momento».

Certo, aggiungiamo noi, questo non assolve nessuno e non toglie nemmeno una virgola all’orrore sparso da centinaia di guerriglieri, trasformatisi in terroristi usciti di senno. Perché niente potrà mai giustificare il massacro di inermi civili, di anziani, di donne e di bambini. Nemmeno Gaza, l’inferno sulla Terra.

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