Completamente “coperta” – sul piano mediatico internazionale – dall’assedio israeliano a Gaza, la guerra in Ucraina continua sotto ritmo. Com’è ormai riconosciuto da tutti, la “controffensiva” ucraina in corso da cinque mesi non è riuscita a superare neanche la prima linea della difesa “Surovkin”, con perdite terribili e guadagni territoriali irrilevanti.
Tant’è che ormai da giorni vengono segnalate dagli annalisti militari occidentali attacchi russi in diversi punti del fronte.
In questo caso lo scopo non sarebbe tanto quello di “sfondare” per conquistare terreno, quanto quello di eliminare alcune “teste di ponte” ritenute pericolose.
È il caso della fu cittadina di Avdiivka, praticamente un sobborgo di Donetsk (capoluogo dell’oblast omonimo), dal 2014 resasi “indipendente” insieme a Lugansk.
Da Avdiivka infatti piovono da nove anni razzi e colpi di artiglieria che provocano morti soprattutto civili tra la popolazione (“russa”, è il caso di ricordare, non “filo-russa”).
La tattica usata è simile a quella impiegata a Bakmut: circondare progressivamente le difese, minacciare le vie di rifornimento logistico, e quindi “stimolare” le truppe ucraine a ritirarsi. Come per Bakmut l’ordine arrivato da Kiev è “resistere a tutti i costi” e quindi l’esito prevedibile è del tutto simile: perdite eccessive e sconfitta finale che crea sconforto.
Gli analisti militari già registrano un forte calo dell’intensità di fuoco da parte degli “assediati” ad Avdiivka, che attribuiscono a “una rilevante penuria dovuta ai minori rifornimenti in arrivo dall’Occidente e dalla distruzione di diversi depositi a causa degli attacchi russi in profondità”.
Al di là delle opposte propagande, infatti, è confermata su tutto il fronte una notevole intensità di bombardamenti russi – con droni, missili e aerei – che avrebbero investito grandi depositi di armi e munizioni ucraine.
Nel campo dei droni viene oltretutto segnalato l’impiego di nuovi modelli “autoprodotti” in Russia, sia come copie degli Shaed iraniani sia come modelli propri.
Ma è in quello aeronautico che le notizie per Kiev sembrano peggiori. In diversi hanno registrato nelle ultime settimane una autentica “ecatombe di aerei ucraini”.
“Il 22 ottobre il ministero della Difesa russo ha annunciato nel consueto rapporto quotidiano che tra il 19 e il 20 ottobre i sistemi di difesa aerea russi avevano abbattuto 7 aerei da combattimento MiG-29 ucraini, probabilmente appartenenti alle più recenti forniture di velivoli ceduti dalle aeronautiche polacca e slovacca.
Sui canali militari Telegram alcuni osservatori ipotizzano che il numero elevato di abbattimenti sia dovuto a un sensibile incremento del numero e dell’impiego da parte russa di aerei da combattimento di quinta generazione Sukhoi Su-57 nel teatro bellico ucraino.”
Un salto tecnologico rilevante che non potrà neppure essere compensato dal futuro arrivo – dopo addestramento – dei vecchi F-16 statunitensi in dotazione ai paesi dell’est dichiaratisi disponibili ad inviarne alcuni esemplari. Gli F-16 sono infatti aerei concepiti negli anni ‘70; un’era geologica fa, in campo aeronautico.
Nemmeno le nuove dotazioni di missili occidentali – i celebrati Atacms e gli Himars, quelli che avrebbero dovuto “risolvere la guerra” – risultano particolarmente efficaci. I primi successi, infatti – erano stati colpiti gli aeroporti di Luhansk e Berdyansk, con obiettivo elicotteri russi che hanno subito danni tutto sommato limitati – sono stati seguiti da un numero enorme di abbattimenti. Segno che “le forze russe hanno imparato ad adattarsi e far fronte ai nuovi tipi di armi che vengono trasferite in Ucraina”.
L’inverno si avvicina e Kiev guarda con preoccupazione alla debolezza della propria dotazione in infrastrutture energetiche, bersaglio probabilmente di una nuova campagna di “demolizione”. E soprattutto alla “distrazione” seminata da Israele nell’area euro-atlantica...
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