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24/06/2024

Dal Vietnam alla Palestina, senza ipocrisie

Negli anni ’60 e'70 la gran parte della mia generazione manifestava per il Vietnam – quindi contro il neo-imperialismo Usa e dei loro alleati – nei cortei si gridava: “Vietnam vince perché spara”.

Non era la popolazione vietnamita al centro dei nostri cortei, piuttosto lo era la funzione e il ruolo dei “vietcong” e della loro capacità di combattere resistendo alla strapotenza statunitense e ai bombardamenti a tappeto che l’aviazione USA eseguiva sulle città e villaggi nel Vietnam del Nord.

Il tutto (manifestazioni, cortei e sit-in) era accompagnato da una ampia e vasta sollecitazione politica e ideologica perché questo movimento – antimilitarista e antimperialista – era monopolizzato da pratiche e forme politiche comuniste, molto di sinistra e ampiamente democratiche.

In quegli anni esisteva ancora l’URSS – con tutto il suo peso strategico e geopolitico – e grandi partiti comunisti erano allora presenti nei principali paesi e luoghi nei quali si organizzavano tali iniziative e cortei.

Oggi moltissime persone manifestano a sostegno della Palestina mettendo al centro la sua popolazione, una popolazione sempre più vittima di un genocidio vero e proprio, succube della strapotenza militare dell’esercito israeliano zelota, mistico e messianico, suprematista e razzista.

Credo che in ciò stia la diversità e la differenza tra ieri ed oggi (un popolo civile massacrato, fatto direttamente vedere in tutto il pianeta nelle televisioni e nei suoi servizi giornalistici).

Questa differenza sta portando milioni di persone o soggetti qualsiasi in tutto il mondo a prendere coscienza del “vero” esistente nella realtà concreta al posto di quanto viene invece raccontato, comunicato o televisivamente ripreso da un sistema mass-mediatico spesso corrotto, finanziato e ricattato da potenti lobby israeliane, da gruppi finanziari-editoriali e da una casta giornalistica incapace di rispettare quella deontologia verso la quale dovrebbero impegnarsi con senso critico sulle realtà nelle quali operano e lavorano.

Viene sempre più avvalorata la tesi che la funzione della resistenza palestinese sia terroristica, antisemita e illegittima poiché islamista, che sfrutta con funzioni dittatoriali civili palestinesi a proprio comodo. Quindi il ruolo e la funzione governativa di Hamas (che ricordiamo ha vinto legittime e democratiche elezioni) non viene riconosciuta dall’occidente e viene perciò definita organizzazione terrorista.

Non è che il “Vietcong” fosse meno cattivo e meno violento del suo avversario; così come il resistente palestinese (che sia di Hamas o delle altre formazioni resistenti palestinesi le quali hanno tutte partecipato all’azione del 7 ottobre) non è meno feroce o violento dell’esercito sionista israeliano.

Quindi fatte le dovute e necessarie distinzioni etiche, sociali, morali e politiche – perché non considerare che quella della resistenza palestinese è lotta armata contro l’invasione e la tirannia di un espropriatore di terre altrui (Israele) e non una guerra terroristica e antisemita?

Ritengo che la differenza e la diversità oggi esistente stia proprio in questa considerazione. Ieri il Vietcong vinceva perché sparava; perché mai oggi il resistente palestinese dovrebbe perdere in quanto antisemita e terrorista?

Cerchiamo allora di essere seri e non fare “sofismi” astratti o astrusi.

Diceva un vecchio e saggio proverbio: “chi semina vento non può che raccogliere tempesta!”

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