Un anno fa, alla vigilia dell’inizio processo per associazione a delinquere, una grande festa di strada si strinse attorno al centro sociale Askatasuna di corso Regina Margherita 47. Una voce scomoda e una presenza attiva in oltre 25 anni di lotte sociali sul territorio, da Torino alla Val Susa.
In questi mesi il dibattimento è proseguito e ieri, all’alba, gli agenti della Digos hanno notificato sei misure cautelari (obblighi di firma) ad altrettanti militanti del centro sociale. I provvedimenti arrivano dopo la pronuncia della Cassazione sul reato associativo a seguito di una serie di ricorsi.
Per la Cassazione, Askatasuna, avrebbe creato, soprattutto in Val di Susa, un vero e proprio «laboratorio di sperimentazione» per quanto riguarda le violenze, confermando così la sussistenza di «un’organizzazione stabile che ha dimostrato di essere operativa in più settori sociali».
Nel dossier dell’inchiesta coordinata dalla pm Manuela Pedrotta si evidenzierebbe il ruolo di regia che il centro sociale avrebbe e, per motivarlo, si fa cenno ai tentativi di egemonizzazione del movimento No Tav, degli ambientalisti di Fridays for Future e di altre mobilitazioni sociali.
Askatasuna rigetta l’accusa definendola «un castello di carta» e sui social scrive: «Una ricostruzione folle che ha il solo obiettivo di cancellare queste esperienze sociali e di lotta, facendo tabula rasa dell’esistente ponendo già le basi per renderle irriproducibili nel futuro».
Sempre ieri, in concomitanza con la notizia dell’applicazione delle misure cautelari, sono ripresi gli attacchi politici nei confronti del centro sociale torinese.
Il presidente del consiglio regionale, il leghista Stefano Allasia, ne chiede lo sgombero «senza tentennamenti» annunciando di stare preparando un ordine del giorno sul tema. La senatrice di Fratelli d’Italia Paola D’Ambrogio definisce Askatasuna «un vero e proprio laboratorio di criminalità».
Il centro sociale al proposito sottolinea: «Le pressioni politiche che vanno nella direzione dello sgombero, si inseriscono nella dinamica processuale, che non è ancora conclusa e non vi è ancora alcuna sentenza. Parlano dell’esito della Cassazione come se si trattasse della sentenza finale in primo grado. Non è così, il processo non è ancora finito e staremo a vedere come proseguirà».
È intervenuta anche la consigliera regionale di Unione Popolare, Francesca Frediani: «Le misure cautelari aggiungono – ha dichiarato – un’ulteriore pagina di repressione in questa lunga storia che la magistratura torinese sta scrivendo, la direzione è sempre la stessa: demonizzare il centro sociale e i suoi attivisti e contemporaneamente criminalizzare la lotta No Tav».
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