Il
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato la nomina di
Giuliano Amato a giudice della Corte Costituzionale (leggi). Con il plauso delle larghe intese e con pochissime voci fuori dal coro (leggi).
Da almeno quarant’anni nella politica che conta, ecco come Marco
Travaglio lo dipinge in un editoriale pubblicato sul Fatto Quotidiano il
16 aprile scorso, quando il nome del Dottor Sottile era in pole
position per la successione di Giorgio Napolitano al Colle.
Amato
si ritirò dalla politica la prima volta vent’anni fa, aprile ’93,
quando cadde il suo primo governo pieno di ministri inquisiti: “Per
cambiare dobbiamo trovare nuovi politici. Per questo, confermo che ho deciso di lasciare la politica, dopo questa esperienza da primo ministro. Solo i mandarini vogliono restare sempre e io sono in Parlamento ormai da dieci anni”. Infatti nel ’94 divenne presidente dell’Antitrust grazie a B., ancora riconoscente per il suo decreto salva-Fininvest dell’84 contro i pretori cattivi.
Infatti, in tre anni di Antitrust, Amato non si avvide mai del trust berlusconiano
in fatto di tv e pubblicità. Nel ’97 annunciò il suo secondo ritiro
dalla politica: “Torno all’insegnamento a tempo pieno, non potrò avere
altri incarichi”. Tantopiù che aveva maturato una pensioncina di 31mila
euro al mese. Meno di un anno dopo, rieccolo al governo: ministro delle
Riforme con D’Alema. Talmente bravo che nel ’99 B. voleva lui o la Bonino al Quirinale, poi ripiegò su Ciampi.
Che fu rimpiazzato, al Tesoro, proprio da Amato. Nel 2000 cadde anche
D’Alema e Amato mise le mani avanti: “Io al posto di D’Alema? Per me il
problema non esiste”. Infatti subito dopo tornò a Palazzo Chigi al posto di D’Alema.
Anche perché intanto era morto Craxi
e il fax di Hammamet, che da anni vomitava dispacci sul ruolo di Amato
nel sistema finanziario del Psi, si era provvidenzialmente spento. Così,
di ritiro in ritiro, Amato ha messo insieme una collezione di poltrone
che nemmeno Divani & Divani: quattro volte
deputato, due volte premier, due volte ministro del Tesoro, e poi
ministro dell’Interno, presidente Antitrust, vicepresidente della
Convenzione europea, presidente della Treccani, della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e del Comitato dei garanti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, consulente di Deutsche Bank, consigliere di Monti per i tagli ai costi della politica (mai fatti, of course ). Infatti ha scritto a Repubblica
: “Non faccio parte della casta”. Ora B. lo rivuole sul Colle, il che è
comprensibile. Molto meno comprensibile che, a indicarlo, sia il Pd.
Fonte
Due articoli che discettano di Amato in meno di un'ora stenderebbero anche un elefante dato il ribrezzo che il personaggio dovrebbe suscitare.
Visto il poste che il benemerito è "chiamato" a ricoprire anche questa volta, tuttavia, una disamina sul suo passato meritava d'essere proposta e Travaglio è per merito il più accreditato per stenderla al meglio.
Tuttavia, anche nella biografia redatta dalla prima penna del Fatto Quotidiano, è presente una piccola dimenticanza. Amato, infatti, da perfetto saltimbanco tra le poltrone che più contano, è anche soggetto a conoscenza dei misfatti operati dagli inquirenti italiani negli anni di piombo, per farla breve è uno che di torture da parte delle forze dell'ordine ne sa. Visto che codesto soggetto finisce dritto dritto tra gli scranni della Corte Costituzionale, questa era una precisazione quanto mai essenziali per farsi un'idea su quali tutele egli potrà offrire alla Costituzione.
Nessun commento:
Posta un commento