Nel biennio 2009/2010 l’Italia
ha esportato oltre un miliardo di euro di armi leggere ad uso civile,
con un aumento del 10 percento rispetto al biennio precedente. I dati
emergono dal rapporto, diffuso oggi, realizzato dall’istituto di ricerca
Archivio disarmo dal titolo “Armi leggere, guerre pesanti”.
Le esportazioni sono per la maggior parte dirette verso Stati uniti e
Paesi dell’Unione europea, ma un aumento significativo
dell’importazione di armi dall’Italia ha registrato anche l’Asia. Il
resoconto denuncia come il nostro Paese abbia venduto armi
comuni anche in Africa e in Medioriente, in Paesi dove i sistemi
politici sono stati capovolti dalle rivoluzioni popolari. In
particolare, emergono dal rapporto Paesi sottoposti a embarghi
internazionali sulle forniture di armi (Cina, Libano, Repubblica
Democratica del Congo, Iran, Armenia e Azerbaijan) e Paesi in cui sono
in atto conflitti e in cui avvengono gravi violazioni dei diritti umani
(la Federazione Russa, la Thailandia, le Filippine, il Pakistan,
l’India, l’Afghanistan, la Colombia, Israele, Congo, Kenya, Filippine
ecc.).
Ciò ha origine da una grave contraddizione legislativa, a causa della
quale le procedure e i divieti previsti per le armi comuni da sparo
sono diverse dal quelle previste per i trasferimenti di armi ad uso
militare. L’Onu ha più volte messo in luce come anche le armi comuni da
sparo vendute tramite il canale legale finiscano poi spesso nelle mani
di delinquenza organizzata, formazioni terroristiche e bande
paramilitari. La necessità, evidenziata dall’analisi, è che le armi
comuni da sparo siano equiparate alle armi ad uso militare dal punto di
vista delle esportazioni, perché anch’esse possono contribuire a
radicalizzare le situazioni di violenza.
Alcuni esempi: l’Italia ha fornito armi, proiettili ed
equipaggiamento militare e di polizia usati per uccidere, ferire e
imprigionare arbitrariamente migliaia di manifestanti pacifici in Paesi
come la Libia, la Tunisia e l’Egitto, e tuttora utilizzati dalle forze
di sicurezza in Yemen. Quest’ultimo ha importato dall’Italia una cifra
pari a 487.119 euro di armi, usate nella repressione governativa delle
proteste.
La Repubblica Democratica del Congo ha importato munizioni per un
valore di 81.152 euro, malgrado l’embargo dell’Unione Europea e dell’Onu
in vigore dal 1993: nel Paese diverse regioni sono ancora teatro di
violenze.
La Cina tra il 2009 e il 2010 ha acquistato dall’Italia armi civili,
munizioni ed esplosivi per un valore di oltre tre milioni, in violazione
dell’embargo imposto dal Consiglio Europeo nel 1989, in seguito ai
fatti di Piazza Tienanmen, che mira proprio a tutelare i diritti umani.
Fonte.
Finché c'è guerra, c'è speranza!
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