Abbiamo scavato un po' nell'edizione online del quotidiano La Stampa ed abbiamo scovato questo interessante, dettagliato e documentatissimo documento. Buona lettura
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Sottomettendosi all’accordo Russo-Americano, Bashar Al Assad ha accettato di fornire entro una settimana un elenco dettagliato delle armi chimiche possedute dal governo siriano, e di distruggerle entro la metà del 2014 sotto la supervisione di ispettori internazionali che saranno sul campo già a novembre. Ma che ne sarà dei gas tossici posseduti dai ribelli del Free Syrian Army, che quell’accordo ha rigettato e ha già dichiarato che continuerà a combattere per rovesciare il regime?
Mentre resta controverso CHI abbia usato gas lo scorso 21 agosto – né verrà probabilmente detta una parola definitiva nel rapporto degli ispettori dell’ONU, che NON avevano questo compito – che i ribelli dispongano di almeno un po’ di armi chimiche lo avrebbe ammesso persino il sottosegretario di Stato John Kerry. In proposito ci sono varie testimonianze, da ultimo un documento riservato di fonte militare Usa di cui sostiene di essere entrato in possesso WND.com, sito americano ultraconservatore che qualche giorno fa gli ha dedicato un post, firmato da F. Michael Maloof, già analista della politica di sicurezza al segretariato della Difesa.
Nel documento di fonte militare Usa si conferma che del gas Sarin è stato confiscato già in primavera a membri del Fronte Jabhat al-Nusra, i più influenti dei ribelli islamisti che combattono in Siria, alleati di Al Qaida di Zawahiri e inseriti dall’Onu e dagli Usa nell’elenco dei gruppi terroristi lo scorso dicembre.
Il documento, classificato Secret/Noforn – da non essere diffuso all’estero – proviene dalla comunità di intelligence americana del National Ground Intelligence Center, o NGIC, e il sito ne sarebbe entrato in possesso martedì scorso. Ne riportiamo dal post ampi stralci, indicativi anche dei complicati intrecci in quella martoriata regione, dove dietro lo scontro ribelli/regime è in atto una guerra per procura dai molti attori.
Il documento rivela che l’AQI – Al Qaida Iraq avrebbe prodotto un tipo di gas Sarin di basso livello in Iraq e lo avrebbe trasferito in Turchia.
Una fonte militare – riferisce il post – ha spiegato che ci sono state numerose interrogazioni e report di clan, parte di quelli che – con linguaggio militar-burocratico – il documento cita come “50 indicatori per monitorare il progresso e caratterizzare lo sforzo di Al Nusra /Al Qaida Iraq per sviluppare l’agente chimico bellico Sarin”.
“In questo documento ci sono le nostre valutazioni sullo stato di quello sforzo al suo culmine, quando approdò nel maggio 2013 all’arresto in Iraq e Turchia di diversi individui chiave”, viene detto.
“Successivi report e indicatori non osservati in precedenza suggeriscono che quello sforzo continua a progredire malgrado gli arresti.
Lo scorso maggio la confisca è avvenuta quando le forze di sicurezza Turche hanno scoperto un cilindro da due chili contenente gas Sarin mentre perquisivano le case di militanti Siriani di Al Nusra legati ad Al Qaida, a seguito degli arresti (vedi anche qui e qui il giornale turco che subito ha dato notizia).
Il gas venne trovato nelle case di sospetti radicali Siriani islamici detenuti nelle province di Adana e Mersia.
Erano stati arrestati 12 membri di Al Nusra, descritti allora dalle forze speciali Turche antiterrorismo come “il braccio più aggressivo e di successo dei ribelli Siriani”.
Nella confisca la polizia anti terrorismo Turca trovò anche armi, documenti e dati digitali.
Al tempo dell’arresto, i Russi chiesero un’indagine sugli arrestati Siriani e i militanti vennero trovati in possesso di gas Sarin.
Il sequestro avvenne a seguito di un attacco chimico avvenuto in marzo nell’area di Khan al-Assal nei dintorni di Aleppo, in Siria. In quell’attacco 26 persone e forze governative Siriane vennero uccise da quel che venne stabilito essere gas Sarin, diffuso da un razzo.
Il governo Siriano chiese un’indagine da parte dell’ONU. Damasco riteneva che dietro l’attacco vi fossero i combattenti di Al-Qaida, accusando di coinvolgimento anche la Turchia.
“Il razzo veniva da un luogo controllato dai terroristi vicino alla frontiera Turca”, secondo quanto dichiarato da Damasco. “Si potrebbe ipotizzare che le armi fossero arrivate dalla Turchia”.
Il report della comunità di intelligence dell’NGIC secondo il post rafforza quanto emerso nell’indagine preliminare ONU sull’attacco di Aleppo, secondo cui le prove puntavano ai ribelli Siriani.
(Si tratta dell’indagine ONU sulla quale si pronunciò Carla Del Ponte, membro di una commissione ONU. Intervistata alla tv svizzero-ticinese dichiarò che “esiste un forte, concreto sospetto, sia pure non ancora una prova incontrovertibile” che ad usare il gas siano stati i ribelli. Su questo e altri attacchi chimici di provenienza incerta si preparavano a indagare osservatori Onu che erano in arrivo a Damasco proprio nei giorni intorno al 21 agosto -ndr).
Lo stesso documento sembra anche sostenere le accuse di un report di 100 pagine consegnato all’Onu dalla Russia. Il rapporto concludeva che i ribelli siriani – non il governo Siriano – avevano usato il Sarin nell’attacco di marzo ad Aleppo.
I contenuti di quel rapporto non sono ancora stati pubblicati, ma fonti hanno riferito a WND (il sito web che pubblica il post) che la documentazione indica che il gas venefico sia stato fabbricato in una regione dell’Iraq controllata dai Sunniti e poi trasportato in Turchia a uso dell’opposizione Siriana, le cui file sono gonfiate da membri di Al-Qaida e gruppi affiliati.
E qui il documento si dilunga in molti dettagli del rapporto Russo, che nella preparazione e nella spedizione del gas tira in ballo il generale al-Douri a suo tempo molto vicino a Saddam Hussein, e il generale al-Dulaimi, già protagonista nella produzione di armi chimiche, più combattenti stranieri Sunniti affiliati al partito Baath e il Fronte Al Nusra di Aleppo sostenuto dall’Arabia Saudita, con la collaborazione della Turchia attraverso la città di Antakia.
E si arriva all’oggi. Il post mette in relazione il documento dell’NGIC con altre testimonianze sul recente attacco chimico del 21 agosto, quello di Ghouta, alle porte di Damasco, sul quale si concentra l’attenzione odierna del mondo.
1) L’analisi dell’esperto americano di terrorismo Yossef Bodanski.
Il fatto che l’intelligence del NGIC definisca il gas usato a marzo “di basso livello” rafforza l’analisi di Bodanski , secondo il quale da quel che emerge sulle armi chimiche usate a Damasco, quello del 21 agosto appare un “attacco auto-inflitto “dall’opposizione siriana per provocare un intervento Usa in Siria.
Secondo Bodasnki – scienziato israelo-americano già direttore della task force del Congresso Usa su terrorismo e la guerra non convenzionale – le analisi preliminari del Sarin utilizzato mostrano che si tratta di un tipo “da cucina” (noi diremmo casereccio), e non di tipo militare.
Quello di tipo militare si accumula infatti anche nei capelli e nei vestiti, delle vittime, le sue molecole si staccano e “avrebbero ucciso o comunque colpito i primi soccorritori se toccavano le vittime senza protezioni apposite”, protezioni che non vengono mostrate in molti dei video fatti circolare dai ribelli. (Osservazioni analoghe erano state avanzate a caldo da vari altri esperti, vedi precedente post di Underblog).
“Ciò indica fortemente che l’agente in questione sia un “sarin casereccio”, ha affermato Bodanski. Aggiungendo che la descrizione dei feriti fatta da Medici Senza Frontiere concorda con gli effetti di un Sarin diluito di questo genere.
Secondo l’esperto di anti terrorismo il movimento jihadista ha le tecnologie che sono state confermate in laboratori di jihadisti catturati sia in Turchia sia in Iraq, e da una massa di dati raccolti su Al-Qaida in Afghanistan.
Infine Bodanski ha aggiunto che i proiettili mostrati dall’opposizione, che sono stati testati dagli ispettori ONU, non sono armi standard dell’esercito Siriano.
2) La lettera memorandum a Obama di 12 veterani dell’intelligence Usa.
Il post cita quindi il punto di vista di Ray Mc Govern, già analista della CIA, uno dei veterani dell’intelligence americana che hanno scritto una lettera-memorandum al presidente Obama sostenendo che dietro l’attacco del 21 agosto non ci sia il governo di Damasco bensì i ribelli. (La lettera è citata da diversi blog, per es. qui/ qui).
Gli ex agenti dell’intelligence riferiscono quanto detto loro da colleghi in servizio attivo: che un “crescente numero di prove” rivela che l’incidente è stato una provocazione pianificata in anticipo dall’opposizione Siriana.
Gli analisti nella lettera fanno riferimento a un incontro, una settimana prima del 21 agosto in cui comandanti dell’opposizione hanno ordinato di prepararsi a una “imminente escalation” dovuta a “sviluppi in corso nella guerra” che sarebbero stati seguiti da un bombardamento della Siria guidato dagli Usa. Il crescente numero di prove verrebbe per lo più da fonti affiliate all’opposizione Siriana e loro sostenitori.
Quei report rivelano che i contenitori contenenti agenti chimici vennero portati in un sobborgo di Damasco, dove furono poi aperti.
“Incontri preliminari fra comandanti senior dell’opposizione militare e agenti di intelligence del Qatar, della Turchia e degli Usa hanno avuto luogo nella fortezza militare Turca di Antakia, ora utilizzata come centro di comando e quartier generale del Free Syrian Army e dei loro sponsor stranieri”, hanno affermato gli analisti.
3) Le 10 contestazioni di un parlamentare Usa all’amministrazione.
Fin qui il post di WND. Ma colpisce che queste e altre analisi di analogo tenore siano linkate in un post apparso sull’Huffington Post Usa, a firma di un politico Democratico statunitense. Daniel Kucinick, da 16 anni membro del Congresso e per due volte candidato alla presidenza, il 5 settembre contestava 10 affermazioni dell’amministrazione per giustificare l’intervento in Siria, avanzando una serie di dubbi sotto forma di domande.
Dubbi di molti generi, anche sulla scia di un interessante e molto argomentato post del noto sito giornalistico McClatchy e un altro di Global Research. Dubbi anche sui video (girati quando e dove?), sulle intercettazioni che incolperebbero Assad (chi le ha fatte? Si è valutato che potrebbero essere dei falsi?), sul numero di vittime (quella cifra di 1429 vittime da dove arriva? Non coincide con altre fonti, per es. Medici Senza Frontiere parlano di 355 morti). Dubbi sull’uso di armi chimiche, persino, e soprattutto sulla pretesa che l’opposizione non le abbia usate e non le possieda (quale opposizione? e molte altre domande) .
A quest’ultimo proposito il post di Kucinick linka fra l’altro un post del sito Atlanticsentinel.com che, tra varie cose, cita una storia pubblicata da MintPressNews (e girata sul web, qui l’originale) scritta da un giornalista in collaborazione con una collega freelance presente sul campo che ha parlato a caldo con molti siriani residenti nella zona di Ghouta. E questi raccontano come certi ribelli abbiano ricevuto armi chimiche attraverso il capo dell’intelligence Saudita, principe Bandar bin Sultan, e che siano stati loro i responsabili dell’attacco chimico (sottolineatura del sito).
L’Arabia Saudita ha a lungo sostenuto gli insorti in Siria con armi e denaro, osserva Atlanticsentinel. Il regno Saudita ha motivazioni sia settarie sia strategiche per sostenere il rovesciamento di Assad. La ribellione contro il suo regime è composta largamente da Sunniti, la maggioranza che patisce la repressione degli alawiti di Assad. L’Arabia Saudita aspira a un ruolo di leader nel mondo islamico Sunnita, e Assad è inoltre l’unico alleato arabo dell’Iran sciita, odiatissimo dai Sauditi.
Il post ricorda che il Wall Street Journal un mese fa ha descritto Bandar già ambasciatore Saudita negli Usa, come un “veterano degli intrighi diplomatici”, capace di mettere in atto quello che la CIA ha difficoltà a fare: fornire armi e denaro (però, mentre il presidente Obama sceglieva la via della trattativa scelta, la CIA inviava ai ribelli armi leggere, mortai e munizioni dalle sue basi in Turchia e Giordania, informa il giornale britannico Dailymailonline, ndr). Rimasto per anni nell’ombra, Bandar è tornato in auge alla grande e avrebbe preso in carico gli “affari” più delicati.
Quale che siano le conclusioni dell’imminente rapporto degli ispettori ONU, “ironicamente la maggior minaccia al piano per distruggere le armi chimiche del governo siriano può venire dai ribelli Siriani se aggirano il cessate il fuoco e prendono di mira gli inviati ONU che dovranno rimuovere i gas di Assad, una possibilità che i ribelli sperano possa riportare sul tavolo l’opzione dell’intervento militare americano” – si legge su Consortiumnews, sito di “giornalismo investigativo indipendente dal 1995”.
http://lastampa.it/2013/09/16/blogs/underblog/
Fonte
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