E' stata approvata la scorsa notte la risoluzione per la distruzione degli arsenali chimici siriani.
Il voto al Consiglio di Sicurezza è avvenuto intorno alle 2 ora
italiana. E' stato inoltre trovato un accordo per organizzare la
conferenza Ginevra 2 a metà novembre, come ha annunciato il ministro degli
esteri francese Laurent Fabius.
Forse non è del tutto corretto parlare di "vittoria" della Russia,
alleata di Damasco. Il testo approvato la scorsa notte in effetti è duro
nei confronti della Siria e del suo regime. Allo stesso tempo gli Stati
Uniti escono in parte sconfitti da questa lunga battaglia diplomatica.
La risoluzione non è, come avrebbe voluto Washington (e Parigi), sotto l'ombrello del Capitolo 7
della carta Onu, che prevede l'uso della forza nei confronti degli
Stati inadempienti. In questo caso si parla di nuova risoluzione, quindi
di ulteriore lavoro diplomatico, e non di una automatica operazione
militare nel caso la Siria non rispettasse i suoi obblighi per la
distruzione delle armi chimiche.
La risoluzione si articola in
22 paragrafi e condanna qualsiasi uso di armi chimiche in Siria, e in
particolare l'attacco del 21 agosto scorso a Ghouta, a Est di Damasco.
«L'uso di armi chimiche - è scritto nel documento - costituisce una
minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale». Pertanto la Siria
non può produrre, usare, acquistare o trasferire alcun tipo di arma
chimica e sottolinea che questo vale per tutte le parti nel Paese
mediorientale (anche Israele?). Ribadisce che gli Stati che fanno parte
dell'Onu non possono aiutare chi tenti di produrre o trasferire tali
armi. Afferma che il rispetto siriano dei dettami dell'Opac (che si
occupa del controllo e del disarmo chimico) e del CdS delle Nazioni
Unite saranno monitorati su «base regolare» ogni 30 giorni a partire
dall'adozione della risoluzione.
La Russia si è detta pronta a
contribuire al controllo dei siti di armi chimiche siriani, quando il
presidente Bashar al Assad le distruggerà assieme alle fabbriche dove si
producono. Le riserve di agenti chimici dell'arsenale siriano
sarebbero di mille tonnellate, di cui circa 300 di gas mostarda, in gran
parte allo stato liquido, da assemblare per essere caricate in razzi o
proiettili d'artiglieria. Significa che sono relativamente più facili da
neutralizzare e più difficili da nascondere, almeno stando a quanto
riferiva ieri il Washington Post.
In contemporanea all'annuncio che gli ispettori dell'Onu
torneranno martedì prossimo a Damasco per proseguire la loro missione di
indagine, non pochi analisti sottolineano in queste ore che la mancanza
di prove dell'uso da parte delle forze governative siriane di armi
chimiche lo scorso 21 agosto a Ghouta, ha contribuito ad ammorbidire, e
non poco, la posizione americana al CdS a vantaggio della linea russa.
Passano le settimane ma nessuno ha ancora visto in pubblico le prove
"inconfutabili" che gli Usa dicevano di aver raccolto a sostegno di un
loro attacco militare contro la Siria. Anzi, secondo le indiscrezioni
che circolano anche in ambienti diplomatici italiani, i satelliti-spia
americani non confermerebbero affatto la responsabilità del regime
mentre regna la confusione, a dir poco, intorno al numero presunto delle
vittime dell'attacco e sui luoghi dove sarebbero stati sepolti i corpi
dei siriani, adulti e bambini, morti nell'attacco con armi chimiche.
Ad allentare la rigidità di Washington contribuisce il nuovo clima,
almeno in apparenza, nelle relazioni tra gli Usa e l'Iran alleato di
Assad. I media di tutto il mondo sottolineano la giornata storica di due
giorni fa al Palazzo di Vetro. Se da un lato non c'è stata la stretta
di mano tra Barack Obama e il presidente iraniano Hassan Rowhani,
dall'altro lato l'incontro tra il Segretario di Stato John Kerry e la
controparte iraniana, il ministro degli esteri Mohammad Jayad Zarif, è
stato il primo faccia a faccia vero tra i due Paesi in 30 anni di
relazioni ostili, minacce di guerra e sanzioni economiche contro Tehran
che hanno provocato un crollo delle esportazioni iraniane di petrolio
verso l'Europa e i Paesi asiatici (-60%): 150 milioni di dollari al
giorno.
Alla fine del meeting Kerry ha detto che le sanzioni non saranno
sospese fino a quando l'Iran non permetterà agli ispettori Onu di
verificare lo stato del suo programma nucleare. Tuttavia, secondo un
diplomatico statunitense, l'Iran ha proposto la firma di un accordo
entro tre mesi e la sua attuazione definitiva entro un anno. Il ministro
degli esteri dell'Unione europea Catherine Ashton ha indicato che un
prossimo incontro si potrebbe tenere già a Ginevra tra il 15 e il 16
ottobre prossimi. Rawhani da parte sua rilancia e vuole mettere sul
tavolo la questione del nucleare in tutta la regione e ripete che anche
Israele (che possiede in segreto decine di bombe atomiche) deve aderire
senza indugio al Trattato di Non Proliferazione per arrivare a un Medio
Oriente demilitarizzato.
In Siria nel frattempo si continua a combattere, la guerra civile
non conosce soste e con essa gli attentati. Ieri sera era salito ad
almeno 30 morti e decine di feriti il bilancio di un attentato compiuto
con un'autobomba a Rankus, nella provincia di Damasco in un'area a
maggioranza sunnita. Secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti
umani in Siria «la maggioranza delle vittime sono civili, tra cui un
bambino». L'esplosione è avvenuta davanti alla moschea Khaled Ibn al
Walid mentre i fedeli uscivano dalla preghiera del venerdì.
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